10.

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Al mio risveglio ero più determinata che mai. Avevo dormito pochissimo ma non mi importava.
Mi alzai in fretta ed uscii dalla stanza. Lo trovai in cucina, seduto al tavolo con la testa tra le mani e l'aria di chi ha passato un'altra notte insonne.

"Lauro" dissi cauta per non spaventarlo dato che non si era mosso di un centimetro quando ero entrata in cucina.
Sollevò il viso dalle mani e mi guardò con occhi spenti.
"Ciao Gin" disse con una voce che mi fece rabbrividire.
"Senti..." iniziò a dire alzandosi dalla sedia.
"Oggi me ne vado" lo interruppi prima che potesse dire qualsiasi cosa.
"Chiamerò qualcuno per farmi venire a prendere" dissi in fretta.
Chinò il capo e quando lo sollevò nuovamente ciò che vidi sul suo volto quasi mi spaventò.
"Lascia stare ti chiamo io un macchina per oggi pomeriggio. Ti ho comprato anche degli altri vestiti, sono in camera"
"Ah, grazie" risposi stupita.
"Ma come sapevi che me ne sarei andata oggi?"
"Oh andiamo non potevi certo sta' qui per sempre non credi?" disse con una punta di cattiveria che gli sporcava la voce.
"Non è mai stata mia intenzione" replicai subito acida.
"Sai che c'è Gin? Perché non te ne vai subito? Ormai stai bene, non hai più motivo di stare qui, giusto? Quindi te puoi anche levà di torno"

Quelle parole mi ferirono profondamente. Non me ne fregava un cazzo dei suoi problemi o di cosa fosse successo ieri da ridurlo in quello stato. Qualsiasi cosa fosse io non gli avevo fatto niente, non poteva trattarmi come una pezza solo perché era fatto così.
Lo guardai in modo eloquente, invitandolo a spiegare quel repentino cambiamento.
"Che cazzo vuoi Ginevra, eh? Pensavi mi mettessi in ginocchio pregandoti di rimanere? Dai è stato bello l'altra notte, mi è piaciuto stà co te ma è finita lì giusto? Me pareva chiaro."
La mia rabbia stava prendendo il sopravvento e se non avessi posto subito fine alla conversazione sarebbe esplosa.
"Vaffanculo, Lauro, credevo di aver intravisto una persona diversa ma mi sbagliavo. L'aver fatto una buona azione non ti rende meno un uomo di merda."
"Vaffanculo tu Ginevra, vai a fanculo fuori di qui!" mi urlò in faccia, le vene del collo che rischiavano di scoppiare.
Mi voltai per andarmene ma qualcosa mi fermò.

No, non avrei più fatto il suo gioco, io non ero così.

Mi girai nuovamente a fronteggiarlo decidendo di usare una sola arma: la verità.
"Tu non hai capito un cazzo Lauro, ma non importa sai. Davvero. Stai pur certo che non starò in questa casa un minuto di più, ma volevo comunque ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me. Non lo dimenticherò mai, non ti dimenticherò mai. Mi hai salvato la vita, in tutti i sensi. Quindi grazie. Adesso vado a vestirmi e tolgo il disturbo."
"E per inciso, sono una donna adulta, con una mia vita. Non mi faccio castelli in aria ma mi sarebbe comunque piaciuto, al di là di tutto, salutarci in modo diverso. Purtroppo la vita non tiene contro di ciò che vuoi. Anche perché se così fosse mi avrebbe fatto incontrare qualcuno migliore di te."

Mi precipitai in stanza sbattendo la porta e cominciai a vestirmi in fretta. Ero furiosa.
Come avevo fatto a fare un errore così grande? Mi ero fidata di lui, dell'uomo che avevo creduto che fosse e mi aspettavo almeno che riconoscesse il bene che ci siamo fatti a vicenda.
Lentamente la rabbia cedette il passo alla delusione ed infine la delusione mutò in tristezza.
Tutto ciò che di positivo mi era successo in quella casa sembrava lontano anni luce.
Mi sarebbe piaciuto conservare il ricordo di quell'esperienza come positiva ma lui con quattro frasi aveva già rovinato tutto.

Ero voltata dalla parte opposta quando la porta si spalancò e Lauro entrò nella stanza come un treno per fermarsi a pochi passi da me.
Mi voltai di scatto.
"Che vuoi?" gli urlai addosso incattivita, ma qualcosa nel suo sguardo mi fermò.
La sua espressione era talmente intensa che mi fece rabbrividire. Dentro a quegli occhi vidi di tutto, sofferenza, tristezza, rabbia, impotenza e dolore, tanto dolore.

"Gin..."

Feci un passo verso di lui, titubante.
"Io sto male, sempre..." disse in un sussurro.
"Soffro, ogni giorno della mia vita, come se non conoscessi altro, è come se la sofferenza fosse il mio ossigeno e quando incontro qualcosa di diverso non capisco più niente. Io..."
Parlava con voce spezzata, dall'emozione, dai ricordi, dalla vita.
Senza dire nulla mi si avvicinò ancora ed incatenò i suoi occhi ai miei.
Tutta la rabbia ed il risentimento che avevo provato nei suoi confronti erano come svaniti.

"Scusami" disse sfiorandomi una guancia.

Smisi di respirare per un secondo, con le emozioni più disparate che mi rotolavano nello stomaco.
"Scusa per quello che ho detto" dissi a mia volta poggiandogli una mano sul petto.
Mi attirò a sé e avvolgendomi in un abbraccio. Lo ricambiai senza indugio.
Rimanemmo a lungo così, l'uno abbandonato nelle braccia dell'altro cullati dal ritmo del nostro respiro.

"Devi andare lo stesso, vero?"
"Si"
"Lo so"
"Resta almeno questa notte"
"D'accordo"


Passammo la serata tutti e tre insieme a ridere come bambini, lui ed Edo avevano insistito per preparare da soli la cena. Si erano impegnati molto, ma dovevo ammettere che era davvero orribile.
Nonostante ciò fu un momento perfetto, speciale.
Al termine della serata Edo se ne andò, non prima di avermi fatto promettere che lo avrei aspettato per salutarlo, l'indomani, prima di andarmene.
Rimanemmo io e Lauro, soli.
Non ci fu bisogno di parlare, nessuno dei due dovette chiederlo. Ci dirigemmo verso la stanza insieme, mano nella mano.
Ci addormentammo, stremati, non appena i nostri corpi toccarono il letto. Le sue braccia mi avvolgevano facendomi sentire al sicuro ed io sapevo che quella notte non avrei avuto incubi.

Mi svegliai nel cuore della notte per via di un rumore proveniente dalla strada.
Mi voltai nella semi oscurità e lui era lì, sveglio, che mi guardava.
Non disse una parola ma quello che traspariva dai suoi occhi era sufficiente.
Mi mancava l'aria. Feci per allontanarmi sciogliendomi dalla sua stretta quando lui mi trattenne, il braccio avvolto intorno alla mia vita.
Sentii la sua mano stringere il tessuto della maglietta dietro la mia schiena mentre avvicinava la sua bocca al mio orecchio.
"Voglio fare l'amore co' te, Ginevra, ancora una volta" disse con voce carica di desiderio.
"Stanotte sono tua" sussurrai di rimando.
Le mie parole gli provocarono un fremito di piacere che lo fece inarcare spingendosi ancora di più contro di me. Gli passai le dita tra i capelli spettinati.
Si scostò appena per guardarmi in volto e mi baciò con impeto. Io assaporai le sue labbra morbide posate sulle mie a sigillare quel bacio denso di significati.
Era un addio, lo sapevo, si percepiva nell'aria e potevamo leggerlo l'uno negli occhi dell'altro, ma in quel momento, per quella notte, eravamo ancora insieme.
Ci spogliammo lentamente, ogni centimetro in più di pelle sfiorata valeva la pena di quell'azzardo.

Lui ne valeva la pena.

Sentivo la sua bocca correre sulla mia pelle strappandomi un gemito ad ogni respiro.
Mi abbandonai alla sensazione che provavo sentendo il suo corpo nudo contro il mio.
Sentivo il suo desiderio crescere e mi ci persi dentro.

Ci prendemmo, un po' lentamente, un po' con foga, come se quella notte fosse destinata a non finire mai.

Angeli blu #AchillelauroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora