1. Il dado è tratto

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25 Dicembre 2016

Essere me non era mai stato facile. Agli occhi degli altri ero sempre stata una stupida bambina chiusa timida ed introversa.

Con il passare degli anni - non che le cose fossero effettivamente cambiate- ero semplicemente diventata la ragazza problematica, quella strana, quella senza un appiglio familiare, senza una mamma e senza un papà, la persona che nella stanza - fra le altre - risultava sempre la meno adatta alla situazione.

Crescendo però ho imparato che per gli altri non si è mai abbastanza e che infondo basta essere all'altezza, basta essere determinati ed intraprendenti.

Ho imparato a mie spese che se per gli altri non si è abbastanza basta esserlo per sé stessi.

Ed è proprio ciò che mi ha spinto, ciò che mi ha permesso di realizzare il mio sogno.

Sarei diventata una scrittrice.

Avrei finalmente abbattuto i muri e superato ciò che mi spaventava e tormetava maggiormente...





24 Giugno 2019


«Mi chiamo Amanda e credo che la parte peggiore dello stare male, per una ragazza afflitta da scriptophobia, sia l'inchiostro stasparente.

La mente.

I pensieri.

Vedete, avere fobia dell'inchiostro, della carta e della scrittura in qualche modo mi fa comodo, la soluzione è rapida ed indolore: li evito... ma non basta mai, che con la mente ci convivi e non te ne liberi facilmente.
I pensieri persistono sempre, bussano di notte, ti vengono a cercare e ridacchiando ti divorano.
E il problema di fondo non è nemmeno quello.
Sono giunta alla conclusione di essere io il problema.
Voglio dire, perché sarei così sola e starei così male altrimenti?
Probabilmente perché c'è qualcosa di estremamente sbagliato in me e non ho la forza di oppormi. Sono incasinata e non credo ci sia speranza. Sono incasinata e mi va bene, forse è anche questo il problema.

A me va bene.
Non mi interessa minimante come sto.
Non mi interessa stare bene.

Sono un casino insomma, cioè, uno di quei casini belli grandi.
Ma va bene.
Ho imparato a farlo andare bene a tal punto che se mi venisse chiesto "ma esattamente cosa va male? " non saprei rispondere.
Sono Amanda. Sono orfana e vivo da sola. Ho ventitré anni e sono una modella e una scrittrice, una scrittrice che soffre di scriptophobia.
Sono Amanda e questa è la mia storia.» conclusi chiudendo il mio capolavoro e respirando a pieni polmoni.

Ciò che ne seguì fu un momento di silenzio carico di emozioni.

Lessi negli occhi di tutto il team una tale ammirazione da sentirmi male.

"Ce l'abbiamo fatta" sembravano gridare.

Eppure mi pareva tutto così surreale e sbagliato al momento. Tutto il lavoro di una vita racchiuso in pagine di carta. Il sogno che finalmente trovava il via libera e salutava il cassetto.

Avrei pagato oro, anni prima.
L'avrei definita felicità, anni prima.

«J-Jessy si... beh.. ecco non so se è il caso di... »

«Tesoro va bene, l'industria ti amerà... sei cosi... così.... profonda, ecco sì... sei profonda... ora spostati sullo sgabello, iniziamo il servizio per le riviste» disse indicando la postazione.

Ed è in quell'esatto istante che mi resi conto che il dado era tratto, che in qualsiasi modo sarebbe andata, non sarei potuta tornare indietro.

Fu come una specchiata d'acqua ghiaccia, rendersi conto che il successo non va di pari passo con la felicità.

Esiste sempre l'altro lato della medaglia: dall'infelicita non si sfugge.

Da lì a poche ora sarei diventata una sorta di new entry nel mondo dell'editoria e probabilmente sarei anche diventata una modella alle prime armi.

Un po' il sogno di tutte, diventare un'altra.
Diventere l'altra.

Eppure ero sempre io, un turbine di angoscia e malinconia avvolto da una maschera sorridente.

«Desirée il ventilatore, lo voglio puntato sul suo viso» ordinò poi Jessy, con il suo solito modo di fare da uomo gay di una certa età, con una certa professionalità e una certa fama che deve avere a che fare con stagisti incompetenti - parole sue ovviamente.

La giovane stagista si affrettò a cambiare la gradazione, muovendosi con movimenti buffi e goffi. «Così va meglio?» domandò timidamente Desirée, ricevendo in tutta risposta un'occhiataccia da parte del "Grande-capo".

«Desirée» fece lui «Si capo...» «Se non vuoi che ti mandi in quella catapecchia che chiami casa, porta quel coso al livello quattro, voglio i suoi cazzo di capelli al vento» «Si capo sarà fatto» «Bene» rispose Jessy, alche mi accigliai, stranita dal fatto che avesse già finito con le prediche.

«Splendore divarica le gambe» si rivolse a me poco prima di imprecare nuovamente.

«Manca ancora qualcosa...Estefane maledizione le luci, devono essere calde e...e... chi cavolo c'è al pannello...dannazione Froid» «Mi chiamo Fred signore» «Non me ne può fregar di meno, alza la saturazione Froid, deve sembrare la luce naturale del sole»

«Okay, bene. Tesoro non guardare l'obiettivo» mi sorrise, poco prima di concentrasi ed iniziare a scattare le foto per il servizio fotografico.



Il giorno seguente


«In realtà mi aspettavo qualcosa di più» ammisi evitando di incrociate il suo sguardo indagatore.

«E cosa ti aspettavi Amanda? » chiese lui accavallando le gambe e sistemandosi meglio sulla polrtorna in pelle nera.

«Penso sia proprio questo il problema dottore, io non so cosa mi aspetto dalla mia vita, voglio solo essere felice, voglio smettere di fingere» sussurrai impercettibile.

«Amanda» sorrise il dottor Smith «Pensi che io sappia esattamente cosa fare della mia vita?» chiese retorico sorridendo nel vedermi perplessa.

«Beh non è così. Sono un terapista, faccio il lavoro dei miei sogni, ho una moglie bellissima e due gemelli che mi rendono le giornate piene di amore. Vivo quella che la nostra società pone come obiettivo di felicità, ma non lo è. La felicità non sta nelle cose Amanda, ma in noi stessi, nel modo in cui decidiamo di affrontare le cose, dalle persone che decidiamo di avere accanto, dall'impegno che ci mettiamo, siamo noi i veri artecifi della nostra felicità, abbiamo noi il comando dei nostri sentimenti» prese fiato per poi continuare «Non hai bisogno di scrivere un libro, fare la modella o essere conosciuta per essere felice. Devi iniziare a prenderti cura di te, volerti bene. Amanda devi imparare che non è o tutto nero o tutto bianco esistono tante bellissime sfumature» concluse.

«Quindi secondo lei cosa dovrei fare?» «Questo me lo devi dire tu Amanda» disse poco prima che il timer suonasse.


"Come se fosse facile" pensai diffidente, probabilmente non ce l'avrei mai fatta.

Con una rapidità che non sapevo di avere lo ringraziai, mi alzai e mi diressi verso la porta «Pensaci Amanda. È importante. Voglio che torni qui quando saprai darti delle risposte. Fino ad allora ricorda che nulla è mai realmente perduto.»

Va tutto bene [HS] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora