Si sta bene, credetemi.

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Mi alzo, con mia mamma che mi urla in faccia dicendomi che è tardi e devo andare a scuola. Nemmeno il tempo di vestirmi e di fare colazione che sono gia catapultata fuori in macchina con Tommy. Oh cazzo, Tommy! 

Si, proprio quel ragazzo misterioso che si mette a parlare di solitudine nel bel mezzo di una conversazione. Credo che uno psicologo non gli faccia poi così male.

La prima ora passa in fretta, anche la seconda. Oggi ho solamente tre materie poi posso scappare a casa a ingozzarmi di cibo e di netlix per tutto il pomeriggio. Ma purtroppo qualcosa rovina i miei piani: la verifica di scienze.

Il tempo che la prof entri in classe, che ci dice di dividere i banchi e sistemare carta e penna in vista. Io non sapevo dell'esistenza di questo test, tantomeno non pensavo di doverne sostenere uno il secondo giorno di scuola. Avevo passato tutta la notte a parlare con quel coglione del "Piccolo principe" e fumare sigarette nel pianerottolo davanti casa mia. Scienze era l'ultimo dei miei problemi, credetemi. 

Fatto sta che prendo F e la mia giornata si rovina in un battito di ciglia. Torno a casa a piedi, nonostante i miei amici mi abbiano proposto tante volte un passaggio. 

"Che giornata di merda" urlo aprendo il cancello, ignorante del fatto che mia mamma fosse a casa e non a lavoro. 

E' sempre stata una persona molto esigente, pretende che io prenda voti ottimi a scuola, nonostante il fatto che la devo cambiare praticamente ogni mese e di conseguenza perdo metà del programma. Per questo motivo tendo a evitare discorsi riguardo a questo e sopratutto cerco di tenerla fuori dalla mia vita da studente. 

"Niente mamma, semplicemente mi sono svegliata male" recitare ormai è all'ordine del giorno.

"Va bene Hannah. Comunque prego siediti a tavola che io e papà ti dobbiamo parlare"

Questa frase la sentivo ogni volta che dovevo partire, in poche parole mi dicevano: prepara le valigie che ce ne andiamo. 

"Come sai papà deve sempre andare via per questioni di lavoro.." ed ecco che inizia con la sua frase tipica. Ormai la conosco a memoria, sembra registrata e messa a punto per ogni volta che mi deve annunciare cose importanti. E continuo, imitandola.

"Inizia a preparare le valigie che si parte stasera o domani, dai non essere triste, il posto è stupendo, sopratutto la casa con la vista sul mare" 

"Amore, aspetta" mi interrompe mio babbo "fai finire mamma di parlare"

"Abbiamo riflettuto tantissimo. Ci siamo ritrovati davanti a due scelte e abbiamo constatato che la seconda è migliore, sopratutto per te. Papà ha deciso di prendere una quota dell'azienda dove lavora e diventarne socio."

"Oh wow, e quindi che significa? Di nuovo ho anche il babbo imprenditore, oltre al paese in cui andremo a stare?"

"Che abbiamo un papà imprenditore è vero" dice mia madre "ma la differenza sta che ora deve lavorare nella sede, lavoro fisso e indeterminato".

Io non realizzo ancora  quel che mi starà per dire, mi sono fermata a "socio azienda" e tutte queste parole tecniche di cui non conosco il significato.

"Rimaniamo qua, per sempre".

Mi ci vuole un minuto pieno per capire cosa ha appena detto. Mi infurio come una iena: la città non mi piace, la scuola fa ancor di più cagare e le persone sono delle merde. Soprattutto quel cretino di Tommy che pensa di prendersi gioco di me attraverso concetti filosofici da università di letteratura classica. 

Me ne vado via sbattendo la porta della cucina e lasciando tutto il cibo in tavola.

"Però certo che una cosa nella vostra vita potevate farla bene: scegliere una città bella tipo" urlo. 

I miei genitori non mi rispondono. Hanno capito che controbbattere non risolve più nulla.

 Devo ammettere che non mi va mai bene niente e ho sempre qualcosa da ridire. Ormai si sono abituati. Se mi avessero detto che ce ne saremmo andati, avrei fatto la stessa scenata, rimproverandoli del fatto che non sanno mai stare fermi in un posto, ma devono cambiare vita esclusivamente per i loro interessi. 

Per una volta nella vita mi fermo a riflettere. E rifletto per tutto il giorno. Spengo il cellulare e qualsiasi connessione con il mondo esterno è disconnessa. Mi rifugio nel mio balcone e mi accendo una sigaretta. Tira un venticello leggero che mi accarezza la pelle, il fumo si disperde nel cielo, padroneggiato da stelle possenti. Nulla è più come prima, nulla sarà mai come prima. E' tutto così diverso. Mi mancava passare le notti sveglia ad osservare ciò che mi circonda, senza dire: "chissà quando ci rivedremo."

Al mio 16esimo compleanno, ho spento le candele con l'intenzione di esprimere un desiderio che mi appariva, all'epoca, così impossibile, surreale. Chiedevo una casa, una famiglia e degli amici degni di essere chiamati tali. Non volevo aggiungere un altro paese alla lista di quelli in cui sono dovuta abitare, ma nominarlo finalmente casa.

Sono passati esattamente sei mesi da quel desiderio, e ora si sta avverrando. Incredibile? A dir poco. 

Ad un certo punto mi inizio a sentir bene, butto il mozzicone e rientro a casa. Sono già le 10 di sera. Decido di andare dai miei e chiedergli scusa del mio comportamento. Decido di mettere da parte l'orgoglio. 

Ogni tanto fatelo anche voi, si sta bene. Credetemi. 



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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 26, 2020 ⏰

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