1. Død i hjertet

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Død i hjertet - Morte nel cuore

"Odino ha promesso che ogni uomo potrà disporre di tutto il bottino accumulato quando, dopo la morte, si risveglierà nel Valhalla."
(citazione vichinga)

La puzza di morte pungeva le narici. Fiutavo il fetore ferruginoso del sangue dei corpi martoriati sparsi ovunque. L'odore acre del fumo entrava nei polmoni e rendeva il respiro faticoso. Le case ancora bruciavano ed i rantoli ed i lamenti dei feriti arrivavano alle orecchie con intensa sofferenza. Non sarebbero rimasti vivi ancora a lungo. Le ferite mortali li avrebbero portati in breve al Mórrígan, dove avrebbero finalmente riposato in pace. Sentivo questi stranieri pronunciare la parola Valhalla ed il ricordo mi portò in memoria i racconti della saggia del villaggio. Ricordavo con precisione le leggende e le verità sui vari popoli che ella narrava con meticolosa precisione. Con la testa china osservai con cautela questi sanguinari guerrieri che avevano raso al suolo il nostro pacifico villaggio in meno di un'ora. Alti, corporature possenti, con muscoli grossi e ben scolpiti, capelli e occhi chiari, erano sicuramente vichinghi. E se ricordavo bene le parole della saggia, il Valhalla era il loro regno dei morti, come lo era per noi il Mórrígan.

Non restava altro che aspettare con pazienza il mio destino. Contro questo popolo di guerrieri non c'erano speranze ed io ero solo una giovane donna alla loro totale mercé. Eravamo rimaste vive in poche, forse una ventina di ragazze e tutte in età da marito, comprese tra i 13 ed i 16 anni di età. Chissà dove avevano intenzione di portarci e cosa ne sarebbe stato di noi.

Io stessa non sapevo se sarei sopravvissuta a tutto ciò. La loro furia omicida aveva appena sterminato tutta la mia famiglia, mia madre, mio padre ed i miei cinque fratelli. La nostra casa era distrutta assieme ai pochi averi che avevamo all'interno. Le nostre bestie sgozzate erano ammucchiate su un carro pronto a partire. Di certo la scorta invernale di carne essiccata per i vichinghi si era abbondantemente e notevolmente arricchita. Provavo dolore, odio e terrore, ma non volevo far vedere loro i miei sentimenti. Il mio volto era ricoperto solamente da una maschera fiera, composta ed indecifrabile. Attendevo con pazienza di capire che intenzioni avessero con me e le altre ragazze del villaggio.

Si erano sparse voci negli ultimi mesi che i vichinghi erano sbarcati a Dubh Linn, ma nessuno aveva immaginato che avrebbero colonizzato la nostra città principale e tantomeno che si sarebbero interessati al nostro piccolo villaggio di Bréy. Eppure era ormai evidente che il loro scopo sarebbe stato razziare tutta l'Irlanda.

Un urlo secco squarciò i miei pensieri, anzi un ordine.
"Samle jentene!" *

Quattro uomini si avvicinarono e due spessi anelli di metallo scattarono, uno al polso ed uno alla caviglia. Oltre l'anello alla caviglia passarono una catena che ci collegava ad una compagna. La catena che passava l'anello al polso invece ci collegava tutte assieme. Avevo capito subito che con questo sistema la possibilità di fuga era nulla. Per finire in bellezza l'estremità delle catene è stata fissata ad un carro. Non ci restava altro che mantenere il passo e cercare di non cadere. Uno di loro si avvicinò. Non mi consideravo di statura proprio piccola, ma vicino a lui sembravo una minuscola quaglia impaurita.

"Bare de sterkeste vil overleve! Om noen få kommer du til Årdal!" **

Non capivo la sua lingua, ma il tono di voce è il ghigno sbieco che aveva sulla sua brutta faccia, non faceva presagire nulla di buono. Ero preoccupata per alcune ragazze. Brighid in particolare che già da bambina era di salute cagionevole. Respirava sempre a fatica e si stancava per un nonnulla. Poi c'era Cailin che invece aveva come me un carattere da cavalla imbizzarrita, con la differenza che io sapevo quando tenerlo a freno. Lei invece sbraitava e scalpitava anche quando non era il caso. In questo momento era docile in quanto sotto shock, ma avevo paura che ben presto avrebbe dato filo da torcere a questi vichinghi, senza pensare alle conseguenze. Al contrario c'era Raigan che aveva paura della sua stessa ombra. Non sapevo per quanto avrebbe retto il terrore dell'incognito che il destino le preservava. Vicino a me camminava coraggiosa Aisling, la mia amica dalla nostra nascita. Avevamo entrambe 15 anni. Siamo nate con sole due settimane di differenza e abbiamo diviso ogni singolo giorno da sorelle. Voltai il capo alla mia destra nella sua direzione e notai le sue lacrime. Allungai il braccio e le strinsi la mano. Fissò i suoi occhi azzurri nei miei e mi sussurrò in modo quasi impercettibile:
"Deirdre, ho paura."
Altrettanto silenziosa bisbigliai anch'io:
"Ce la faremo."

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