3 "Stammi bene"

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Sette del mattino. Le mie sorelle si svegliarono al suono di quella stupida sveglia rosa che avevano da anni e che avevo tentato più volte di rompere senza successo: era indistruttibile! Si alzarono e ci guardammo tutte e tre in faccia per qualche secondo senza dire una parola, fino a quando non urlai un "ora andiamocene" mentre con un balzo ero già finita dall'altra parte della stanza e stavo già infilando i jeans. A volte ho questi attacchi di iperattività improvvisi, sono strana lo ammetto.
Non stavo più nella pelle e dalle loro facce non ero sicuramente l'unica. Finii di allacciare le mie converse nere preferite quando il cellulare vibrò; erano da poco passate le sette del mattino e non avevo avvertito nessuno della mia partenza, d'altronde avevo ormai litigato con tutti quelli che fino a qualche settimana prima credevo fossero miei amici. Non avevo la minima idea di chi avrebbe potuto essere. Presi il cellulare e lessi "Carl".
Carl? Sul serio? Mi aveva mandato un messaggio? Cosa diamine voleva? Invitarmi alle sue nozze forse?
Decisi di aprire quel dannato sms:"Ehi Van, sono io, Carl. Ti ho scritto per dirti che mi dispiace di essere sparito così di colpo senza avvertire. Non volevo ferirti, sapendo di non essere bravo con le parole, ed ho preferito svignarmela. Mi dispiace tanto giuro. Ma adesso avrei bisogno di vederti e parlarti. Spero accetterai. Rispondi presto."
La mia prima reazione fu una rumorosa, rumorosissima, risata. Sam e Cri mi guardarono sconcertate e si avvicinarono per capire cosa stava succedendo, ma feci loro cenno con la mano come per dire "non è nulla" e loro tornarono a prepararsi. Non sapevo cosa rispondere. Voleva parlarmi, ora, dopo più di due mesi:cosa diamine avrebbe voluto dirmi? Non capivo. Risposi con un "Ok" freddo e mi misi il cellulare in tasca. Ci avrei pensato dopo, ero troppo felice di traslocare per pensare ad altro.
Scendemmo in cucina una dietro l'altra come i tre moschettieri e andammo prima da mamma che aveva preparato la colazione, ma nessuna di noi aveva fame quella mattina. Poi andammo da papà che ci aspettava seduto sulla sua solita poltrona in attesa del "bacio dell'arrivederci",come lo aveva chiamato lui. Subito dopo uscimmo, caricammo i bagagli e montammo sulla peugeot bianca di Cri. Durante il tragitto non volò una mosca in auto, eravamo tutte troppo impegnate a pensare quale sarebbe stata la prima cosa da fare appena arrivate. Ero così su di giri che non mi ero nemmeno resa conto fossimo già arrivate davanti ad una casetta bianca con un bel portone enorme dove c'era il ragazzo di Cri con un paio di chiavi in mano che, appena vide l'auto, corse ad aiutarci con le valige. Quindi consegnò le chiavi a Cri che le infilò nella serratura, aprì e finalmente entrammo. Era bellissima: arredata con mobili semplici ma moderni, con tre stanze da letto, una piccola cucina, un comodo salotto e tantissime finestre. Iniziai a correre come una pazza per accaparrarmi la stanza più bella e ci riuscii: era tinta di un grigio chiaro, elegante e strano allo stesso tempo, e c'era un lettone con delle lenzuola rosse che poi scoprii erano state portate dalla gentile madre del mio cognatino. Quella donna era una santa, lo avevo sempre detto! Sistemai subito la mia roba all'interno del bellissimo armadietto nero che c'era affianco al letto e mi affacciai subito al finestrone che dava sul giardinetto di fianco, dove c'erano dei bambini che salterellavano spensierati. Giusto il tempo di chiudere la finestra, squilló il cellulare. Una chiamata. "Carl". Di nuovo lui. Doveva essere davvero una cosa importante se aveva addirittura trovato il coraggio di telefonarmi. Ma non volevo rispondere e lo lasciai squillare. Chiamò di nuovo, dopo due secondi, e stavolta risposi.
"Pronto"- con voce abbastanza annoiata.
"Ehi Van, eccoti finalmente. Ti ho chiamata per metterci d'accordo sul dove e il quando potevamo vederci per parlare. Sono tornato ieri e pensavo che magari oggi sarei potuto passare da te, se ci sei."
"Non puoi. Ho cambiato città."- risposi con un tono molto seccato.
"Ah, non lo sapevo, e allora come si fa?"
"Non mi importa, non ho poi tutta quella voglia di vederti per parlare. Anzi sai che fai? Tienitelo per te quello che volevi dirmi, non voGlio saperlo. E cancellami dai tuoi contatti e dalla tua vita. Stammi bene Carl."- riattaccai. Non riprovò nemmeno a chiamare, per fortuna. Ero stata forse troppo dura, avevo dato l'impressione di essere arrabbiata con lui. Ma non mi importava. Ero lì per ricominciare da zero e di certo non avrei perso tempo a parlare con lui. Non esisteva più per me e di tutto quello che poteva riguardarlo in qualche modo non me ne fregava un bel niente. Avevo fatto bene a riattaccare e sapevo che non avrebbe più riprovato a contattarmi dopo la mia scenata. Eliminai dalla rubrica quel numero che avrei dovuto cancellare da tempo; lo avrei fatto prima se mi fosse importato qualcosa di lui. "Ciao ciao Carl, stammi bene".

Ti amo, poi ti odio, però ti amoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora