𝙼𝚊𝚢 𝟷𝟹ᵗʰ

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Era

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Era... solo, di nuovo.

Non che non fosse, effettivamente, abituato a starsene per i fatti suoi, se proprio ci si pensava su.

Per quanto fosse strano per uno come lui, eccentrico, in molte situazioni, anche fin troppo, talmente tanto da diventare a tratti fastidioso, tutte le volte che si era chiuso in camera, privandosi così del piacere di stare in compagnia dei suoi amici nella sala comune, ne erano la prova lampante: che dire, per quanto volesse loro bene... preferiva mille volte starsene sdraiato sul suo futon a leggere, guardare il soffito e perfino studiare, almeno quando le loro conversazioni si protraevano per troppo tempo.

Nonostante tutto, però... neanche lui si spiegava come fosse finito in una situazione del genere, seduto su uno scoglio a caso, circondato da metri e metri di acqua, da una parte, e sabbia, dall'altra, il giorno del suo compleanno ad osservare l'orizzonte.

Chissà cosa gli era saltato in mente, la notte prima, quando gli era venuta in mente un'idea simile... la cosa grave è che non sapeva neanche da dove fosse sbucato come pensiero, in effetti.

Quella mattina si era svegliato talmente tanto presto da eludere completamente lo sguardo, che avrebbe potuto notarlo o fermarlo, ancora peggio, dei suoi compagni di dormitorio e, con uno zaino in spalla, che ora giaceva aperto al suo fianco, era uscito dal territorio della scuola senza dare nell'occhio o, tantomeno, dire nulla a nessuno.

Tutto questo semplicemente per starsene per i fatti i suoi tutto il giorno, senza festeggiamenti o auguri.

Sì, sapeva che così avrebbe allarmato un po' tutti ma... in fondo in fondo, non gli dispiaceva attirare un poco l'attenzione, se doveva essere sincero, e le varie persone che, prima che spegnesse il telefono, avevano provato invano a chiamarlo... gli avevano fatto un immenso piacere, doveva ammetterlo.

Certo, non aveva risposto a nessuno di loro, se escludiamo Tetsutetsu che scelse, tra tutti, di rassicurare, almeno per non far saltare sull'attenti tutto l'istituto.

La spiaggia gli era sembrata, sia per vicinanza, anche se relativa, alla struttura scolastica, sia per il periodo dell'anno, che l'avrebbe resa -questo pensò, scoprendo dopo di averci centrato completamente- praticamente vuota, la destinazione perfetta.

Si era sistemato lì, aveva fatto il bagno, aveva pranzato al volo, fatto una passeggiata sul lungomare, aveva preso un poco di sole... insomma, aveva passato tutte quelle ore così, tra un passatempo e l'altro.

Allora, dopo essersi cambiato con qualche indumento un poco più confortevole rispetto al costume a pantaloncino, che ora aveva riposto ad asciugare qualche metro più in là, rivolto verso il sole che ormai stava tramontando, insieme ad un paio di asciugamani, se ne stava lì a guardarsi intorno, con una visibile e surreale calma a padroneggiare i suoi tratti e gesti.

Teneva le ginocchia al petto, coperto da una camicia scura appena sbottonata all'altezza del colletto, con le braccia e il capo, con i ciuffi biondi ancora umidi sistemati scompostamente da un paio di occhiali da sole a ricadergli in parte sul volto, poggiato pesantemente su di esse.

Era... solo.

Solo come quando era bambino, proprio così.

Era strano, ed infantile, che lui ancora se ne ricordasse così vividamente ma... ogni tanto, più in sogno che altro, rivedeva tutti quei bambini allontanarsi da lui, lasciarlo... solo... e spesso rimaneva anche a ragionarci, come se non l'avesse già fatto migliaia di volte nel corso degli anni.

Di cosa avevano paura, poi?

Che la loro unicità, dopo essere stata copiata, non fosse più unica e solo loro?

Beh, non è che importasse poi così tanto, alla fine, era passato abbastanza tempo da poter prendere in considerazione di ignorare quei ricordi e magari, un giorno, dimenticarsene definitivamente.

D'altronde, lui era ancora e comunque solo... i ricordi, con tutte le probabilità, si sarebbero sovrapposti l'uno all'altro fino a cancellarsi vicendevolmente.

Il suo concetto di solitudine, però, poteva decisamente affermare stesse cambiando e si fosse modificato da quando, quasi per gioco, aveva deciso di iscriversi, insieme ad alcuni suoi "amici", all'esame di ingresso della UA.

Era stata una goduria essere l'unico a ricevere la lettera di ammissione e lo era stato ancora di più vedere le facce, incredule, di quei ragazzi mentre lui rivelava cosa fosse successo.

I loro complimenti e congratulazioni erano state così melensi, così patetici pensando a come si erano comportati; tuttavia... non aveva mai pensato di poter trarre così tanta soddisfazione da una tale cazzata ed ancora, di tanto in tanto, sorrideva nel riportare alla mente quei momenti.

Quello era cambiato: ora lui, pur lottando sempre in solitaria, con l'appoggio di quelli che aveva, finalmente, riconosciuto come dei buoni amici, era andato avanti, era scattato di colpo verso il suo obiettivo e gli altri, per una volta, erano rimasti indietro, come era successo a lui in precedenza.

Ed era felice, felice perché, per una volta, stava facendo ciò che lui voleva, senza imposizioni esterne... ed era perfetto, tutto ciò che avrebbe sempre desiderato, la ripicca migliore che potesse avere sugli altri.

Chissà che facce avrebbero avuto, poi, quando lo avrebbero visto tra i migliori Heroes del Paese.

Certo, un pensiero che lo sopravvalutava parecchio ma, quando gli arrivò alla mente, non poté fare a meno di sorridere senza filtri.

Ma che dire sorridere, iniziò a ridere, da solo, come se nulla fosse.

Una risata pulita ma, forse, un poco maniacale e nervosa; felice e soddisfatta e, allo stesso tempo, quasi sadica, illuminata, come tutto il suo viso che grazie al sole era diventato bordeaux, dalla luce delle piccole candele che aveva sistemato intorno a sé, le quali davano un minimo di luce allo spazio, che stava perdendo la sua insieme al tramonto, intorno a lui.

Insomma, una delle sue solite, anche se ostentata come mai prima di allora.

Fu lì che il peggio, o forse il meglio, accadde e che un qualcuno, di cui lui si accorse fin troppo tardi, si avvicinò a passo lento; forse era inquietato, forse divertito... lui non poteva saperlo.

Rimase il fatto che si sentisse... parecchio a disagio quando scorse le iridi della persona che gli si era stagliata davanti.

«《 U-Uhm... tanti auguri a me...? 》»

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