Sergio non aveva mai compreso fino in fondo suo fratello. A volte riusciva a capire cosa gli passasse per la testa, altre invece sembrava scontrarsi con un muro.
Erano tanto simili quanto diversi: il Professore, senza peccare di superbia, sapeva di essere geniale nel suo modo di pensare, e di Andrės poteva dire la stessa cosa. Ma c' era qualcosa che li differenziava:la follia.
Per Sergio il maggiore era un mix di genio e sregolatezza, cosa che lui non conosceva.
Lui faceva calcoli, equazioni, schemi...nulla lasciava al caso. Non amava gli imprevisti e, sebbene se la fosse sempre cavata, lo mettevano in difficoltà
. Andrès era diverso; lui viveva proprio di quelli. Gli davano il brivido che cercava costantemente e di cui si nutriva. Era abituato a guardare in faccia la dea bendata con strafottenza ed arroganza, non temendo alcun salto nel vuoto.
Volendo essere fatalista, Sergio era arrivato a pensare che proprio per questa sua tracotanza fosse stato punito.
Aveva cercato per tanto tempo di trovare una cura per il raro morbo che lo aveva colpito ma senza risultato.
Si era ritrovato addirittura a pregare che potesse esserci una soluzione affinché non lo perdesse.
Era difficile per lui pensare ad una vita senza una figura che, seppur non sempre presente, era diventata un punto di riferimento. Non dubitava che la vita sarebbe andata avanti, ma chiudendo gli occhi lo avrebbe sempre ricercato nei sogni e avrebbe continuato a pensare a rapine contando irrazionalmente sul suo aiuto.Questo pensava guardandolo: Erano seduti sul molo dell'isola in cui si era trasferito da più di un' ora con i pantaloni alzati fino al ginocchio e i piedi nell'acqua fresca dell'oceano.
Era tornato e Sergio sapeva perché fosse lì."Rimani qui con noi"chiese con tono già arreso. Conosceva il fratello e la sua risposta, ma doveva tentare.
"Piantala Sergio, godiamoci semplicemente questo momento" rispose riempiendo nuovamente il suo flute con lo champagne.
Per lui non esisteva un domani, lui viveva il presente e questo il Professore glielo aveva sempre invidiato.
Conosceva poche persone in grado di godersi semplicemente l' attimo;è facile a dirsi ma non a farsi.
Andrės viveva la vita intensamente, prendendosi tutto quello che poteva ottenerne.
Non aveva smesso di farlo neanche dopo aver saputo di essere malato; se possibile questo lo aveva solo aiutato a farlo con più convinzione.
Sergio Non lo aveva mai sentito lamentarsi o prendersela con la vita per quello che gli stava riservando: "La morte può essere un'opportunità per la vita" gli aveva detto il giorno del suo quinto matrimonio.
Il Professore ci aveva spesso pensato ma mai era arrivato a capire cosa volesse intendere veramente.
Berlino aveva l' animo di un filosofo nel corpo e nella mente di un ladro.
Contrariamente al maggiore, lui se la prendeva eccome con il destino. Egoisticamente avrebbe voluto per sempre accanto a se il fratello; aveva già perso il padre e non intendeva rinunciare a nessun altro.
Aveva pochi amici e poche erano le persone a cui veramente teneva. Di lui si fidava ciecamente e gli avrebbe affidato la vita, anche se alla proposta Andrės avrebbe risposto "Fai male a fidarti" sbeffeggiandolo.
Per Sergio era l' unica famiglia mai conosciuta, prima di incontrare Raquel e quella banda di ladri con la maschera di Dalí.
Berlino per lui aveva fatto molto di più di quanto lui in prima persona avrebbe mai potuto fare. Era anche per questo che si sentiva in colpa; si sentiva impotente e questo lo feriva."Sergio ti prego, sorridi" lo schernì dandogli una spallata scherzosa.
" Scusami ma non ci riesco" rispose non riuscendo neanche a guardarlo negli occhi. Lo innervosiva quel suo modo di fare e non riusciva ad essere allo stesso modo sereno.
" Io sono felice di essere qui con te"
"No, tu sei qui perché pensi di dovermelo"
" Così mi ferisci" disse colpendosi teatralmente il petto e il professore roteò gli occhi sfinito.
" Finiscila" rise ricambiando lo strattone sulla spalla.
" Ora sono serio...volevo essere qui.
Devo assicurarmi che tu starai bene""E come pensi di assicurarlo? Non potrai controllare"
"Oh Sergio lo sai che io so e saprò sempre tutto"
"E come farai?" Chiese scettico.
"Ordinandotelo" rispose attirandosi uno sguardo perplesso
" Andrès non mi pare un bel gioco"
" Non siamo più dentro la Zecca
...quindi mi ascolterai come hai sempre fatto. " spiegò e l' altro riconobbe il lato autoritario del fratello. Quel lato che lo aveva aiutato ad essere il caposquadra perfetto durante la rapina e non solo.
Una dote che il Professore non aveva perché cresciuto sempre chiedendo per favore." Illuminami" si arrese e Berlino sorrise soddisfatto.
"Ne abbiamo parlato tante volte: Questa è la situazione e non puoi farci nulla. Non ti dare colpe che non hai perché nessuno poteva prevederlo." Disse mettendogli una mano sulla spalla. " Non tutto può essere calcolato Sergio... Devi capirlo! Prima lo farai e prima riuscirai a superare il dolore"
Parole assurde per il Professore, che si stupì di come l' altro gli stesse parlando della sua morte e della presunzione con cui lo stava facendo.
Cosa poteva saperne lui del dolore di chi sarebbe rimasto?"Non essere presuntuoso Andrès, non sono io che sono venuto a dirti addio. Perché è questo quello che sei venuto a fare"
"Non posso negarlo" ammise alzando le braccia colpevole. "Ma Sergio non voglio che tu sia triste per me. Ho vissuto una vita piena e me la sono goduta al massimo. Non ho rimpianti"
" Non ce la fai proprio a guardare oltre il tuo naso eh?" rispose stizzito perché ancora una volta il maggiore stava peccando di egoismo. "Sono contento che tu sia soddisfatto della tua vita, ma questo non mi ripagherà della tua assenza" disse sistemandosi gli occhiali con quel gesto ormai inconfondibile.
Andrės non seppe sulle prime cosa controbattere perché era vero: a soffrire è chi rimane e lui stava abbandonando suo fratello.
Si erano fatti una tacita promessa: in qualunque posto del mondo si fossero trovati, sarebbero stati sempre pronti a venirsi incontro se necessario... stava tradendo quel patto.Aveva gli occhi lucidi Sergio, cosa che non sfuggì al maggiore. Non si vergognava a mostrare le sue debolezze ed era stato sempre così, sin da piccolo.
Un bambino che aveva aiutato a crescere sebbene non potesse definirsi un padre per la sua giovane età.
Per quel ragazzino con gli occhi grandi e gli occhiali aveva sviluppato un senso di protezione che non avrebbe mai scommesso di provare. Poi era diventato un uomo forte e stabile nelle sue fragilità e in lui aveva riconosciuto una spalla.
Forse era la persona che stimava di più al mondo e, con difficoltà per il suo ego, riteneva anche migliore di lui."Scusami se ti parlo così, ma sono arrabbiato Andrės..." si scusò sincero e il maggiore sorrise a quella ammissione tenera e allo stesso tempo mortificata. Era un'anima gentile Sergio, una caratteristica che aveva ripreso sicuramente dalla madre.
"Lo so, probabilmente lo sarei anche io ma tu devi promettermi che cercherai di non pensarmi più di tanto, e che ti godrai la tua lunga vita al massimo. Ne vale la pena Fratellino. " spiegò e tutto as un tratto Sergio capì.
Capì che il fratello avrebbe continuato a vivere nei suoi sorrisi e non nelle sue lacrime; nelle sue gioie e non nel suo dolore. Quindi glielo promise, assicurandosi in questo modo di averlo accanto a sé per sempre.
Spazio autrice
Ciao a tutti! 😊Ho scritto questo breve racconto perché nella mia testa i due fratelli si sarebbero meritati un addio diverso...non so se sia riuscita a renderne uno alternativo bene, se vi va fatemi sapere cosa ne pensate! Sono aperta a qualsiasi opinione, per me sono importanti😊
Vi ringrazio per aver letto!
Chiara
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Addio, fratellino.
FanfictionDal testo 《glielo promise assicurandosi in questo modo di averlo accanto a sé per sempre.》