capitolo 5: bye bye

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Mi trovavo nuovamente a fuggire, correvo su quella strada come se ad inseguirmi ci fosse la morte stessa.

Aprì il finestrino, l aria che entrava era gelida, dovevo schiarirmi le idee.

Nulla di quello che avevo visto mi era ben chiaro.

Perché la porta della casa era aperta? E di chi era la macchina partita a mille?

Accostai, scesi dall’auto e mi accesi un’altra sigaretta, questa volta però aveva un sapore acre che ricordava quello della morte.

Guardai i vestiti, erano pieni di sangue, dovevo assolutamente cambiarmi.

Cercai qualche abito all' interno della macchina, ma non trovai nulla, solo qualche straccio.

Mi pulì viso e mani e li rimisi al loro posto.

Rientrai in macchina, dovevo trovare dei panni puliti.

Così sporco di sangue non sarei sicuramente passato inosservato.

Rimisi in moto la macchina e continuai a vagare in cerca di qualche casa.

Dopo quasi venti minuti ne vidi una.

Accostai qualche metro prima senza farmi vedere.

Entrai nella proprietà e senza fare rumore rubai dei vestiti stesi ad asciugare.

Tornai in macchina e tranquillamente mi cambiai, misi i vestiti sporchi in una busta che buttai qualche metro dopo.

Vagai ancora per un po’, fino a quando non mi ritrovai in un piccolo paesino.

Mi fermai, dovevo assolutamente mangiare qualcosa.

Prima di scendere indossai un cappello e degli occhiali da sole, giusto per non essere riconosciuto.

Prima di cercare qualcosa da mettere sotto i denti, mi accorsi che qualche metro più in là era parcheggiata la macchina delle due ragazze.

Mi avvicinai, le ruote erano sporche di fango e i parafanghi erano pieni di schizzi, come se avessero avuto fretta di scappare.

Sbirciai al suo interno, ma apparentemente sembrava pulita.

Mi guardai intorno, ero solo.

Cercai di aprire lo sportello ma era chiuso a chiave.

Non sapendo che fare mi nascosi dietro ad un muretto aspettando che le due ragazze tornassero.

Arrivarono poco dopo, diedi loro il tempo di aprire lo sportello e le Raggiunsi.

Quando mi videro rimasero un po’ sorprese.

Iniziai a parlare con loro, usai questa scusa per vedere se riuscivo a trovare qualche prova che le potesse indirizzare sulla scena del crimine.

Bingo!

Su uno dei tacchi delle ragazze c erano delle macchioline rosse, ero sicuro che quello fosse sangue.

Quelle puttane! La macchina dietro la casa era la loro, volevano incastrarmi!

Una delle due si accorse che mi ero fissato a esaminare la scarpa, senza farsi vedere fece cenno all' amica e trovando una scusa entrarono in macchina.

Mi chiesero se avevo ancora bisogno di un passaggio.

Non potevo farmi sfuggire quell' occasione.

Dissi di sì e montai in macchina.

Vagammo per qualche ora, questa volta le due rimasero in silenzio per tutto il viaggio.

Quando ci trovammo in un punto abbastanza isolato decisero di accostare.

Uscirono velocemente dalla macchina, e con violenza tirarono fuori anche me.

Aprirono il portabagagli, la prima cosa che mi giunse all’ occhio furono i vestiti sporchi di sangue.

Subito dopo una di loro prese una valigetta, al suo interno vi erano dei coltelli simili a quelli di un macellaio, ovviamente erano le armi che avevano usato per uccidere quella povera ragazza.
Inorridì.

Tirarono fuori anche una mazza in legno, mi iniziarono a colpire ripetutamente con essa, rimasi in silenzio per tutto il tempo, non emanai neanche un lamento.

Iniziarono a inveirmi contro, dissero che ero stato una brava pedina, avevo fatto più di quello che si aspettavano.

Ridendo aggiunsero che non credevano sarei riuscito ad ammazzare anche il marito di quella piccola puttana.

Al suono di quella frase rabbrividii, cosa avevo fatto!

Avevo ucciso un innocente.

In quel momento mi tornarono in mente le parole che la ragazza mi aveva sussurrato con voce strozzataSalva mio marito".

Il mio viso fu rigato da una goccia d acqua, iniziò a piovere.

Una delle ragazze mi fece una foto con il suo cellulare.

Nella mia testa scattò qualcosa, la rabbia saliva sempre di più, non riuscì più a trattenermi.

Cercai di rimettermi in piedi, alzai lo sguardo, il mio viso si specchiava su uno dei vetri della macchina, in mezzo al sangue vidi i miei occhi, erano pieni d odio proprio come lo erano quelli di mio padre.

Le ragazze risero vedendomi barcollare, cercarono di darmi un’altra bastonata, ma riuscì a bloccare l arma, con forza gliela sfilai dalle mani e a mia volta le colpì in modo da farle svenire.

Le legai e imbavagliai a degli alberi, dovevano pagare per quello che avevano fatto.

Le misi una difronte all’ altra.

Mi avvicinai alla macchina, presi un coltello.

Aspettai fino a quando entrambe non si svegliarono.

storia di un ragazzo senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora