-Così come il nocciolo del frutto deve rompersi perché il suo cuore possa esporsi al sole, così dovete conoscere voi il dolore-

L'ambulanza arriva cinque minuti dopo averla chiamata.

Io sono ancora inginocchiata vicino al ragazzo che a stento tiene gli occhi aperti.

"Ascoltami. Devi restare sveglio" gli dico quasi implorandolo. "Guardami cazzo"

Le sirene dell'ambulanza e della polizia sono sempre più forti.

"Stanno a-arrivando?" mi chiede il ragazzo. Subito dopo sviene.

Comincio ad andare nel panico.
I medici aprono i portellone dell'ambulanza e scaricano una barella.

"Come sta?" mi chiedono loro.

"Sta di merda, non lo vedete?" gli rispondo piangendo.

"Sei una parente? La sua ragazza?"

"Non lo ho mai visto in vita mia" dico all'infermiera.

"Ok, ce ne occupiamo noi...ehm...ti serve una coperta?" mi chiede guardando il mio busto scoperto.

"Si, ti ringrazio" le rispondo imbarazzata.
Noto anche che la mia maglietta è intrisa di sangue del ragazzo, beh non importa.

Prendo la coperta che la ragazza mi ha offerto e guardo l'ambulanza accendere le sirene e andarsene.

Decido di tornare a casa anche se so che mi beccherò una bella punizione, non importa, penso tra me e me.

Arrivo a casa e trovo Marisa e Sergio che mi aspettano seduti intorno all'isola in cucina.

"Dobbiamo parlarti" mi dice Sergio con serietà.

Non hanno notato che sono solo in reggiseno. Non so come, ma grazie a Dio è così.

"Non ci penso neanche" mi affretto a rispondere.

"E invece si signorina, noi ti abbiamo cresciuta, abbiamo pagato un migliaio di psicologi per risolvere i tuoi problemi mentali, abbiamo diritto a due minuti per parlare con te!" sbraita Marisa.

"Oh! Adesso pensate che sia io la ritardata qui? Vi ricordate di quando mia sorella era viva e di quanto voi PESSIMI genitori tenevate a lei? Di come l'avete venduta senza pensarci un attimo? Voi due siete da manicomio!" non penso di essere mai stata così furente in vita mia.

Loro mi guardano arrabbiati ma evidentemente non sapevano cosa dirmi. Sergio fece per dire qualcosa ma richiuse subito la bocca.

"Non hai diritto di parlarci così! Fila in camera tua e stasera qui cibo non ne prendi neanche un grammo!"

"Ma sai quanto me ne frega del tuo cibo, stronza!"

Sergio si avvicina e mi da uno schiaffo.
Appoggio la mano sulla mia guancia arrossata dalla botta e una lacrima mi scende dall'occhio sinistro.

"Va bene rinfacciarci tutto quello che è successo a tua sorella e il resto, ma non puoi insultare tua madre in questo modo!" mi grida puntando i un dito contro.

Me ne vado in camera mia e entro nel bagno collegata a questa.

Mi sciacquo la guancia rosso fuoco e mi metto a piangere.

Visto che sono ancora in reggiseno decido di farmi una doccia.
L'acqua scende lungo il mio corpo dandomi la possibilità di rilassarmi un po'. Mi ritornano in mente i momenti appena passati e l'argomento discusso. Mia sorella. Piango. Prendo la lametta dall'armadietto sopra il lavandino e mi faccio un taglio non troppo profondo, ma che mi fa venire una specie di grido di dolore  soffocato dall'acqua.

La felicità di un momentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora