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Si svegliò.

Un battito di ciglia servì per farle mettere a fuoco la situazione ed era abbastanza strano dato che ogni persona ci mette un po' per rendersi conto di cosa la circonda appena sveglia ma lei era diversa. Loro erano diversi.

Una scarica la folgorò da capo a piedi. Durò tutto qualche millesimo di secondo ma nonostante ciò fu talmente doloroso che la fece contorcere e urlare per la disperazione.

Le mani si muovevano, le gambe anche, ogni parte del suo corpo si muoveva e poteva respirare. Era andato tutto come previsto dai dati raccolti, lei rispecchiava le qualità necessarie per diventare una giocatrice e ora era finalmente in funzione.

Era già vestita, la sua tutina nera le fasciava alla perfezione ogni parte del corpo e la pistola era prontamente riposta all'interno della tasca dei suoi pantaloni, bastavano alcuni semplici passaggi e già era carica per poter essere utilizzata. I capelli corti erano raccolti in un codino basso e molti ciuffi ribelli le ricadevano sulla faccia.

Era ancora stesa in realtà e i suoi vestiti erano zuppi di una sostanza azzurra contenuta nella capsula dove si trovava ancora chiusa. Questa sostanza stava pian piano sparendo risucchiata da un tubo di scappamento e l'aria rarefatta e consumata che un altro tubo immetteva nella capsula le fece storcere le narici, erano mesi che il suo corpo non respirava aria normale.

Il rumore di una serratura che si apriva la fece tornare concentrata, dopo qualche scatto il portellone della capsula si aprì e lei balzò subito fuori spaventata. Ma ciò di cui avrebbe dovuto avere paura non era di certo lì con lei, le sarebbe bastato mettere un solo piedi fuori dalla struttura in cui si trovava e sarebbero stati guai.

Si guardò attorno affannata, l'ossigeno che stava respirando le stava bruciando i polmoni.

Era tutto buio introno a lei, solo una debole luce che trapelava da una finestra illuminava la stanza o, per meglio dire, la cella che ancora la teneva rinchiusa.

La corvina si mosse disperata verso una chiave che era riuscita ad adocchiare attaccata ad una parete. La afferrò e con le mani tremanti provò ad aprire la serratura dal cancello della cella. Riuscì ad uscire ma appena lasciò la presa da sopra le sbarre sentì le gambe farsi molli e cadde rovinosamente in terra.

Si era appena svegliata, erano normali certi effetti collaterali, ci avrebbe messo qualche minuto prima di essere del tutto pronta per il collaudo.

Portò le mani per terra e stringendo i denti riuscì a rimettersi in piedi ma le mancò il respiro non appena si rese conto delle altre cinque celle affianco alla sua. Queste cinque celle erano aperte e all'interno non c'era nessuno se non altre cinque capsule come la sua, cinque capsule vuote come la sua in quel momento.

Era una scena raccapricciante perché le pareti erano luride e per terra vi erano soltanto strati e strati di polvere, c'erano anche alcune macchie di quello che sembrava essere sangue.

Sangue.

Come faceva a sapere cose simili? In realtà lei sapeva tutto, le avevano solo prosciugato i ricordi che aveva della sua famiglia, della sua vita prima di essere rapita.

Era come dover vivere da capo senza conoscere nessuno.

Stremata si appoggiò ad una parete respirando disperatamente quell'aria rarefatta che sembrava sempre più ucciderla dentro.

Chiuse per qualche minuto gli occhi. Una serie di immagini le stavano riempiendo la mente una dopo l'altra, era come se stesse per esplodere ma i dati parlavano chiaro, avrebbe resistito anche a quella tortura e ne sarebbe uscita incolume.

I suoi occhi si spalancarono appena le immagini nella sua testa terminarono, si sentiva stranamente rinata, le erano tornate le forze e non riusciva a capacitarsene.

Play With You || hwang hyunjinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora