Cap 2: Nuovi Incontri

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Itachi era terribilmente inquieto.

Era al lavello della cucina, concentrato a finire gli ultimi preparativi per la cena di quella sera. Girò il capo, guardando la persona seduta alle sue spalle, intenta a finire il proprio pasto.

Teneva la testa china sulla propria ciotola, muovendo il cucchiaio d'acciaio in svariate direzioni, colpendo talvolta la ceramica della scodella.

Il ripetuto ticchettio prodotto dal contatto della lama del coltello sul tagliere, insieme al tintinnio causato dal contatto di questi due oggetti, accompagnava il silenzio nella stanza.

Osservò attentamente il suo sguardo, concentrato sui movimenti che il polso svolgeva per compiere quell'azione.

Sguardo perso nel vuoto, sguardo desideroso di un bel niente.

Itachi intuiva che c'era qualcosa che gli veniva nascosto, anche se, effettivamente, gli era diventato abbastanza facile comprendere ciò l'altro potesse pensare. Si sentiva altamente colpevole nel vedere il fratello ridotto in quelle condizioni, credeva di essere lui il motivo di quel suo comportamento. Infondo era il maggiore nella famiglia, era lui quello a cui Sasuke avrebbe dovuto fare affidamento per la sua vita di tutti i giorni.

Invece, non gli veniva mai detto nulla, c'era un enorme silenzio a regnare tra di loro. Nonostante fossero gli unici in quella casa, e ci abitassero oramai da anni, quando erano insieme nell'atmosfera regnava la quiete più totale.

Chiunque fosse riuscito ad assistere a quella scena, si sentiva intimorito ed incredibilmente a disagio; spinto a voltare lo sguardo verso la porta, aspettando il momento migliore per svignarsela. La tensione che c'era in quei momenti, poteva quasi essere palpata con le dita della mano.

Quella mattina, come tutte le altre del resto, Itachi decise di fare il primo passo, cercando di trovare un argomento che spingesse l'altro a parlare e a "confidarsi".

"Non riesci a dormire bene, negli ultimi giorni?", chiese il fratello guardando le occhiaie del più giovane, voltandosi successivamente in avanti, ri-concentrando l'attenzione sul coltello con il quale era intento a tritare le verdure.

"Non proprio...", mugugnò il minore, senza muoversi minimamente dalla propria postazione.

Ci fu un attimo di silenzio, nel quale Itachi cercò di pensare a cos'altro dire. Sin dall'inizio si aspettava di non ricevere risposte chissà quanto elaborate dall'altro, quindi non si era minimamente sorpreso di ritrovarsi in un punto morto, dove non gli era concessa la possibilità di ribattere in qualche modo alle risposte monotone e dannatamente dirette del fratello. In fondo si assomigliavano molto, caratterialmente, oltre che fisicamente, sia chiaro.

Effettivamente avevano molte cose in comune, ma Itachi era quello che, sin da quando ne aveva memoria, aveva lavorato in tutti i modi possibili ed immaginabili a cambiare i lati introversi del suo carattere, cercando di essere più aperto con le persone da cui veniva circondato, specialmente col fratellino, che si era trovato a dover crescere con man propria sin dalla tenera età. Il problema principale, però, risiedeva nel non essere ricambiato in questo suo gesto, in questo suo sforzo.

"Ieri mi ha chiamato Iruka - disse, facendo una breve pausa, nella quale guadagnò l'attenzione del moro più giovane che, nel sentire quelle parole, si girò quasi di scatto, osservandolo, in attesa di sentire la fine della frase - Dice che dovresti provare a relazionarti di più, nella classe, ed io penso che lui abbia ragione".

"Io, invece, penso semplicemente che questi non sono affari che vi riguardino", ribatté acido, lasciando il cucchiaio cadere nella ciotola. Inclinò la testa di lato, per poi posare il mento sul palmo della mano destra, col gomito fisso al legno del tavolo.

E se non fossimo davvero così soli?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora