Prologo

482 113 108
                                    

È Settembre, l'estate sembra essere terminata, almeno così pare, anche se l'aria è molto afosa e fa ancora molto caldo. La cosa straziante non è solo questa; fra dieci giorni inizia il mio ultimo anno di liceo.

- Daniel! - questa è la voce di mia madre, trabalzo qualche metro sopra il mio letto. Di solito non urla mai, ma quando succede mi rende non poco intimorito.

Provo ad alzarmi in modo fulmineo, ma con molta instabilità precipito sui cuscini soffici. Ne uso due per dormire, mi fanno stare più comodo.

Dopo averci provato ancora, con molta calma questa volta, riesco, con fare barcollante simile a un dopo sbronza, a raggiungere il soggiorno, che si trova a due stanze più distanti dalla mia, senza nemmeno prendere gli occhiali da vista.

- Daniel! - mi fissa per un solo momento nei miei occhi metà verdi e metà marroni, da quel che ho capito si tratta di eterocromia, cioè l'avere due tonalità diverse delle iridi.
Li ho ereditati da mio padre.

- È mezzogiorno, avrei dovuto svegliarti prima, da un momento all'altro dovrebbe passare un'amica a salutarmi e darmi il bentornato dalle vacanze, quindi devo sistemare la tua stanza. Ha anche fatto un piccolo dolcetto per te.

Ho dovuto assecondarla anche questa volta.
Non è così solo quando abbiamo ospiti.

Ha una specie di ossessione compulsiva nel vedere sempre tutto in ordine al proprio posto, pulisce ogni singolo giorno alla stessa ora: è precisa come un orologio svizzero.

Mi son sempre chiesto perché faccia le faccende di casa così insistentemente dato che, non da tempo nemmeno alla polvere di riformarsi, in pratica pulisce quello che è già lindo, ma va bene, è mia madre.

Mentre continua il suo lavoro domestico in modo molto svelto, io mi rilasso su una poltroncina di un bel grigio opaco, in salotto, che ho da tantissimi anni.
Nella mente, dopo pochi secondi, riaffiorano subito i ricordi e le esperienze fatte pochi mesi fa.

Sono stato in vacanza con mia madre, Elizabeth Price, dalla sua famiglia a San Diego.

C'ero già stato in passato, anche se ero molto piccolo ed ho dei frammenti di ricordi delle spiagge, della casa dei nonni, insomma, tutto un po' sfocato.

A causa del suo lavoro e della scuola non siamo potuti ritornare.

È stato un bel salto di qualità rispetto a passare l'estate dove sono nato e vivo, Phoenix, in Arizona.

Amo vivere a Phoenix, ma passare l'estate dai nonni, in una città come San Diego, è stato meraviglioso.

Sono di carnagione scura presa da mia madre, in realtà la maggior parte delle persone di San Diego ha una carnagione vivace e io, che purtroppo non sono cresciuto lì, sono riuscito a tenere lo stesso colorito di quando ero piccolo.

Lo ammetto: col tempo sono sbiadito.

Ho sempre desiderato vivere lì proprio per le spiagge, il mare, il calore della gente. Anche se non si direbbe, gli abitanti sono molto cordiali.

Mia madre mi ha sempre parlato bene di dove ha vissuto ed è stato bello, finalmente, visitare la città dove tutto è iniziato, dove i miei si sono conosciuti.

È vissuta lì fino all'età di venticinque anni, lavorava e lavora tutt'ora come cameriera negli Hotel, a volte anche in qualche Motel.
Non è ciò che vorrei per lei, sembra notevolmente faticoso.

Proprio in un Motel, sono un po' distratto alle volte e non me ne ricordo il nome, i miei si sono conosciuti.

Mio padre, diretto verso la sua famiglia a Los Angeles, si ritrovò a passare la notte lì dopo essersi perso.

Mio padre, Alexander Brown, era un poliziotto. Il detective famoso, per la precisione, della stazione centrale di polizia di Phoenix. Non trovando spazio a LA, decise di avventurarsi a solo vent'anni allontanandosi dalla sua famiglia e dalla sua città. Creandosi anche una certa fama.

Di lui non ricordo niente, ma di recente mi capita una cosa alquanto ambigua: mi parla nello stesso sogno tutte le notti.

Sono sicuro che sia lui perché a casa nostra mia madre è piena fino ai capelli di foto loro, e per come lei lo descrive, per come mi parla di lui, è come se lo conoscessi.

Tornando al sogno che mi tormenta quasi tutte le notti, lo classificherei nella categoria di sogni strani ed insensati: il luogo non lo riconosco, è abbastanza cupo e scuro con solo due lampioni ad illuminarci.
Mio padre sembra essere uscito proprio da uno di quei film di detective ossessionati dal ritrovamento di prove: indossa un cappotto lungo di un marroncino chiaro simile al beige e un cappello nero classico.

Con fare misterioso e sospettoso, come se qualcuno dovesse arrivare da un momento all'altro ad interromperci, mi parla.

L'intero discorso è basato su una serie di frasi, quasi in codice, che mai sono riuscito a decifrare perché incomprensibili; "Stai attento Daniel"

È l'unica cosa che mi è ben chiara, impressa dentro di me, sicuramente non sono certo che si tratti della sua di voce perché non è stata catturata in nessuno dei due DVD che abbiamo.

Ma comunque, sono dell'idea che sia o non sia la sua voce, è qualcosa di speciale, di unico.

Mi sono sempre domandato se il paradiso e l'inferno esistessero.

Le storie su mio padre, quelle raccontatemi, l'hanno sempre rappresentato come se fosse un grand'uomo e, per questo, me lo sono immaginato in un diverso tipo di paradiso da come lo si vede in tv: il tutto completamente bianco con cancelli argentati, l'aria angelica e un gran baccano a causa delle anime che ci vagano.
Magari seduto su una poltrona altrettanto bianca, in compagnia di qualche amico, a gustare tazze di thè verde.

Lo immagino guardarmi dall'alto commentando, come se fosse una partita della sua squadra di football preferita, ogni mia scelta, ogni mio passo fatto fino ad ora, è quello che vorrei, anche se rimane frutto della mia immaginazione.

Quando ci lasciò avevo solo 4 anni, mi dissero che la mattina seguente, dopo essersi addormentato, non si risvegliò.

È stato un trauma per mia madre. Non volle né risposarsi né provare ad avere una nuova vita, ero piccolo e avrebbe potuto, almeno provare, a essere felice.

Ebbe, sicuramente, i suoi buoni motivi; magari ero proprio io uno di essi?

Penso che sia una gran donna, lo dico non solo perché è mia madre, quindi cos'altro potrei dire, ma anche perché tutto quello che ha fatto per me è stato immenso.

Mi ha tirato su abbastanza bene senza l'aiuto di nessuno, se non per la presenza dei nonni in tenera età.

Fa di tutto pur di rendermi felice, accontentandomi in ogni modo possibile con poco o nulla.

>>>
Spero che questa prima parte vi sia piaciuta.
Mi piacerebbe voi votiate e commentate, almeno così capirò che ci siete e che pretendete io continui ahahah
Che ve ne pare fino ad ora?

La cadutaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora