Capitolo 1: Un padre violento

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Vita. Cos' è la vita?

Le persone vivono, o cercano di vivere in una società apatica, priva di certezze e di morale.

Io per primo, smisi di provare sentimenti, rendendomi vuoto.

Fui una vittima involontaria dell’omologazione di massa, ovunque mi giravo vedevo gente che come me soffriva senza aver mai fatto nulla di male.

E che senso aveva vivere una vita del genere?

Pensai molte volte al suicidio, l’unica cosa che mi salvò in quegli anni dall' attuare un gesto così sconsiderato fu il pensiero che magari un giorno la mia vita sarebbe potuta cambiare.

Ciò che voi chiamate vita, per me era uno stato dell’uomo senza salvezza, costretto a soffrire fino alla fine dei suoi giorni.

Poco dopo la mia nascita, non so precisamente per quale motivo, mio padre perse il lavoro, e fu subito ammaliato dal dolce, ma al contempo peccaminoso sapore dell’alcool.

Ci volle poco a trasformare quello che sembrava un piccolo vizio, in scatti d' ira riversati verso me e mia madre.

Ci picchiava ripetutamente senza nessuna pietà, provocandoci ogni volta delle ferite profonde, sia nel corpo che nell' anima.

Quella santa donna di mia madre, pur di impedire a mio padre di toccarmi, si accucciava a terra, stringendomi fra le sue braccia, assicurandosi che le sue botte non arrivassero a me.

Quando avevo ancora diciassette anni, mio padre preso da uno dei suoi soliti attacchi d' ira, afferrò mia madre dai capelli e iniziò a sbattere ripetutamente il suo volto contro lo spigolo del tavolo della cucina, in fine quando oramai il suo corpo fu esanime, lo gettò in terra, lasciandola soffocare nel suo stesso sangue.

Rimasi impietrito a guardare quella crudeltà che solo i suoi occhi riuscivano ad emanare, ma vedendo in che condizioni aveva ridotto mia madre non riuscì più a trattenermi.

Presi un paio di forbici poggiate sopra al tavolo, e con ferocia le conficcai più volte nel torace di mio padre.

Non dimenticherò mai le grida di pietà che uscivano dalla sua schifosa bocca, furono quasi liberatorie.

Continuai fino a quando non fui sicuro che il suo corpo non emanasse più neanche un sospiro di vita.

Posai le forbici in terra e mi avvicinai a mia madre, presi il suo corpo freddo e inerme fra le mia braccia, e lo strinsi a me, proprio come faceva lei, purtroppo però non riuscì a salvarla da quell' orco di mio padre.

L' unico mio rimpianto fu quello di non essere mai riuscito a dirle quanto le ero grato per quello che aveva fatto per me in quegli anni.

Ebbene sì le mie mani sono sporche del sangue del mio stesso padre, e non sono pentito e mai lo sarò per quello che ho fatto.

Questo mi costrinse a fuggire da quella che avevo ritenuto fino a quel momento la mia casa.

Li lasciai una parte della mia vita e per quanto fosse stata dolorosa, me la sarei portata dietro fino alla fine dei tempi.

Nei giorni successivi cercai un posto dove poter scappare dalla polizia.

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