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Raphael Chevalier

Il solo risentire il suo nome, mi face salire un brivido di ribrezzo. Più grande di me di qualche anno, Raphael era, per mio padre,  il figlio maschio per eccellenza, quello che nessuno delle sue due compagne, gli aveva mai saputo dare. Non era un caso che fosse perennemente in casa nostra e che, fin da adolescenti, mi ronzasse intorno in maniera fastidiosa.
Era diligente, intelligente, sicuramente attraente e, soprattutto, fedele ad una sola cosa nella sua vita: i soldi.
Questo era sicuramente uno dei motivi per cui mio padre trattava da figlio più lui che le sue due figlie biologiche.
Eppure non riuscivo a capire il nesso con tutto ciò che mi stava chiedendo.
Non era mai stato presente nella mia vita, non mi aveva mai appoggiato nessuna delle scelte che avevo deciso di compiere in autonomia ma, a questo, sembrava essersi rassegnato da anni ormai.
Quindi perché adesso?
E, soprattutto, perché io?

Mi venne da ridere anche se, di divertente, c'era ben poco. In realtà l'intera situazione era un disastro e, questa volta, non avevo idea di come uscirne.
Robert Gaillard mi guardò inespressivo come sempre, evidentemente seccato del mio improvviso umorismo.

《 Sono contento che ti faccia ridere - infatti aggiunse - renderà la situazione meno stressante 》

A volte facevo davvero fatica a pensare come, quest'uomo, si fosse sposato ben due volte. Aveva il suo fascino sì, ma per il resto?
A me sembrava solo un guscio vuoto di un uomo che non aveva a cuore nulla, tranne che il proprio tornaconto.
Non conoscevo i suoi interessi, e tantomeno ero a conoscenza di eventuali hobby.
Era anche molto difficile inquadrarlo caratterialmente, visto che non lasciava mai trasparire altro che non fosse indifferenza. Non so cosa l'abbia portato e divenire così, se tanti anni prima, era in realtà un uomo diverso, se veramente l'allontanamento da mia madre - come poche volte mi raccontava quando facevo i capricci e chiedevo di lei- l'aveva cambiato rendendolo ciò che era adesso. O semplicemente, non aveva mai avuto quell'istinto di padre e quindi si ritrovava incapace ad adempiere a questo ruolo. Al di là del cognome in comune e di aver vissuto per un pò di anni insieme, non c'era mai stato nulla a legarci. Non gli somigliavo neppure, non avevamo né tratti fisici e, tantomeno, caratteriali ad accomunarci. Se qualcuno nella stessa stanza ci avesse visto insieme, non sarebbe riuscito mai a pensare ad affibbiare fra di noi un grado di parentela.

Neanche di mia madre ricordavo qualcosa, se non qualche rievocazione ormai per niente nitida. Mio padre mi diceva spesso che le assomigliavo molto, ma ogni volta che me ne parlava, lo faceva sempre in maniera negativa. Infatti non sapevo mai se prenderlo come un complimento o meno. 
Delle volte mi fermavo a pensare al fatto che se, le nostre strade non si fossero divise, oggi forse saremmo una famiglia totalmente diversa.
Anche in questo momento, guardando con freddezza le molteplici emozioni che si dipingevano sul mio viso, non si azzardava a chiedermi se l'intera situazione mi stesse bene.

ℝ𝕖𝕤𝕥𝕝𝕖𝕤𝕤 𝕃𝕠𝕧𝕖Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora