III

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Una settimana dopo quella conversazione ambigua che gli aveva lasciato i postumi attaccati alla pelle e incastrati fra i pensieri, Levi ed Eren non avevano più parlato, o almeno non in privato e in quella maniera stramba fatta di tocchi fugaci ed esasperanti e sguardi troppo magnetici. E il maggiore era dannatamente, completamente bloccato davanti al microfono e costretto a docce fredde ogni mattina prima di andare a lavoro per calmare i bollori.

Non c'era verso che andasse avanti col copione, e di certo i sospiri esausti di Armin e le provocazioni di Hanji non erano un toccasana per quel suo stato di agitazione interna e paranoia costante che gli imponeva un fermo. Ancor meno, lo erano i gemiti di Eren e i suoi atteggiamenti.

Sempre impeccabilmente vestito con pantaloni che si facevano ogni giorno più stretti e capaci di lasciare ben poco all' immaginazione già fervida e maliziosa del corvino, abbinati a canottiere aderenti che lasciavano completamente scoperta la curva bronzea delle clavicole e i muscoli deliziosamente scolpiti delle braccia; l'alternativa erano sottilissime camicie in lino semi-trasparenti che oltre a distrarlo più del consueto, rischiavano davvero di farlo impazzire.

Era esattamente per quello e per la voce di miele che si trovava colata addosso, viscosa e dolcissima come sciroppo e peccaminosa più dei suoi pensieri, che Levi aveva informato i colleghi di soffrire di pressione bassa.

Era facile scaricare tutte le colpe sulla balla colossale dell'ipotensione e sul caldo torrido che non gli dava tregua, conveniente potersi recare in bagno quando voleva per buttarsi acqua fresca sul viso e prendersi una pausa dai gemiti di Eren con la scusa di doversi riprendere, facendo calmare le sue erezioni dolorose con una buona dose di respiri profondi e autocontrollo. E ad ogni momento di stacco era sempre più atroce tornare nella sala di registrazione ed essere nuovamente investito da quei suoni dolci che gli mandavano completamente in pappa gli ormoni e lo riducevano ad un'afona statua di sale quando arrivava il suo turno sul copione, costringendolo a levarsi le cuffie e stropicciarsi gli occhi per la frustrazione. Erano esattamente quei momenti che gli facevano girare la testa per i contatti che Eren tentava, sfiorandogli le braccia e la parte bassa della schiena e sussurrandogli che non doveva preoccuparsi, che non era assolutamente un problema che la voce gli rimanesse incastrata nella gola, che ci avrebbero riprovato anche infinite volte se fosse stato necessario.

Levi pensava a tutto quello dopo l'ennesima mattinata di tentativi falliti e l'ennesimo bentō riposto nel piccolo frigo della sala comune completamente pieno, intatto. Era una settimana che non toccava il pranzo e che a malapena riusciva a cenare, talmente la consapevolezza di essere una zavorra – l'inutile peso che teneva lo studio di registrazione fisso e in un punto da cui lui non riusciva a muovere un passo, impantanato nelle sabbie mobili che erano gli occhi impossibili di Eren – lo faceva sentire con l'acqua alla gola e gli stringeva il petto d'ansia. Stomaco chiuso e debolezza ai muscoli lo rendevano costantemente stanco e fiacco, e di tanto in tanto dubitava anche che il karma gliela stesse facendo pagare per quella bugia che nascondeva risvolti poco innocenti e che avesse davvero iniziato a soffrire di pressione bassa. Non ne sarebbe rimasto nemmeno stupito, visto il poco cibo che riusciva a piluccare durante la giornata.

Era un fascio di nervi tesi, intrattabile e ruvido forse anche più del solito. Quel suo fermo esasperante sul lavoro gli toglieva il sonno e la capacità di lasciarsi andare alle poche ore di candido e placido riposo che la sua insonnia gli concedeva, gli rendeva la lingua ancora più tagliente nel rivolgere insulti gratuiti a mezza bocca a quel nido di rondine mancato di Floch ogni volta che lo incrociava per i corridoi. Quell'imbecille patentato non aveva nemmeno avuto la decenza di accettare a testa bassa il rifiuto di Eren e di tenere quella sua boccaccia chiusa, e non faceva altro che ammiccare civettuolo al castano e rivolgergli pessime battute d'abbordaggio probabilmente lette sul peggior blog su internet che si professava miracoloso nei corteggiamenti cinque minuti prima. Chiamarlo ridicolo sarebbe stato un complimento alla sua disperata inettitudine sociale.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 18, 2020 ⏰

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