1.

762 14 5
                                    


Era il 16 marzo.
Camminavo sola, lentamente, immersa nella sensazione di mistero e conturbante tristezza che mi aveva sempre regalato la notte.
Non mi accorsi dei quattro uomini che mi stavano seguendo.
Quando li sentii erano già troppo vicini, mi avrebbero preso tutto, lo sapevo.
In un attimo mi furono addosso, volevano me, volevano tutto quello che ero.
Sentivo le loro mani ovunque, forti e vigorose. Mi facevano male.
Mi divincolai, graffiai, morsi ritrovandomi in bocca il sapore della loro pelle sporca e sudata.
Non servì a nulla, mi immobilizzarono di nuovo con una facilità disarmante. Mi picchiarono così forte, così senza fatica, così senza pensarci.
Sperimentai la paura, la consapevolezza, l'impotenza. Il dolore in tutte le sue forme. Mi spezzarono.
Smisi di lottare, avrebbe fatto ancora più male se mi fossi opposta e non avevo più forze per contrastarli. Erano troppi, troppo forti, troppo cattivi.
Chiusi gli occhi arresa ad aspettare che tutto finisse.

Stavano per violarmi in mille modi quando arrivarono, erano in due. Angeli blu.
Li vidi appena, prima che il nero calasse su di me.

Aprii gli occhi con una carezza sul viso. Mi ritrassi di scatto, impaurita.
"Scusa" sussurrò qualcuno allontanandosi in fretta da me.
Quando incontrai i suoi occhi vi scorsi mille emozioni prima che li abbassasse.
Quegli occhi erano inconfondibili. Era lui.
La sua musica mi aveva salvato innumerevoli volte, gli dovevo tutto, adesso anche la vita.
La mia vista non metteva ancora perfettamente a fuoco il mondo, ma non era necessario. Davanti a me c'era Achille Lauro e quella che vedevo nei suoi occhi era autentica paura.
Non capii.
Si portò una mano tatuata al volto con fare disinvolto e sospirò. Quando la ritrasse l'uomo che avevo intravisto non c'era più, sembrava di guardare un'altra persona.
Mi squadrò con distacco: "Sei a casa mia, credo non ci sia bisogno di presentarmi. Ho preso un'infermiera che penserà a tutto, quando starai meglio potrai andartene". Non aveva ancora finito di parlare che lasciò la stanza.
Mi sembrò in fuga. Non aveva senso, quello era uno dei volti più famosi del momento ma sembrava avere paura di me.

Non lo vidi per giorni. Io continuavo a stare a casa sua ma nella mia stanza entrava solo l'infermiera per sistemarmi le medicazioni e cambiare la flebo.
Rivivevo continuamente quella notte nella mia testa. Avevo incubi così realistici che quando mi svegliavo, sudata e tremante in piena notte, mi sembrava quasi di avere sempre dei nuovi lividi, delle nuove ferite. Immaginavo quelle sudicie mani su di me, rivivevo quel dolore sordo e pesante di un corpo che ti schiaccia impedendoti di respirare.
Ero certa che non sarei mai più riuscita a dormire come prima.
Se le notti erano uno strazio di giorno generalmente trascorrevo il mio tempo ad annoiarmi. Così, anche se oggi stavo un po' meglio, mi preparavo ad un'altra giornata piatta come le due precedenti, ma non avevo calcolato Lui.

Boss Doms era arrivato come un uragano in quella casa ed era tutta la mattina che cantava a squarciagola come se al mondo esistesse solo lui. Mi sarebbe piaciuto quel ragazzo.
Quel giorno l'infermiera aveva dimenticato la porta della mia stanza socchiusa. Con mia profonda felicità constatai di poter origliare.

"Oh il video dell'esibizione a San Remo sta facendo n' botto de visualizzazioni, siamo nella top 10 fratè" disse felice Boss Doms all'indecifrabile amico che, ovviamente, non rispose.
"Oh ci sei, n'do stai co la testa? Ho detto che stiamo spaccando come draghi e tu non dici niente?" insistette nuovamente.
Ancora nessuna reazione da parte dell'amico. Si avvicinò e gli toccò delicatamente una spalla.
"Che stai facendo co quella Laurè?" disse improvvisamente il ragazzo dai capelli blu. Sapeva esattamente dove fossero i suoi pensieri.
"C'è una donna nel tuo letto e tu dormi sul divano da tre giorni, non è normale, non sai nemmeno chi è, come si chiama."
"Lo sai perché lo faccio, Edoà"
"E secondo te a che serve tutto questo se te ne stai alla larga manco fosse n'appestata?"
Lauro sbattè un pugno sul tavolo con decisione.
"Fatti i cazzi tuoi ma che te frega. La tua buona azione l'hai fatta no? L'hai salvata da quei maiali, anche se sono scappati. Adesso lei sta guarendo, non le dobbiamo più niente. Quando starà bene se ne andrà, fine della storia."
Edoardo fissò il suo amico scuotendo la testa, lo conosceva bene, questa cosa lo avrebbe distrutto se non l'avesse affrontata nel modo adeguato.
Aveva fatto il primo passo ma ora si stava nascondendo. Da se stesso e dai suoi demoni.

Lo lasciò solo in cucina a discutere con se stesso.

Angeli blu #AchillelauroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora