Chapter 6

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Harry inizia la mattina con un brusco e improvviso risveglio – un incubo che lo scuote dal sonno. Non è un incubo come tutti gli altri, in realtà non riesce a ricordare cosa stesse succedendo. Meglio così, pensa mentre si distende nel letto, il cuore che batte forte sotto la punta delle sue dita, il sudore che si raccoglie nell'attaccatura dei capelli. Meglio che non ricordi cosa ha sognato piuttosto che ripensare alle immagini inquietanti che invadono costantemente la sua mente. Rotola sulla schiena e tira le coperte fino alla base del collo, praticando la respirazione profonda che il suo terapista gli ha consigliato quando si sente ansioso. Dovrebbe usare questo metodo in ospedale quando si trova di fronte ad una situazione difficile, ma a volte anche la vita reale gli sembra soffocante.
Da quando ha raccontato a Louis la verità non ha ancora avuto tempo di ripensarci, di capire i motivi per cui, alla fine, ha deciso di svuotare il sacco. Non vuole farlo ora, anche se la sua mente comincia a pensare a certe cose che Louis ha detto o al modo in cui il suo sguardo cambia quando lo guarda. Prende un respiro lento e costante. Alla fine di tutto, non c'è nessun'altro a cui Harry avrebbe voluto raccontare la verità. Possono anche essere passati nove mesi dall'ultima volta in cui sono stati in grado di parlare seriamente, ma Louis è ancora il suo rifugio sicuro. Raccontare i suoi segreti al maggiore lo fa sentire bene, è come prendere una boccata d'aria.
Harry fa un altro respiro profondo e si riempie i polmoni, espirando in modo uniforme. Ora che il suo segreto è stato svelato – ora che qualcuno ne è a conoscenza – non riesce più a far finta di niente. Ora deve affrontare la realtà per quello che è: ha degli incubi notturni, e i traumi che ha subito sul luogo di lavoro lo hanno portato a stare male a livello psicologico, quindi è stato messo in congedo. Ovviamente, adesso, deve capire cosa fare e come andare avanti. Chiude gli occhi e trattiene il respiro per alcuni istanti. Tutto ciò è più facile a dirsi che a farsi.
Trascorre la giornata vagando per la casa di Niall – dal letto al divano e viceversa – intervallando alcuni viaggi in cucina. È strano essere soli in una grande casa, sebbene questo fosse il suo intento fin dall'inizio, il motivo per cui è venuto ad Eugene. Voleva stare da solo e perdersi nella sua prigione di pensieri; anche se è stato felice di avere Louis per un po' lì con lui. Ha già finito due libri e ne sta iniziando un terzo, poi guarda un film di Hallmark nel tardo pomeriggio. È una giornata pigra in cui non esce di casa, ma a fine giornata si sente triste e malinconico.
È sempre stato bravo a restare da solo, senza per forza uscire con gli amici o andare ad una festa. Ma avere di nuovo Louis nella sua vita – anche se per pochi giorni – gli ha fatto venire voglia di avere qualcosa di più nel modo più pericoloso possibile. Quello che sta provando gli fa mettere in discussione tutte le decisioni che ha preso, e tutte quelle che dovrà prendere nei prossimi giorni. Louis, il suo rifugio sicuro, il suo porto, è a poche miglia di distanza e Harry lo percepisce come se fosse una droga di cui vuole un altro assaggio. Resiste alla tentazione mentre prova ad addormentarsi – resiste senza chiamarlo o mandargli un messaggio. Hanno scelto di vivere vite separate e, nonostante tutto quello che hanno fatto nell'ultima settimana, Harry ha bisogno di continuare la sua vita. Un'altra cosa più facile a dirsi che a farsi, si dice, mentre si addormenta con il cuore pesante e un nodo in gola.

*

A metà del giorno successivo, Harry si arrende. Forse è un segno di debolezza o qualcosa di peggio, ma non riuscirà a restare in quella casa per un altro giorno senza fare nulla, quindi chiama l'unico amico che ha ad Eugene – se amico è la parola corretta.
Cammina per la cucina mentre inoltra la chiamata - quattro squilli e parte la segreteria telefonica. Trattiene il respiro mentre ascolta la voce registrata di Louis prima di poter lasciare un messaggio. Decide di riattaccare, però. Non sa assolutamente cosa dire. Anche nella quiete di quella casa vuota, le sue guance si scaldano per l'imbarazzo, e si vergogna di ciò che ha appena fatto. Louis probabilmente ha visto la chiamata e non ha risposto, sta solo aspettando che Harry se ne torni a Chicago e lo lasci in pace. Harry conosce abbastanza bene la faccia del maggiore quando non vuole rispondere ad una chiamata - alza gli occhi al cielo e rivolge il cellulare verso il basso.
Sta ancora studiando le scanalature del piano di lavoro in granito quando il suo telefono squilla per una chiamata in arrivo. Non è sicuro di cosa aspettarsi quando capovolge il cellulare, e certamente non si aspetta di vedere l'immagine di Louis sullo schermo, il suo nome scritto a caratteri cubitali.
Sono passati nove mesi dall'ultima chiamata che ha ricevuto da Louis, ma non gli è mai passato per la mente di cambiare la foto. È una foto che Harry ha scattato mentre erano a letto, le loro teste poggiate sui cuscini, uno di fronte all'altro. Louis stava guardando la telecamera, ed Harry riesce ancora a ricordare la sensazione della mano dell'altro sul suo fianco, il modo in cui il dito del maggiore aveva tracciato delle linee sulla curva del suo sedere. Quella foto mostra tutta l'intimità della loro relazione, della loro vecchia vita. Harry si ritrova a fissarla così a lungo che quasi perde la chiamata.
"Ciao." Risponde all'ultimo squillo, la voce rotta. Si schiarisce la gola rendendosi conto che sono passate più di ventiquattro ore da quando ha detto qualcosa ad alta voce.
"Ehi. Tutto ok?" La voce di Louis sembra leggermente tesa.
Harry sbuffa leggermente mentre chiude gli occhi. In questa nuova vita, l'unica spiegazione ragionevole per aver chiamato Louis è una terribile emergenza. Si sente così sciocco.
"Si sto bene. Solo-" inspira Harry. "Volevo solo sapere cosa fai oggi. Non ho molto da fare, sai."
Una battuta auto-ironica sul fatto che è stato congedato dal suo lavoro. La conversazione non potrebbe andare peggio di così.
"Sono a lavoro."
Ecco. Harry sprofonda su uno degli sgabelli della cucina. Mentre lui si sente annoiato e solo, Louis sta ritornando alla sua vita reale, al suo lavoro. "Merda, scusami."
"Sono venuto per finire alcune richieste di sovvenzione prima della fine dell'anno."
"Giusto, ovviamente." Harry si sente un tale idiota e vorrebbe tornare indietro nel tempo e non aver mai chiamato Louis. "Ti lascio lavorare, allora." La linea è silenziosa e si chiede se il maggiore abbia già riattaccato. Mentre allontana il telefono dall'orecchio per controllare, Louis parla di nuovo.
"Se vuoi, puoi venire a vedere il mio ufficio. Adesso ho un ufficio tutto mio. So che è noioso, quindi non sentirti obbligato."
Il cuore di Harry salta un battito e sente le farfalle nello stomaco. Louis sta straparlando come ogni volta che si sente nervoso - una cattiva abitudine che ha anche lui. "Sembra fantastico," dice Harry per interromperlo. "Mi piacerebbe venire." La verità sembra troppo evidente così cerca di calmarsi, visto che non può rimangiarsi quelle parole. È sempre stato orgoglioso del lavoro di Louis, un orgoglio che riempie il suo cuore e preme sui suoi polmoni. Sa quanto l'altro ci tenesse a diventare dirigente della biblioteca, e sa quanto deve essere stato contento quando è riuscito ad ottenere il lavoro. Tutto mentre Harry scappava in un'altra città senza voltarsi indietro. Andare a vedere il nuovo ufficio di Louis sembra essere un enorme passo avanti per riuscire a sistemare le cose. "Posso portarti il pranzo o qualcosa del genere?"
"Sicuro," risponde il maggiore. "Non ho ancora mangiato."
"Fantastico. Sarò lì, uh, presto."
"Va bene, vieni alla reception quando arrivi, verrò a prenderti."
Harry si ritrova a sorridere mentre riattacca e si sente più sciocco di cinque minuti prima. Sente una marea di emozioni che non riesce a identificare ma, per ora, ha un appuntamento per pranzo e non può pensare a come si sente.
In mezz'ora si fa una doccia, si lava i denti, trova un bel maglione e un paio di jeans da indossare, chiama un Uber e si dirige verso la paninoteca vicino alla biblioteca, dove ordina il cibo preferito di Louis. Si sente accaldato per aver fatto tutto di fretta, ma per il resto sta bene. Mentre aspetta che i panini siano pronti, guarda fuori dalla finestra il resto del centro commerciale, cercando di capire quali parti sono cambiate e quali sono rimaste invariate. I suoi occhi si posano sul negozio a qualche metro di distanza. Prende i panini e poi cammina verso il negozio che vende stelle filanti e palloncini. Gli è venuta un'idea.
Nonostante l'eccitazione di qualche minuto prima, Harry si sente nervoso mentre si incammina verso la biblioteca, tenendo tra le mani un palloncino con un cordoncino verde. Sul palloncino c'è scritto 'Congratulazioni' in lettere arcobaleno, e ha pensato che fosse divertente festeggiare la promozione del maggiore, fino al momento in cui non raggiunge l'ingresso dell'edificio. Tiene la porta aperta per una famiglia che sta uscendo, sapendo che ormai è troppo tardi per tornare indietro. "Posso farcela," mormora tra sé e sé mentre attraversa la porta, cercando di tenere stretto il palloncino e il sacchetto con il cibo.
Di fronte a lui c'è la reception, dove una giovane donna lo fissa incuriosita. Sembra sospettosa, come se lui avesse in mente dei piani pericolosi con quel palloncino tra le mani.
"Salve," dice mentre la donna continua a fissarlo silenziosamente. "Sono qui per vedere Louis."
"Tomlinson?"
Annuisce, chiedendosi quanti Louis ci siano in quel posto.
"Il suo nome?"
Tre parole, apparentemente innocue, ma che lo fanno sentire sbagliato. Quando si tratta di Louis, raramente ha dovuto dare il suo nome e cognome - la gente lo conosceva, sapeva chi fosse lui per Louis. Ora è soltanto un normale ventisettenne con un palloncino e dei panini.
"Harry," mormora piano.
"Harry," ripete più forte la donna, spalancando gli occhi mentre le sue guance si tingono di rosa.
"Uh, si."
"Grazie, Lauren." Harry si volta verso la voce familiare, mentre il sollievo inonda il suo corpo. Louis si avvicina alla reception e sorride. "Harry è mio ospite per pranzo." Lauren, la ragazza dietro la scrivania, annuisce e torna a guardare il computer mentre Harry la ringrazia per l'aiuto.
"Ciao," sussurra Harry voltandosi verso il maggiore.
"Hai portato un palloncino."
Harry si morde un labbro mentre sorride. Il palloncino si rivela sempre più una cattiva decisione. "Si, in realtà è per te."
"Per me?"
"Non ero, uhm, qui quando hai ottenuto la promozione. Sono un po' in ritardo ma... congratulazioni."
Louis apre la bocca e poi la richiude. Inclina la testa e preme le labbra insieme, cercando di non sorridere. "Un palloncino di congratulazioni in ritardo."
"Si," conferma Harry, rifiutando di nascondere il suo sorriso. Passa il palloncino a Louis un po' esitante e con una piccola reverenza, come se stesse offrendo un qualcosa di molto più prezioso di un palloncino ad elio.
"Grazie," sussurra il maggiore, facendo un sorriso mentre prende il pallone. È un sorriso che Harry riconosce all'istante - il sorriso che Louis era solito riservare soltanto a lui, quello che sta a significare sei un idiota ma sei il mio idiota. Come se stesse realizzando la stessa cosa, Louis si schiarisce rapidamente la gola. "Va bene, seguimi. Possiamo mangiare qua," dice mentre gli fa strada.
Harry lo segue velocemente, lanciando un'occhiata alle sue spalle per vedere Lauren fissarli a bocca aperta come se fosse meravigliata dall'intera situazione. Harry distoglie lo sguardo prima che la ragazza lo veda.


Bitter Tangerine (Italian Translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora