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Amaya Blaze era quella tipologia di ragazza chiusa e enigmatica che aveva poche probabilità di ricevere amore e altrettante meno di donarne.
Nemmeno i suoi genitori sapevano decifrare il suo carattere criptico, segnato da una spiccata intelligenza e da un noto senso del sarcasmo che la ergeva sopra tutti i suoi coetanei.
Proprio per questo non aveva granché amici, ma anche se li avesse avuti probabilmente avrebbe dovuto tagliare tutti i ponti con loro dopo che i suoi genitori si erano uniti al Quinto Settore sotto falso nome, trascinando l'adolescente controproducentemente a tutti i suoi voleri.
Nel suo animo sapeva che madre e padre stessero facendo quello che era meglio per lei, che la stavano proteggendo e che se non fosse per loro il suo segreto avrebbe potuto essere scoperto.
Eppure, tutta la storia della falsa identità, la storpiatura del suo cognome di cui andava tanto fiera e il fatto di dover dire addio definitivamente alla sua vita, non la fecero saltare di gioia la prima volta a cui venne a conoscenza di questo piano masochista dei suoi genitori.
Stava camminando per quei corridoi oscuri e tenebrosi della sede del Quinto Settore; la rincuorava non essersi dovuta trasferire in un luogo colorato e luminoso che non avrebbe minimamente sopportato, poichè in fondo quella struttura rispecchiava perfettamente il suo umore.
A fianco a lei vi era Buck, un lupo di pura razza che le avevano regalato i suoi genitori per far sì che avesse un minimo di protezione, soprattutto quando videro che tutti i seguaci dell'associazione che le affiancavano non duravano nemmeno una settimana.
Buck era un perfetto lupo addestrato, che sapeva essere l'animale più dolce del mondo nei confronti della famiglia Blaze e di chi essa si fidasse, ma che si trasformava in quello più protettivo e imprevedibile se fiutava uno sconosciuto malvoluto.
Era già molto tardi quella sera, sicura di non incontrare nessuno per i corridoi e le stanze di quella che ormai era obbligata a chiamare "casa" da una decina di mesi; i piedi erano scalzi e indossava soltanto una vecchia t-shirt di suo padre che le arrivava fino al metà coscia, indumento che usava spesso per dormire. Era una sua vecchia maglia di quando giocava nella squadra di calcio della Raimon Jr. High anni prima, che aveva trovato in un vecchio scatolone impolverato.
Non le importava se sulla schiena spiccasse il suo vero cognome per intero, tanto in quel luogo tutti la conoscevano come Amaya Zabel, ed un nome di un qualsiasi giocatore del campionato di un decennio prima non avrebbe sconvolto il personale dell'associazione. E sperava di non essere l'unica a crederlo...

-Amaya, dove stai andando a quest'ora?-
Quando sentii la voce di suo padre dietro di sè non si scompose, si voltó con nonchalance e superiorità; il capo del lupo di fianco a lei fece lo stesso, puntando i suoi occhi scuri sulla figura del suo padrone a pochi metri più avanti.

-Faccio un giro.- rispose svogliata.
Axel la raggiunse, ma quando vide la maglia che stava indossando trasalii; la sua reazione indiscreta e ingiustificata fece inarcare un sopracciglio alla figlia, che lo guardava con insufficienza.

-Sai che non puoi andare in giro con quella maglietta addosso, quante volte dobbiamo dirtelo io e tua madre?- incroció le braccia e fissó intensamente la ragazzina, che arricció le labbra pronta a rispondere al genitore.

-Il problema è il logo della squadra o il nome scritto dietro?- incalzó, ignorando gli incani tentativi dell'uomo di ribattere. -Se riguarda il cognome ti chiedo scusa, sai, non sono stata interpellata quando tu e mamma avete voluto cambiarlo, ma deduco il mio parere non conti.- concluse il discorso arricciando le labbra in una smorfia poco decifrabile, ma mai smettendo di puntare i suoi occhi marroni su quelli del padre. Era impossibile non cogliere la palese frecciatina.

-Non ricominciamo, Amaya.- la ammonii, ma la ragazzina non abbassó lo sguardo, convinta di essere nella parte della ragione. A fianco a padre e figlia, Buck si sedette, continuando a girovagare lo sguardo da Amaya a Axel e viceversa, emettendo qualche guaito per attirare l'attenzione.

-Non ho mai iniziato.- rispose, questa volta sorridendo, quasi a schernire le ideologie del genitore.

-Direi che per questa sera puó bastar così...- sospiró lui. Se la situazione non fosse stata di per sé tesa e a tratti incomprensibile, il biondo avrebbe fatto una bella romanzina alla figlia, ma immedesimandosi nei panni di Amaya sapeva che per una ragazzina non era affatto facile superare quella situazione.
-Vai a letto, forza. È molto tardi.-

Lo spirito del Drago. {IE Go}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora