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Dal canto suo, tutto era tornato come prima, forse anche i suoi sentimenti. 

Sapere che il ragazzo che aveva amato con tutto sé stesso aveva deciso di finire così la sua esistenza lo uccideva. Sapere che ora non aveva più accanto nessuno dei suoi amici, nemmeno quelli che aveva sempre reputato i più fedeli e sinceri, lo uccideva. Il rimorso lo mangiava dentro. Così, finì per chiudersi di nuovo a riccio, tornando ad essere quello che era sempre stato prima dell'arrivo di Yuuki: timido, chiuso, riservato. Debole.

E dire che ci aveva provato, si era pentito, era andato da lui a scusarsi. No, ormai non ci poteva fare nulla. Yuuki era morto, ed era soltanto colpa sua.

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Se ci pensava ora, Sato quasi sorrideva. Sorrideva, si. Anche se il rimorso è i sensi di colpa lo mangiavano dentro. Anche se ogni volta che ci pensava, le lacrime tornavano, indelebili. Anche se ormai sapeva di essere solo. Anche se ormai pensava di non avere più bisogno di nessuno.

Poi, dal nulla, la luce.

La luce in fondo al tunnel, quella che ti dà un briciolo di speranza nella tua vita, anche quando pensi che nulla potrà tornare come prima.

Ed era strano, perché in quel momento la sua luce si trovava in piedi, davanti a lui. La sua luce lo guardava, infastidito, intimandogli di spostarsi. Lui era la sua luce, anche se ancora nessuno dei due li sapeva.

< non so che ci fai qui e non mi importa, è il mio posto per dormire, quindi fammi spazio > il ragazzo li guardò, quasi freddo.
< per favore>

Sato si spostò velocemente, da sdraiato e abbracciato alla chitarra, quella chitarra, a seduto, dritto con la schiena.

Si ritrovò a fissarlo.

Sì, si stavano fissando reciprocamente e nessuno dei due sapeva che fare, come muoversi, che dire.

Che dire? Beh, non sapevano che  sarebbero stati l'uno la salvezza dell'altro.

𝓜𝓸𝓻𝓪𝓵 𝓸𝓯 𝓽𝓱𝓮 𝓼𝓽𝓸𝓻𝔂Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora