CAPITOLO 1

425 17 3
                                    


2018, che anno strano. No, strano no, direi più singolare. Uno di quelli che iniziano con tranquillità, adagio; in cui decidi di non fare chissà quali progetti. Magari ti prefissi di metterti a dieta, di mettere a posto alcuni pezzi della tua vita o, per lo meno, di provarci. Di certo non mi sarei mai aspettato di ritrovarmi dove poi sono arrivato, in balia degli eventi. Ma arriviamoci per gradi. Il 2018 iniziò come ogni altro anno: a Roma, con la mia famiglia, o almeno parte di essa. Non avevo pensieri spiacevoli ad incatenarmi a qualche senso di angoscia recondita, non avevo paure legate ad un possibile futuro e avevo ancora quella parvenza di libertà che giustificava la mia spensieratezza. Ma il futuro primo o poi arriva, non importa se dopo qualche secondo, domani o dopo mesi, esso arriva sempre. E si presentò, dopo alcuni mesi, con le fattezze di un uomo che in passato avevo già conosciuto in varie occasioni. Pasquale Ruocco era uno di quei personaggi di cui spesso mi chiedevo il motivo della propria esistenza. Uomo di bell'espetto, giovanile, dal costante e irritante sorriso sornione; uno di quelli che avrei preferito tenermi lontano il più possibile. Eppure lui, con quell'aria da eterno ragazzo, portava sulle spalle le sorti di un intero partito politico. Eh sì, cari miei, stiamo proprio parlando di politica. Pasquale non era di certo la persona più in vista nel Bel Paese, anzi, a dirla tutta, era propria la persona più nell'ombra del panorama politico, poiché a lui non piaceva mostrarsi, lui preferiva agire direttamente nel dietro le quinte. Lo conobbi diversi anni fa. Mi proposero come ministro della Pubblica Amministrazione per un possibile Governo, capitanato da Giustizia e Libertà, il famoso partito in cui il nostro Pasquale agiva animatamente. A fare il mio nome fu un mio ex collega, nonché futuro ministro di Giustizia. Ammetto che, all'epoca, non ero proprio allettato ad accettare un ruolo simile, soprattutto a causa della poca simpatia che riponevo nei confronti del suddetto movimento; ma poi, mosso dal senso del dovere, dalla voglia di cambiare qualcosa e forse dal mio insaziabile bisogno di soddisfare il mio ego, accettai. Il governo, ovviamente, non si fece più e la proposta che mi fecero cadde nel dimenticatoio; però rimasi comunque in contatto con loro, mi avvicinai ai loro ideali, mi interessai alle loro idee; sempre con la stessa curiosità che si può avere per delle creature rare. Giustizia e Libertà era un partito che si presentava come l'alternativa perfetta alle vecchie politiche, era il nuovo corso, e io ne rimasi involontariamente affascinato, talmente tanto, da festeggiare insieme a loro l'agognata vittoria alle elezioni di quell'anno. Il 2018, per l'appunto, che anno strano.

Ritornando a Pasquale, lui non era una persona qualunque all'interno del movimento, lui era la testa su cui si poggiava il suo più grande esponente: Carlo Del Vecchio, il più giovane politico sulla scena e colui che era destinato a diventare il più giovane Presidente del Consiglio italiano. L'uso del passato non è involontario, proprio perché Carlo a Palazzo Chigi non ci arrivò mai, non in quelle vesti almeno.

Ed è qui che giungo io, Gianluca Rizzo, di professione avvocato e al tempo anche professore, nell'enorme disegno degli eventi. Insegnavo all'Università di Pisa da una decina d'anni ormai, dopo diversi passati ad occupare cattedre provvisorie tra Roma e Bologna. Pisa era la mia casa, anche se le mie trasferte a Roma erano indispensabili sia per il mio ruolo di avvocato, a cui non potevo rinunciare, sia perché lì ci avevo lasciato parte del mio cuore, l'unica persona per cui avrei potuto lasciare tutto e buttare all'aria anche la mia reputazione: mia figlia, Angelica, la mia bambina.

Fare il professore mi soddisfaceva molto di più di arringare nei vari Fori di Giustizia. Trasmettere il mio sapere, frutto di tanti anni di sacrifici e di sudore buttato sui libri, a quelle giovani menti che mi guardavano con rispetto e riverenza, mi appagava tanto più che portarsi a casa un caso vincente. Le aule erano i miei tribunali, gli studenti erano i miei clienti e giudici; ed è proprio in uno di quei tribunali che venni a conoscenza della mia sentenza. Stavo spiegando, sotto gli occhi assonnati di un centinaio di ragazzi del primo anno, la classificazione delle Norme Giuridiche, quando vidi entrare dalla porta principale, Pasquale Ruocco, che silenziosamente si andò a sedere su una delle sedie libere disponibili. Per tutta la lezione mi osservava a fasi alternate con le sue iridi chiare, mentre con estrema serietà snocciolavo le Norme Relative e cercavo, molte volte fallendo, di evitare di incontrare i suoi occhi. Al termine della lezione, dopo che tutti gli studenti furono spariti, lo vidi avvicinarsi alla mia cattedra.

Tutte le volte che ho visto il sole nascereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora