PROLOGO

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Una goccia toccò la pelle umida.

Il vento soffiava sulla carne aperta che spurgava sangue infetto da pus.

I gemiti in lontananza riecheggiavano nella stanza abbandonata e gelida.

Un ratto stava camminando indisturbato sopra un tubo rotto dove fuoriuscivano i liquami.

Una voce flebile, stava cantando una melodia. Quelle canzoni che vengono imparate a memoria quando si è al'asilo.

"Ho mangiato troppi dolci la mia mamma non voleva e ora ho... Il mal di denti!" Il verso aveva un tono da bambino "Ma ho paura del dentista perché è grosso a più non posso e poi usa quel suo trapano lucente!"

Una mano premette il tasto per avviare il trapano elettrico.

"Ogni volta che lo vedo sento che mi batte il cuore e mi tremano le gambe!"

La punta del trapano bucò la carne, una pressione più forte e si conficcò nelle ossa. Ci fu un rantolo dall'altra parte, un fremito che scosse tutto il corpo.

"Dentista Colw, dentista Colw!" La voce si fece più roca.

La sua opera era quasi al completo, mancavano solo poche ore all'sorgere dell'alba e fuori pioveva, non aveva smesso da giorni, il che indicava che l'inverno stava arrivando.

Appoggiò il trapano sul tavolo. Il corpo era immobile, disteso, aperto in due, le viscere che fuoriuscivano ancora calde, doveva asportare tutto, pulire bene l'interno, senza lasciare traccia. Poi avrebbe pensato al volto, ma adesso doveva pensare ad abbellire la corporatura di quel giovane ragazzo che aveva conosciuto un paio di ore prima.

Era stato facile convincerlo. Che ingenuo!

Il ragazzo lo aveva seguito senza esitare.

Prese le interiora e le spostò in un secchio, ci mise un paio di ore ad asportare tutto, ed ogni cosa la conservava in un congelatore.

Svuotata la carcassa, si dedicò al volto, la sua opera era ormai al completo.

La sua preda era un giovane studente di medicina, voleva fare esperienza come volontario nelle terre dell'Africa o in Amazzonia. Insomma era semplice sfruttare quegli elementi per creare una storia straziante, soprattutto anche per la sua cicatrice, quel tipo gli aveva chiesto subito della sua vecchia ferita.

Mise via tutti gli arnesi.

Ecco. Aveva finito.

Fece il giro del tavolo, prese il telecomando per alzare il corpo ,che ancora prima aveva appeso a degli arpioni, e lo sollevò.

Era perfetto.

Era la sua opera.

Ora poteva esporla. Ancora un po' e avrebbe smesso di piovere, il tempo stava migliorando a CityWhite.

Che bella giornata lo aspettava.

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