Prologo

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PROLOGO

Sono qui, seduta nel piccolo balcone della mia camera e ammiro il cielo. 

Un uccellino si appoggia sul muretto e mi fissa. Vedo nei suoi occhi della spensieratezza, chissà cosa prova realmente, ma lo invidio.

Penso che sarebbe bello viaggiare senza una meta. Per un attimo chiudo gli occhi, mi sento leggera e immagino la sensazione del

vento che mi accarezza le dita, il cielo limpido e i raggi del sole che si fanno strada nelle nuvole. C’è il mare ed è bellissimo, vedo i delfini che giocano, saltano e non si fermano. Apro gli occhi e d’improvviso mi ritrovo di nuovo sul balcone di casa mia ad ammirare gli alberi, un treno che passa e va chissà dove e quell’uccellino che pian piano vola via.

Al telefono ascolto una canzone della quale non conosco nemmeno le parole, ma è rilassante e perfetta per una giornata come questa, dove mille pensieri fanno a gomitate tra loro per farsi spazio.

Oggi sono 46 giorni che sono chiusa in casa senza poter vedere amici, parenti, professori, la gente per

strada che cammina spensierata nei parchi…

D’impulso sorrido e penso che magari mi sto abbandonando troppo a pensieri futili, d’altronde però quando le giornate erano un po’ più normali potevo evitare di lasciarmi tormentare dai miei momenti di malinconia con la sfilza di appuntamenti che tutti i giorni riempivano il quadernetto di Harry Potter.

Una goccia d’acqua mi cade in testa, quasi urlo dal nervoso, ultimamente qualsiasi cosa può urtarmi facilmente.

A casa non si vive in armonia e questo è il fardello più grande ma cerco di essere forte, almeno un po’… lo devo a mia madre e ai miei nonni, che per me fanno tanto.

Guardo su e vedo che c’è mia nonna che sta stendendo i panni, le sorrido e lei sbuffa - proprio non sopporta vedermi in canotta al sole ad aprile - è super protettiva e se solo c’è un po’ di venticello, è il pretesto giusto per mettere una felpa addosso perché potresti prendere la febbre o chissà che cosa di terribile, e ci ripete continuamente che questo proprio non è il periodo per ammalarsi o fare stupidate e farsi male, perché gli ospedali e i dottori devono restare il più possibile fuori dal nostro radar.

Guardo il telefono e mi accorgo che si sono già fatte le 16:00 e penso che è proprio arrivato il momento di aprire quel libro di filosofia dato che manca poco più di un mese all’esame di maturità.

Già, questo è l’ultimo, almeno per quanto riguarda questa prima tappa della mia vita.

In questo periodo la scuola è diventata particolare, per via del nuovo metodo di studio, attraverso le video lezioni e il fatto di doversi gestire lo studio autonomamente.

Non è facile e infatti è fortissima la tentazione di star qui a far nulla e continuare a godermi questo sole caldo.

Spengo la sigaretta nel bicchiere ed entro. La camera sembra quasi fredda da quanto caldo faccia all’aperto, così prendo la felpa sulla sedia e lo sguardo mi cade sulla pila interminabile di libri che è sulla scrivania, assieme alle carte di merendine, i colori e le penne sparse ovunque e la bottiglia d’acqua che dal caldo gocciola e bagna le cuffie.

Mi do una svelta a riordinare, che se entra mia madre in camera è guerra, lei il disordine proprio non lo sopporta, neanche io in realtà, però penso che abbiamo una concezione un po’ diversa di quello che può essere definito o meno disordine.

Vado in cucina a posare la bottiglia e vedo mia sorella sul divano col tablet in mano a guardare i cartoni, proprio non capisco come faccia a stare così tanto tempo con gli occhi fissi su quel coso. 

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