Capitolo 19

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CHARLIE

Gennaio volò, il trasloco nella casa nuova era sempre più vicino. Aiden fu spesso via per terminare la sessione d'esami, lasciandomi a casa da sola a stilare liste per organizzare lo spostamento dei mobili e degli altri oggetti dai nostri appartamenti.
La prima settimana di febbraio la passai alla ricerca di tutte quelle cose che mancavano per l'arrivo di Aileen Pacey, come il vestitino da metterle in ospedale, il trio che comprendeva passeggino, ovetto e navicella in uno solo ed il lettino per la cameretta. Fu divertente fare shopping con Paige e Kayla, specialmente quando non riuscivano a mettersi d'accordo sul colore dei peluche che volevano comprare alla piccola. La stavano viziando ed ancora non era nemmeno nata.
Passai la seconda settimana di febbraio a gestire i lavori nel nuovo negozio di Londra. Era più grande di quello che avevo a Brighton, ed era in stile Industriale: l'entrata era composta da un portone in vetro con una grande maniglia in ottone, davanti ad essa c'erano due lunghe file di scaffali in ferro battuto che avrebbero contenuto le sezioni di dischi, e le pareti di mattoni a vista erano costellate di bancali in legno riverniciato adibite a mensole. Il bancone della cassa, posto in fondo alla lunga navata di scaffali, era una vecchia scrivania in legno di massello di Shisham, tinto ed oliato, con la struttura in ferro artigianale appositamente usurata. Dal soffitto pendevano delle lampadine a vista, di lunghezze diverse, le quali creavano una luce soffusa. All'angolo della scrivania era posto un vecchio giradischi rosso.

«Questi dove li metto?» chiese uno degli operai che si occupavano della ristrutturazione. Alzai lo sguardo dai curricula che tenevo in mano e gli indicai la saletta sul retro «Insieme a tutti gli altri, grazie. Li sistemerò poi.»
Era difficile trovare dei nuovi dipendenti, e solitamente i colloqui mi stressavano abbastanza, ma quel giorno ero entusiasta perché quando sarei tornata a casa a Brighton, quella sera, avrei trovato Aiden con una "sorpresa" per me.
Già, non sarebbe stata affatto una sorpresa dato che avevo costretto Alec a dirmi tutto: Aiden aveva intenzione di propormi una vacanza da fare noi quattro insieme. Una specie di weekend leggermente allungato di due giorni in una località di montagna l'ultimo fine settimana di febbraio.
Quell'idea mi tenne impegnata tutta la mattinata, quindi mi appuntai distrattamente alcune domande che avrei voluto fare nel pomeriggio ai colloqui e non riuscii a fare altro.
«Noi abbiamo finito.» annunciò l'uomo di prima.
Annuii e li ringraziai, accompagnandolo fuori dal negozio.
Mi chiusi a chiave dentro e sospirai, scorrendo tra gli scaffali e spolverando alcuni dischi. Decisi di mandare una foto a Paige per aggiornarla sui lavori, poi, quando mi andai a sedere al bancone, scrissi anche ad Aiden e gli inoltrai la stessa foto aggiungendo quanto fossi eccitata per la nuova apertura.
Mentre aspettavo una sua risposta, presi dalla borsa il pranzo che mi ero preparata e cominciai a mangiarlo.
"È meraviglioso. Tu sei meravigliosa." rispose Aiden, aggiungendo al termine del messaggio un emoticon che mandava un bacino.
Sorrisi come una scema davanti al cellulare, poi lo rimisi in borsa e terminai il mio pranzo, ma il telefono prese a squillare poco, prima che mi rimettessi a controllare il curriculum di un ragazzo che si sarebbe presentato alle due.
Era Aiden. Risposi, confusa «Ehi, hai bisogno di qualcosa?»
Lui rise «Sei tu che mi hai chiamato e poi non hai detto niente.»
Aggrottai le sopracciglia «Io non ti ho chiamato. Ho letto il messaggio che mi hai mandato e poi ho messo il cellulare in borsa perché a breve arriverà il primo colloquio che ho nel pomeriggio.»
Lui sospirò «E scommetto che quando hai messo via il telefono ti sei dimenticata di bloccarlo... sei distratta, ultimamente. Più del solito.»
Ops.
«Scusami se ti ho disturbato, cercherò di fare più attenzione.» promisi.
Lo salutai ed appoggiai il telefono sulla scrivania, controllando le varie esperienze lavorative di quel James Colby.
Finii che ormai erano le due meno un quarto, così mi concessi una decina di minuti di relax e presi il telefono, confusa quando notai la chiamata ancora aperta.
Misi titubante il telefono all'orecchio «Uhm... Aiden?»
Lo sentii armeggiare un attimo «Ero curioso di vedere quando te ne saresti accorta.» ammise.
Sospirai «Mi dispiace da morire... non so dove ho la testa, davvero.»
«Ehi, tranquilla. È normale: hai tante cose a cui pensare e poco tempo a disposizione. Vorrei poterti dare una mano.»
Sorrisi, consapevole che non potesse vedermi «Mi basta sapere che resterai con me nonostante tutto.»
Ci fu una pausa.
«Io resto con te per tutto. Non piangere.»
Ridacchiai passando l'indice sotto agli occhi inumiditi «Ora devo andare, a breve iniziano i colloqui. Ti amo.»
Questa volta mi ricordai di chiudere la chiamata e misi il telefono nella borsa, poi andai ad aprire la porta. Fuori, sul marciapiede, c'era un uomo alto che teneva tra le mani un contenitore di carta con due bicchieri.
«James Colby?» domandai.
Questo si girò e, dopo aver abbassato di tanto il suo sguardo coperto dagli occhiali da sole, mi mostrò un sorriso a trentadue denti «Proprio io.» annunciò.
La sua voce era calda e frizzante, sicuramente una buona cosa per quando ci si presenta a dei clienti.
«Prego, entra pure.» lo feci accomodare all'interno del negozio e non mi sfuggì la lunga occhiata che fece all'ambiente.
«Accomodiamoci.» mi sedetti alla mia postazione dietro al bancone e lui si sedette davanti a me, incrociando le gambe fasciate da un paio di pantaloni eleganti.
Presi il suo curriculum e lessi un paio di informazioni «Dunque, James. Hai 27 anni, nato e cresciuto a Londra, sei laureato in Scienza del business alla London School of Economics ed hai lavorato come manager in un'importante azienda di Londra, vedo.»
Lui annuiva, silenzioso, ma sempre sorridente.
«Come mai vorresti lavorare in un negozio di dischi?»
Mise il contenitore sulla scrivania «Vuole un caffè, anzitutto?» domandò.
Be', perché rifiutare? Presi il bicchiere di carta e lo ringraziai.
James giunse le mani in grembo «Ho studiato economia perché mio padre sperava che diventassi qualcuno nella vita, e poi ero molto portato per l'organizzazione e la direzione del lavoro. Ho fatto il manager per anni e, oltre a formarmi in ambito lavorativo, mi ha fatto capire che le mie ambizioni non sono le stesse che mio padre sperava per me. Ho saputo che lei possiede già un negozio di dischi a Brighton e credo di poterle essere davvero utile qui, a Londra. E magari, con il tempo, aiutarla ad espandersi in tutto il Regno Unito.»
Be', sicuramente era un tipo carismatico.
«Capisco. Mi sembri molto qualificato, e un ragazzo molto diligente.»
Annuì «Grazie.»
«Il negozio aprirà davvero a breve, ed avrò bisogno di una persona che possa sostituirmi quando nascerà la bambina, ed affiancarmi nella gestione di questo posto.»
Annuì nuovamente «Ne sarei felice.»
Sorrisi «Ottimo, allora. Sei assunto.» mi alzai per stringergli la mano e per accompagnarlo all'uscita «Nei prossimi giorni ti manderò una mail con i tuoi turni e gli orari. Per qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi.»
Mi ringraziò ed uscì, e dato che avevo ancora dieci minuti prima del nuovo colloquio, ne approfittai per aggiornare Paige della nuova assunzione.

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