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Delphina sorrise cordiale ai due avventori ai quali aveva appena servito i cappuccini all'italiana e le fettine di torta al limone, chiedendosi mentalmente come potessero anche solo immaginare di unire quei due sapori. 

Dio, che spreco che era quel buon cibo donato a quelle papille gustative. Ma erano ormai sei anni che lavorava in quella caffetteria e ne aveva viste di ogni, dai caffè allungati direttamente con l'acqua di bottiglia, alle patatine intinte nella cioccolata con panna. 

Mentre era girata a pulire dei tavolini sentì il campanello della porta d'entrata tintinnare e si preparò a salutare i nuovi arrivati con il sorriso sulle labbra, sorriso che le morì non appena incrociò un paio di occhi verdi con dei grossi lucciconi acquosi.
Un bambino che probabilmente aveva meno di quattro anni e che a stento arrivava alla maniglia, si guardava intorno tutto coperto di fango. Il giubbotto azzurro era sporco in più punti, i pantaloni di spugna erano lacerati su un ginocchio e le scarpe grondavano terra e sabbia.

Delphina volse un rapido sguardo alla collega, allibita anche lei da quell'immagine, chiedendosi immediatamente dove fossero i genitori del bimbo.

- Piccolo, cosa succede? - gli andò incontro accosciandosi di fronte, il quale poi la fissò ancora per qualche secondo per poi mettersi a piangere, attirando l'attenzione degli altri clienti. Allungò le mani verso di lei buttandosi tra le sue braccia, come se si stesse aggrappando all'unica cosa che lo potesse tenere a galla.

- Su... dai... va tutto bene! Vieni che ci puliamo. - cercò di consolarlo.

Il piccolo non smise un secondo di piangere mentre la giovane lo portava al bancone, facendolo sedere su uno dei tavolinetti rialzati.

- Del, chi è la frigna? - le chiese Barbra intenta a guarnire una coppetta di gelato, riservandogli uno sguardo di disapprovazione alla vista dei pantaloni strappati e delle macchie di fango.

- Ma che modi sono, Barb?! Ti pare la maniera di approcciarti a lui, non lo vedi che è impaurito? - poi rammorbidì il tono per rivolgersi proprio al piccolo.

- Io mi chiamo Delphina, e tu? - gli sorrise mentre con lo straccio iniziava a tirargli via lo sporco dalla faccia.

Lui si lasciò pulire, ma non accennò a rispondere. I suoi occhi non lasciarono un momento il viso della giovane, che intanto gli riservava dei sorrisi rassicuranti. Terminata l'operazione lo fece sedere sull'alto sgabello e controllando che non cadesse gli mise davanti una piccola fettina di torta al cioccolato e un po' di latte caldo. 

Gli occhi del bambino si spalancarono e in un secondo si fiondò sulla torta, mangiandola con le mani. Non sembrava essere un bambino di qualche persona in difficoltà, i vestiti erano nuovi e della taglia giusta, le scarpe non erano consunte e sembrava comunque in buona salute e non deperito. 

Probabilmente si era solo allontanato dai genitori e poi si era perso, finendo magari in qualche pozzanghera. Lo raggiunse dall'altra parte del bancone e tirando fuori il cellulare per chiamare la polizia.

 - Me lo dici come ti chiami? - gli chiese di nuovo ricevendo per risposta solo una scrollata di testa.

- I tuoi genitori ti hanno detto che non devi parlare con gli sconosciuti, vero? -

Lui fece un segno affermativo. - Ma io mi sono presentata, e ti ho anche aiutato a pulirti. Per poi darti quella buonissima torta, pensi che sia una brutta persona? - Il piccolo negò con forza e la piccola zazzera di capelli biondi e ricci si mosse in tutte le direzioni.

- Ok, allora facciamo un patto. Tu mi dici come ti chiami ed io ti do un'altra piccola fettina di torta. Che te ne pare? -

Il bambino sembrò pensarci un po' ma alla vista di un altra piccola fettina di torta non se lo fece ripetere due volte.

The Dark TunnelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora