Chapter 5

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Harry è steso a letto, dopo aver sentito la porta della camera di Louis chiudersi. È sulla schiena in cima alle coperte e sta fissando il soffitto con indosso solo i suoi boxer. Non riesce a spegnere la raffica di emozioni provate poco prima. La paura accecante di un altro incubo, il dolore accecante per aver colpito il bordo del tavolo e la confusione soffocante di essersi svegliato a terra. Poi c'è stata la diretta ondata di piacere nel trovare Louis tenerlo stretto a sé, seguita dalla mortificazione schiacciante alla realizzazione di ciò che aveva appena rivelato.
Anche solo a pensarci la sua faccia va in escandescenza, imbarazzo e vergogna scivolano sotto le sue guance. Nessuno deve sapere dei sogni, del modo in cui il suo corpo cerca di combattere la sua mente e lo fa svegliare terrorizzato. Perfino la sua terapista non ha visto il modo in cui gli incubi gli sconvolgono la vita - le è stato detto solo da Harry. Harry, che cerca ancora di trattenere una parvenza di integrità anche in terapia, cercando di sembrare tranquillo e rilassato quando in verità ha paura di chiudere gli occhi, a volte.
In primo luogo, comunque, non avrebbe dovuto addormentarsi al piano di sotto - non quando è stanco com'è, e quindi più suscettibile agli incubi. Ma... stava così bene, si sentiva così caldo, così a suo agio e pieno, che alla fine ha sentito gli occhi farsi pesanti. La familiarità del film che stavano guardando e persino le silenziose risate di Louis in sottofondo lo hanno indotto ad addormentarsi. E lo ha fatto perché, in fondo al suo cuore, sapeva di sentirsi al sicuro. Se solo avesse saputo l'imbarazzo che lo avrebbe aspettato dopo - le montagne russe di emozioni che vorrebbe poter cancellare. Louis di sicuro ora pensa che lui sia fuori di testa.
Spera di riuscire ad addormentarsi di nuovo, ma alla fine non ci riesce. Si siede quando sembra che stia diventando più vigile piuttosto che rilassato. Si passa le mani sul viso e poi tra i capelli prima di sollevarsi dal letto. Indossa un paio di pantaloni della tuta e una felpa con zip che non si preoccupa affatto di chiudere. A Chicago, di solito scende in strada quando non riesce a dormire, ma la casa di Niall è abbastanza grande e pensa che un giro al piano di sotto funzionerà comunque. E poi, non vuole uscire in mezzo alla neve.
La porta di Louis è parzialmente aperta e Harry esita a metà strada verso le scale. È ancora troppo mortificato per affrontare Louis, ma in questo lasso di tempo notturno, tutto sembra più gestibile. È abbastanza vulnerabile da ammettere che vorrebbe poter camminare nella camera da letto di Louis, rannicchiarsi sul letto e lasciare che il giovane gli passi le dita tra i capelli fino a quando non si addormenta. Ignorando la propria debolezza, continua a camminare. Le calze smorzano i suoi passi mentre cammina in punta di piedi giù per le scale. La parte migliore delle notti innevate è il modo in cui tutto il bianco all'esterno illumina i corridoi più bui, persino la luce della luna danza attraverso le alte finestre. Si ferma davanti alla finestra principale per osservare meglio, il viso premuto contro il vetro. Allunga gli occhi per vedere oltre dove finisce la luce del portico, l'abisso oscuro del bordo del cortile. A Chicago non sembra esserci alcuna oscurità infinita come questa; c'è sempre un lampione dietro l'angolo. Ad Harry invece piace tutta quella oscurità, spezzata solo dal manto bianco della neve. Il vetro è freddo sulla sua fronte, quindi dopo pochi secondi si allontana per andare in cucina. È lo stesso percorso che ha intrapreso poco più di una settimana fa, prima di sapere chi altro vivesse in questa casa.
Apre la porta della cucina e si ferma, colpito da un senso improvviso di déjà-vu: ancora una volta, Louis è dall'altra parte della porta. È seduto al bancone della cucina con nient'altro che la luce della luna che inonda lo spazio intorno a lui. Guarda Harry mentre entra ma non c'è sorpresa sul suo viso; quasi come se si aspettasse di vederlo. "Mi fa piacere vederti qui," dice. I suoi occhi indugiano sul petto di Harry e quest'ultimo si rende conto di non aver ancora chiuso la felpa. Le sue dita inciampano mentre allinea le due parti e fa scorrere la cerniera verso l'alto. Louis sorride, "Vieni a sederti?"
Il riccio allontana lo sguardo dalla faccia di Louis e lo posa sulla sua felpa grigia e sulla ciotola davanti a lui, un barattolo di burro di arachidi ed un sacchetto mezzo vuoto di gocce di cioccolato. "Non puoi dire di no," dice, e con solo quelle cinque parole è in grado di procurargli un mal di cuore che lo fa perdere nei ricordi mentre sorride a metà.
Burro di arachidi e gocce di cioccolato a mezzanotte: i suoi ingredienti preferiti. È iniziato tutto quando Harry era un bambino e si spostava in una nuova città ogni anno, cercando di fare amicizia coi suoi coetanei. Non riusciva a dormire e vagava di notte nelle sale delle loro case in affitto, mentre la sua mente correva in tondo. Poi sua madre si era accorta della sua insonnia, e quindi ogni notte si sedevano insieme al tavolo e mangiavano una pallina di burro di arachidi con gocce di cioccolato sparse sopra. Non risolveva tutti i problemi, ma era un momento di sicurezza che bramava, che aspettava sempre con trepidazione. Questo rituale aveva tenuto a bada la sua ansia anche quando aveva iniziato il college - quando le lezioni erano più difficili di quanto pensasse e trovare un modo per adattarsi era ancora una lotta, anche a diciotto anni. Poi lo aveva aiutato quando ha incontrato un ragazzo di nome Louis ed era troppo nervoso persino per rispondere ad un suo messaggio, fissando il suo telefono a mezzanotte, un cucchiaio di burro di arachidi in bilico nell'aria. Poi, qualche mese dopo, quando stava dormendo nello stesso appartamento di Louis dopo che si erano appena scambiati dei pompini e Harry era nel pieno della sua familiare insonnia, cercò di nuovo gli stessi tre ingredienti. A frugare nella sua cucina al buio, ecco come Louis lo aveva trovato. Harry gli aveva spiegato tutto mettendogli davanti burro di arachidi, gocce di cioccolato e dandogli dolci baci.
Ma poi, all'improvviso, non fu più un rituale così tragico perché Louis era con lui. Era diventato il loro piccolo momento, la loro merenda dopo il sesso o la pausa studio. Quando si erano diplomati e avevano iniziato a lavorare, iniziarono ad incontrarsi in cucina al buio per sedersi fianco a fianco e condividere storie della loro giornata durante il loro spuntino preferito di mezzanotte. Ciò che era cominciato con semplici ingredienti come burro di arachidi e gocce di cioccolato, aveva guadagnato un altro ingrediente in quegli otto anni, il più importante: Louis Tomlinson. Harry non ha continuato la tradizione a Chicago, non compra più nemmeno gocce di cioccolato o burro di arachidi al supermercato. La mancanza dell'ingrediente fondamentale, la mancanza di Louis, lo rende più triste di ogni altra cosa.
Ora invece, Harry si siede sullo sgabello accanto a Louis senza dire una parola. Come un'altalena, Louis si alza automaticamente. La bocca di Harry si spalanca per dire qualcosa, supponendo che Louis se ne stia andando, ma poi fa una pausa perché Louis prende semplicemente un secondo cucchiaio dal cassetto e torna indietro. "Ecco," dice, facendolo scorrere verso di lui.
"Grazie." Harry ha bisogno di fare qualcosa con le sue mani, quindi afferra il barattolo di burro di arachidi, prendendone un po'. Ormai è tutta questione di abitudine: sa che troppo burro di arachidi cadrà immediatamente dal cucchiaio.
"Non riesci a dormire?" Chiede Louis osservandolo.
Harry scuote la testa, non volendo incontrare i suoi occhi. È ancora preoccupato per la pietà che sicuramente vedrà in quel mare intenso – ed è l'ultima cosa che vuole da chiunque. "No. Neanche tu?" Fa cadere alcune gocce di cioccolato sul suo cucchiaio. Non sa se Niall avesse a portata di mano questi ingredienti o se Louis li abbia acquistati apposta. Forse non vuole saperlo.
"Non proprio," dice Louis. Si sporge in avanti sullo sgabello e appoggia i gomiti sul bancone. "Non pensavo che avrei avuto fame dopo aver mangiato l'intero menu del ristorante cinese. Ma, sono goloso, lo sai."
"Lo so," dice Harry, portandosi alla bocca il cucchiaio pieno di burro di arachidi. Louis è colui che ama il gelato, colui che potrebbe mangiare da solo un'intera scatola di biscotti se non avesse un po' di autocontrollo. Rubava sempre il dolce di Harry e prendeva sempre una fetta di torta extra ai matrimoni a cui erano andati insieme. Niente di tutto ciò può essere facilmente dimenticato, anche se Harry vuole provarci. Tuttavia, colpisce un punto debole quando ammette ciò che sa, quando riconosce quanto sia profonda la loro storia.
Stanno zitti per un po', il riccio che mastica lentamente. Louis mangia alcune gocce di cioccolato, ma non aggiunge più burro d'arachidi al suo cucchiaio.
"Harry," dice il maggiore e Harry quasi soffoca per la sorpresa - sentendo il suo nome e il modo morbido in cui lo pronuncia.
Lentamente, alza lo sguardo su di lui.
Louis lo sta fissando, i suoi occhi blu brillano anche nel buio. "Se vuoi parlare," dice piano, "Sai che sono qui. So che non siamo... so che non siamo niente ma mi prenderò sempre cura di te, okay? Qualsiasi cosa io possa fare..."
Harry continua a fissarlo perché non riesce a pensare a un'altra cosa da fare. Qui, nella tranquilla e buia cucina di Niall, di fronte all'unica persona che era solito sapere tutto di lui, sente il peso del segreto che porta con sé da quando è arrivato a Eugene, il peso della vita che conduce a Chicago. È stato abbastanza bravo ad affrontarlo, nascondendolo negli angoli più remoti della sua mente e sotto il suo stomaco. Ma all'improvviso qui, con la possibilità di lasciar uscire tutto quanto – gli sembra tutto troppo, e si sente scoppiare. Vuole dire ogni cosa, vuole vomitare fuori tutto ciò che sente, vuole essere onesto e non sprofondare più sotto questo peso
Con attenzione, bilancia il cucchiaio sul bancone e incrocia le braccia in modo che gli avambracci si appoggino sul freddo granito. "Sai che Chicago ha un grosso problema con la violenza armata e le sparatorie?"
Se Louis è sorpreso che Harry abbia iniziato a parlare, non lo mostra. "Sì," dice.
Harry annuisce e poi deve distogliere lo sguardo, guardando il muro dall'altra parte del bancone. "Una ferita da arma da fuoco è un trauma," dice lentamente. "E lo sapevo. Ma non pensavo che avrei dovuto lavorare con molti casi di feriti da arma da fuoco, considerando che la mia specialità è la pediatria." Fa un respiro profondo e cerca di bloccare le immagini che spingono agli angoli della sua mente, quelle che perseguitano i suoi sogni. "Ma lo faccio, l'ho fatto. Ciò che le persone non capiscono quando tirano fuori una pistola per le strade, o sparano a una festa in casa o provano a fare rapine, è che ci sono sempre bambini in giro. Sempre. Bambini che vengono colpiti da proiettili vaganti o spinti giù in una mischia di persone che corrono. Bambini." Sussurra l'ultima parola con voce rotta, la gola così densa di emozioni.
"Una delle mie prime pazienti è stata una ragazza con una forte ustione al braccio per essere stata colpita di striscio da un proiettile perché suo padre stava vendendo droga nella loro cucina e l'accordo è andato storto. Ti fa incazzare," dice, "Vedere cose del genere. Vedere peggio di così. A volte i bambini non sono solo colpiti di striscio." Si ferma perché non può iniziare a illustrare a parole le cose che ha visto.
"H," Louis dice piano. "Non devi andare avanti."
Harry non lo guarda ma scuote la testa. Deve finire. Deve far uscire tutto fuori. "Un paio di settimane fa, abbiamo ricevuto una telefonata. Correlate ad una qualche gang, hanno pensato. Le vittime sono arrivate tutte in ambulanza e il primario ha urlato di volere un pediatra. Ero il più vicino, quindi sono salito per ricevere il paziente mentre i dottori parlavano con i paramedici. Ma mentre mi avvicinavo, lo sapevo. Sapevo che non potevamo fare più niente. A volte lo sai e basta." Si sente come se stesse parlando in trance, incerto se le sue frasi abbiano un senso. Sa solo che deve dirlo. "Ho smesso di ascoltare i paramedici e ho semplicemente afferrato la mano del bambino ed era così piccola nella mia. Era così freddo. Sapevo che era grave."
Scuote la testa, perso di nuovo nel ricordo dei suoi occhi marrone scuro, l'aria che sembrava essersi congelata mentre correva con la barella fino al pronto soccorso. "Ho tenuto la sua mano mentre tutti cercavano di fare qualcosa per salvarlo ma non riuscivo a muovermi, non potevo farlo. Non distoglieva lo sguardo da me." Senza volerlo, involontariamente, Harry sente lacrime in gola e chiude gli occhi. È più sorpreso che sollevato quando sente la mano di Louis sull'avambraccio, la quale scivola piano sul suo polso e poi sulle sue dita per tenergli la mano. Louis stringe e Harry continua a parlare.
"Non poteva parlare ma non ha mai distolto lo sguardo da me. Tutti correvano e urlavano, mentre io stringevo la mano di questo ragazzino e cercavo di capire cosa avrei potuto dire prima che morisse." Emette un respiro che gli fa sentire il petto pesante, come se fosse pieno di ghiaia. "Perché sapevo che sarebbe successo. Ho visto troppi bambini con ferite da proiettile per sapere quali riusciranno a cavarsela con un cerotto- e quali no." Il suo respiro trema mentre inspira. "E poi, mentre lo stavo ancora guardando, mentre stringevo la sua mano, è morto. I suoi occhi si sono chiusi, la presa si è allentata e lì... ho completamente perso la testa. Puoi solo guardare impotente così tanti bambini morire prima di perdere la tua fottuta testa."
Louis non annuisce, non si muove, fissa semplicemente Harry.
"Ecco perché sono qui," dice. "Perché ero isterico al punto in cui dovevo essere alzato dal pavimento e sedato. Non riuscivo nemmeno camminare da solo, dovevano trascinarmi." Deve prendere un momento per riprendere fiato, l'eco delle sue stesse urla è ancora nella sua testa. "Il giorno dopo ho incontrato i miei supervisori e ho cercato di rassegnare le dimissioni. Non le hanno accettate- mi hanno messo in congedo per salute mentale." Deglutisce e fa un altro respiro profondo. "Mi hanno dato sei settimane per capire cosa voglio fare, cosa è salutare per me. Avrebbero potuto buttarmi in mezzo alla strada, invece mi stanno dando una possibilità." Allontana la sua mano da quella di Louis per asciugarsi una lacrima dalla faccia. "È solo... è così difficile guardare i bambini che soffrono e non essere in grado di aiutare. E non so se sono tagliato per questo. Pensavo di esserlo."
Louis annuisce lentamente. "Harry." Abbassa lo sguardo e quando lo alza di nuovo, ha gli occhi blu pieni di lacrime, ma cerca di allontanarle sbattendo le palpebre. "Non so cosa dire, H. Vorrei poter fare qualcosa per rendere tutto questo più facile da sopportare."
Harry annuisce. Non si aspetta di certo che passi tutto da un momento all'altro; vuole solo allentare il peso che sente al petto. "Non l'ho," scrolla le spalle e tira su col naso una volta. "Non l'ho detto a nessuno."
"Capisco," dice Louis. Ci sono un paio di secondi di silenzio prima che lui chieda "E gli incubi?"
Il riccio deglutisce. Ha dimenticato che è così che Louis ha scoperto tutto. "Quelli sono iniziati durante l'estate," dice. "Non c'è molto da fare oltre ai sonniferi che mi rifiuto di prendere e il tempo."
"Tempo?"
"Il tempo guarisce tutte le ferite," dice Harry tristemente e Louis alza gli occhi al cielo, sebbene non sia necessariamente una battuta.
È una bugia, pensa Harry mentre siedono lì nel buio silenzioso, la neve che danza fuori dalla finestra della cucina. Il tempo non guarisce le ferite, il tempo ci ricorda le cose che abbiamo perso ad ogni battito di passaggio, tutte le cose belle che non possiamo riavere.






Bitter Tangerine (Italian Translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora