1° Capitolo

54 4 34
                                    

Dopotutto Anderson si era meritato qualche giorno di riposo, così all'unanimità decidemmo di passare una settimana nella più completa solitudine, giusto per riorganizzarci le idee.
Così partimmo alla volta della Romania e una volta giunti lì, ci fermammo in un'osteria per ristorarci e chiedere informazioni. La proprietaria ci disse "Bhe una casa ci sarebbe, ma ve la sconsiglio vivamente... È stregata!" ed Anderson, che già sorrideva all'idea "Si sta preoccupando per nulla. Io ed il mio amico non crediamo a certe cose".
E così, dopo aver appreso tutte le informazioni necessarie per prendere in affitto la casa, salutammo e ci recammo in agenzia.
Certo che quando andammo a vederla, non ci aspettavamo una reggia e ne di trovarla ben curata e pulita, ma il cocchiere che ci aveva condotti fin lì, ci spiegò che ogni due giorni a settimana veniva una signora a pulire.
Una volta entrati ed accomodati i nostri bagagli in camera, la visitammo da cima a fondo. Infine scendendo in cantina, trovammo una porta chiusa con un grosso lucchetto a sbarrarci la strada. Su quella porta, ad altezza d'uomo, era presente una targa con una iscrizione parzialmente illeggibile. A differenza del resto della casa, quel luogo sembrava non essere visitato e tanto meno pulito da diversi secoli, tanto erano le ragnatele e le incrostazioni che ricoprivano parte della targa. Tornammo sui nostri passi, era tardi e avevamo bisogno di riposare, ripromettendoci di chiedere informazioni, il mattino seguente, all'agente immobiliare che ci aveva affittato la casa.
Ho detto riposare?
Voleva essere un eufemismo.
Strani rumori provenienti dal piano sottostante ci tennero svegli tutta la notte. Solo alle tre del mattino quei rumori cessarono e finalmente prendemmo sonno. Ebbi la netta sensazione che fossero passati pochi minuti, quando il suono nitido di passi che furtivi si avvicinavano alla porta della nostra camera, mi fecero sobbalzare. Svegliai Anderson proprio nel momento in cui i passi si fermarono e il pomello della porta cominciò a girare, emettendo un suono metallico e sinistro.
Io e il mio amico balzammo giù dal letto come pantere e silenziosamente ci disponemmo sui due lati della porta, armati solo di un vaso da fiori e una bacinella. Chiunque fosse l'intruso, avrebbe trovato la giusta accoglienza.
Le luci erano spente e la persiana abbassata quando la porta si aprí lentamente. L'intruso varcó la soglia lentamente e in un attimo fummo alle sue spalle e lo tramortimmo con le armi a nostra disposizione. Eccitati per l'impresa, ci congratulammo reciprocamente, nella ancora completa oscurità. Fu solo quando accendemmo la luce che l'euforia lasciò il posto allo sbigottimento.
Si trattava del cocchiere che la sera prima ci aveva condotti lì.
Lo accomodammo sul letto e con un asciugamano intriso di acqua fredda gli rinfrescammo la testa e il viso, fino a che si riprese. Ci scusammo per quanto era avvenuto, spiegandone il motivo. Attese che finissimo di parlare per proferir parola "Non scendete per nessun motivo in cantina!" e lo disse in modo grave e severo. Gli risposi quasi immediatamente "È arrivato troppo tardi, ci siamo stati ieri. E comunque non capisco il motivo per il quale non potevamo andarci?!".
Il cocchiere sbiancó alle mie parole. Apriva e chiudeva la bocca senza proferir parola, sembrava un pesce. Anderson gli offrì un bicchiere d'acqua che bevve voracemente dapprima e dopo che il mio amico gli disse "Non siamo riusciti ad entrarci, la porta di sotto è chiusa con un lucchetto.", si rilassó appena. Bevve ancora e poi aggiunse, guardandoci a turno "Dio mio, allora lo avete sentito?!?" ed il mio amico "Cosa avremmo dovuto ascoltare che non abbiamo sentito stanotte?", il cocchiere si alzò di scatto dal letto con la faccia più bianca del lenzuolo "I suoi passi, il ticchettio del suo bastone da passeggio e grida..." e ricadde pesantemente sul letto, restando stavolta seduto e non più sdraiato.
Anderson, più interessato di me alla faccenda "E chi è di grazia costui, un maniaco, un fantasma, un..." non proseguì, stava già ridendo. Il cocchiere lo fissò e lo ridarguí "Per amor del cielo non ci scherzi sopra, si è forse dimenticato che questa è la Transilvania?" su quest'ultima parola aveva, volontariamente o involontariamente, alzato la voce.
Si alzò, prese il cappello e stava quasi per andarsene quando Anderson lo afferrò per un braccio "Risolveremo questa faccenda stasera stessa". Io ero incredulo alle sue parole "Ma sei pazzo?!" gli dissi, "Hai capito di chi stava parlando?!" sembrava che le mie parole non avessero effetto, ma non mi arresi e continuai "E poi cosa ce ne importa, non ricordi più il nostro accordo?" e lui in tutta risposta mi fece spallucce. Si rivolse al cocchiere "Domani mattina si presenti qui accompagnato da un giornalista e un poliziotto, avrete una gran bella sorpresa al vostro arrivo!" e lui di rimando "Ah povero illuso, comunque li porterò e staremo a vedere" e ci salutó augurandoci una buona giornata.

A CACCIA DI UNA SOLUZIONE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora