Capitolo 1.

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Ho lasciato Riccardo, il mio attuale ragazzo. È successo sabato sera in una festa in discoteca poco fuori Roma, ad Ostia. Ha fatto una ennesima scenata di gelosia davanti alle mie amiche e a tutto il locale, solo per un complimento innocuo da parte di un barista gentile. Non ce l'ho fatta più e l'ho mollato.

Io e Riccardo siamo stati fidanzati dal terzo anno di liceo in poi. Mi era piaciuto per il suo essere dolce, spontaneo, e simpatico poi perché era anche un bel ragazzo, occhi castani scuro e moro. Però, a ripensarci meglio così, almeno inizierò da single il mio primo accademico. 

Mi sono iscritta a Economia e le lezioni cominceranno a metà settembre, e partirò per la citta lombarda i primi giorni del mese, così da godermi questi ultimi giorni la mia amata Roma assieme alle mie migliore amiche. Federica e Giulia. Siamo amiche dal primo anno di liceo, non eravamo in classe insieme ma ci siamo conosciute al corso di pittura che si faceva nel pomeriggio. Abbiamo subito legato e siamo diventate inseparabili. Siamo diversissime: Fede mora, Giulia bionda e io rossa, ma in comune abbiamo il fatto che amiamo da pazzi Fabrizio Moro.

Finito il liceo non hanno deciso di proseguire gli studi e rimangono qua a Roma. Federica prenderà la strada dei suoi genitori, a lavorare nel loro bar, mentre Giulia in un supermercato. Io non ci riuscirò a sopravvivere tutta il giorno, o settimane, o peggio tutta la vita in quei posti. Io sono una trottola e devo fare sempre cose diverse.

Siamo sopra il Pincio, a Villa Borghese, sdraiate sul prato. «Ashley, ma non ti mancherà neanche un po' Roma?».

«Certo che mi mancherà, è sempre la mia città natale».

«Come fai a lasciare Roma per Milano?» dice.

«Anche Milano è carina. C'è il duomo, ed è la città della moda».

«Si, ma vuoi mettere Roma, il Colosseo, altare della patria, Piazza del popolo. Roma è tutt'altra storia».

«Non te ne vai solo per non sperare di incontrare Riccardo in una di queste università di Roma?», fa Federica

«No. L'ho lasciato io ricordate?».

Mi arriva un messaggio dal mio cellulare:  mia madre. Mi scrive che devo ritornare a casa perché è arrivata la nonna, e devo salutarla prima che parta.

«Io vado, ragazze. Devo rientrare» alzandomi in piedi, «domani venite alla Stazione Termini per salutarmi?»

«A che ora parti?»

«Verso l'ora di pranzo circa».

«Ok. Ci saremo».

Recupero la mia borsa, le saluto con la mano e faccio per andarmene. Scendo le scale che portano a Piazza del Popolo e da là vado a prendere la metro A direzione Eur: è là che abito.

Il mio quartiere è abbastanza tranquillo, residenziale e moderno. Il mio palazzo dove abito ha sette piani con ascensori (io sono al quarto piano) ed è stato da poco ristrutturato. L'esterno è abbastanza anonimo e neutro, danno solo un po' di colore i fiori sul terrazzo di alcuni vicini, mentre l'interno è ampio e luminoso. Il nostro appartamento consta di sei stanze: cucina, salotto, un bagno, ripostiglio, la mia cameretta e infine la stanza dei miei genitori, che ora è solo di mia madre.

Lei e mio padre hanno divorziato quando avevoundici anni, devo ancora capire il motivo.  Mamma dice lui l'ha tradito con la sua segretaria, essendo un avvocato, mentre papà dice che lei è paranoica, gelosa ossessiva che vede il tradimento ovunque. Ho smesso di capirlo da parecchio tempo, ho deciso di non entrare nelle loro questioni e stare una settimana con ognuno. Lo ammetto è difficile all'inizio, ma si può fare.

«Che ti porti anche qualche pentola? Cibo?»

«Mamma, vado a Milano, e anche là ci sono i negozi, mica vado in Burundi».

«Già». E va in cucina con la scusa di preparare la cena.

«Mamma, che c'è? Che vuoi dirmi?» seguendola in cucina e mi metto a fianco a lei, vicino a fornelli.

«Nulla»

La guardo. «So che vuoi dirmelo».

«So che è giusto così, che sei giovane ed è normale che fai le tue esperienze, ma mi mancherai. Prima tuo fratello in America, adesso te, non mi abituerò mai all'idea».

Andrea ha venticinque anni ed è in America a studiare da tre anni. Beato lui direte. Invece è no: è un bastardo e uno stronzo. Non si è fatto più vivo, né a Natale, né ai miei compleanni e non è ritornato neanche quando mi sono diplomata. Avrei voluto che ci fosse e per questo che non ci parlo.

«Sai che io tornerò qualche volta».

«Si. Lo dice adesso, poi incomincerai la tua vita milanese e non tornerai più».

«Mamma. Non mi dimenticherò mai da dove vengo. Io sono romana e non me dimenticherò mai». La abbraccio, poi ritorno nella mia stanza per chiudere definitivamente la mia valigia.

Dopo aiuto mia madre a finire di cucinare e decidiamo di cenare davanti alla televisione guardando una vecchia puntata del Grande Fratello Vip. A me non piacciono, sono contraria a questi programmi, ma mia madre invece ha la fissa, e così per starle vicino li guardo anch'io. 

«Tutto pronto di là? Valigia?»

«Sì, tutto pronto».

«Hai chiamato tuo padre per dirgli a che ora parti?».

«Sì, l'ho avvisato ma non riesce a venire per quell'ora».

«Come al solito. C'è sempre qualcosa di più importante».

Non sono pronta ancora a sentire parlare male di lui. Così cambio argomento e mi butto sull'università, parlandole di quando inizieranno le lezioni e di com'è stupenda la struttura. Passiamo una bella ultima serata insieme e vado a dormire verso mezzanotte puntando la sveglia per le nove e mezza, così da evitare di rimanere addormentata.

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