Da quando stavo con Jim era evidente che avevo ripreso ad essere contento, il sorriso stava tornando sul mio viso. Stavo tornando felice, perché Jim mi rendeva felice.
Mi offriva protezione, tanto amore e affetto, che io stessi bene o male. Ero sicuro che quando avrei avuto bisogno, lui non mi avrebbe abbandonato. Mi stavo innamorando di un angelo. Lui era tanto paziente, io ero ancora ferito da un amore che avevo perso. Riuscivo a sentire la sua frustrazione ma in un minuto tutto il dolore si sarebbe fermato, quando lui mi avrebbe stretto forte tra le sue braccia. Più volte gli avevo chiesto di non essere troppo duro con i miei sentimenti perché avevo bisogno di tempo, il mio cuore era ancora intorpidito, non sentiva niente. Jim era disposto a tutto mentre il mio cuore era ancora in via di guarigione, ha sempre provato ad avere pazienza. Volevo veramente ricominciare tutto da capo, sapevo già che lui avrebbe voluto essere la mia salvezza, l'unica su cui avrei potuto sempre contare, intanto io avrei provato ad essere forte. Stavo provando ad andare avanti ma era complicato comprendermi.
Troppo complicato.
Ma dopotutto, lui riusciva in qualche modo a capirmi e a darmi forza. Gradualmente tutto stava passando e dopo due mesi era quasi del tutto scomparso il mio dolore. Nonostante tutto Jim continuava a mostrarsi più che paziente. Dovevo aiutarlo, dovevo anche io fare qualcosa, capire lui, non potevo certo pretendere che Jim fosse paziente per sempre. Era un uomo con dei sentimenti, si sarebbe stancato anche lui. E non potevo farmelo scappare, proprio ora che avevo trovato la persona giusta. Il mio senso dell'umorismo che mi caratterizzava stava riapparendo; era tutta una questione psicologica, ero io che dovevo decidere di far riapparire il senso dell'uomorismo.
La tristezza non veniva da sola, ero io che decidevo di farla arrivare, così un bel giorno, una buona volta decisi di non farla più arrivare. Mi convinsi anche del fatto che nessuno doveva aiutarmi, almeno nessun estraneo, tipo psicologi. L'unico aiuto di cui avevo bisogno era quello di qualcuno che mi voleva realmente bene, ma soprattutto il mio. L'iniziativa doveva essere mia. E l'iniziativa c'era, quindi Jim era costretto ad aspettarmi, mentre io facevo di tutto per non perderlo. Forse ci stavo persino riuscendo. A differenza di qualche mese prima, adesso uscivo sempre più spesso, sempre con più persone. Uscire con Jim non poteva far altro che aiutarmi a conoscere tante persone nuove, riattivando la mia vita sociale. Lui era sempre pieno di gente attorno, il che non mi dispiaceva più di tanto. Qualche volta ero rimasto a dormire da lui, il che era impensabile da parte mia dato che raramente mi allontanavo da casa per tutta la notte. Ma era un'altra cosa da aggiungere alla lista delle cose positive, dato che il mio letto, se così si potesse chiamare, non era per niente comodo, appunto perché non era affatto un letto. Forse questo era l'inizio di una nuova vita. La mia nuova vita, insieme a Jim. E mi sembrava davvero fantastica
. Non mi prendevo nemmeno il disturbo di chiedermi se fosse successo come la scorsa volta. All'inizio sembrava tutto un sogno, poi un incubo da cui non mi sarei svegliato per tanti anni. Ma finalmente mi ero svegliato e mi godevo il mio lietofine fino a quando la strega cattiva non sarebbe arrivata a rovinare tutto quanto.
Ce lo dovevamo aspettare. Io almeno me lo aspettavo. Ero riuscito anche a scrivere qualche bella canzone, non molte, soltanto tre ma secondo Jim erano bellissime e io gli volevo credere.
A volte mi diceva persino che il mio futuro sarebbe dovuto essere un altro, che non avevo fatto altro che sprecare la mia vita con il mio ex e lavorando in un bar con un misero stipendio quando nel mio cassetto chiuso a chiave c'era un sogno da far uscire. Jim mi ripeteva spesso che un giorno lui sarebbe riuscito a ritrovare la chiave.
Era un bel giorno. Più o meno.
Era brutto tempo, il sole era coperto da uno strato scuro di nuvole che da un momento all'altro avrebbero scatenato una lunga pioggia, ma ero molto ottimista ultimamente. Camminando per le strade annebbiate di Londra si vedeva poco e niente, le uniche cose ad illuminarle erano i pochi lampioni accesi. Spiccavano tra quel buio da tramonto e, nonostante fossero pochi, per i miei occhi davano un effetto abbacinante. Le persone in strada erano quasi scomparse, ripensandoci, ero l'unico stupido che camminava in quel vicolo infinito. Ero da solo perché Jim era al lavoro, io avevo il giorno libero invece. Mi ravviai la ciocca di capelli proprio come una donna fissata con le acconciature e continuai a camminare più in fretta cercando di entrare in qualche strada con qualche anima viva. Uscii dal vicoletto e mi ritrovai sulla strada che percorrevo ogni mattina per andare al lavoro.
Una strada molto larga, di solito piena di gente, invece ora con pochissime persone. Vidi il negozio in cui facevo spese molto spesso e decisi di entrare per comprare un paio di cose. Fuori c'erano due furgoni neri, non molto grandi ma di certo non passavano inosservati. Non se ne vedevano molti in giro. Dal negozio riuscivo a sentire delle urla e qualche pianto, non capivo cosa stesse succedendo. Decisi di non entrare ma ero troppo curioso per restarmene fuori, quindi entrai. C'erano moltissime persone a terra, sdraiate. Alcune urlavano, alcune erano in silenzio spaventate, c'erano anche alcuni bambini spaventatissimi che piangevano vedendo quella scena. C'era una donna, la cassiera, minacciata con una pistola da quattro uomini vestiti di nero con un passamontagna nero. Lei piangeva e prendeva i soldi dalla cassa dandoli a quegli uomini. Appena i quattro mi videro mi puntarono la pistola al collo ed io, istintivamente, alzai le mani mettendomi a terra. Curiosai tra le persone spaventate sedute accanto a me e vidi un uomo. Un uomo spaventato. Io conoscevo quell'uomo. Era un pò malandato ma era lui. Era un pò più invecchiato ma era lui. I quattro ladri uscirono convinti di non essere stati visti in volto da nessuno e tutti tirarono un sospiro di sollievo alzandosi e uscendo correndo dal negozio. Io ero ancora a terra fissando l'uomo, cercando di convincere me stesso di aver scambiato un uomo per un altro. L'uomo che stavo fissando si alzò e si avvicinò. Mi porse la mano chiedendomi: "Hey, stai bene?"
"Ehm, ho avuto un pò di paura ma sto bene, perché me lo chiedi? Cioè, ci conosciamo?"
E lui ripose: "No, non ti conosco, te lo sto chiedendo solo perché sei rimasto solo tu seduto a terra"
Intanto gli diedi la mano e mi alzai guardandolo perplesso.
"Stavo solo pensando. Piacere Michael"
"Piacere Dustin" Uscimmo fuori dal negozio.
"Bhe, ci si vede" disse quel Dustin.
Io ero sicuro che non si chiamasse Dustin. L'uomo che conoscevo non aveva di certo un gemello. "Aspetta, sei sicuro di non avermi mai visto?" dissi io speranzoso che mi dicesse qualcosa. "Sicurissimo, alla prossima" disse salutandomi con la mano e tornando dentro. Per strada pensai molto attentamente a ciò che era appena successo.
Una rapina.
Avevo appena incontrato un uomo che probabilmente si fingeva qualcun altro. Appena lo vidi fui sicuro, lui non si chiamava Dustin, era Jim.
Il vecchio Jim.