7. Adattamento

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Doccia, trucco e parrucco, stivaletti, leggins e maglia semplice. Questa ero io. Amavo guardarmi allo specchio, soprattutto truccata e in tiro. Era da tanto che non mi sentivo così euforica, e chissà se avrei incontrato qualcuno. Un ragazzo preferibilmente non morto, con atteggiamenti super mascolini e una voce calda e profonda. Mi sentii con Peppe e ci organizzammo per le sette di sera. Avvisati tutti, uscii da casa con giacca e borsa e chiusi la porta a chiave. Passarono cinquanta secondi e Peppe era lì, più perfetto che mai con il suo ciuffo rosso sempre più ribelle e i suoi occhi verdi fluorescenti nell'oscurità. «Signorina, lei è una figa da urlo!» esclamò il rossino dai lineamenti androgeni. Risi eccitata e m'infilai subito nella sua Atos rossa. «allora, Mr. Dexter, dove andiamo?» «Il mio cognome è Satta, e adesso andiamo nel villino di un nostro compagno, Sam, e ci divertiamo un po'.» sorrise concentrato sempre sulla strada. «Pensavo fosse un caffè, ma, ci sto!» Arrivati al villino, cominciarono a uscire un sacco di ragazzi e sentivo la musica fin dalla macchina. Peppe mi afferrò per mano e ci avviammo verso l'entrata. «Buonaseraaa!» Il rossino effemminato si mise a salutare tutti con fierezza e poi mi presentò. Rividi tutti i miei compagni di classe e altri della mia scuola. «Haley, lui è Samuele.» davanti mi si presentò un ragazzo altissimo, il proprietario della casa, pelato con gli occhi piccoli ma intensi, cavolo, sarà tipo un metro e novanta! Pensai. «Chiamami Sam.» sorrise il gigante. Finite tutte le presentazioni potei notare di nuovo il compagno spavaldo, la compagna snob, e quella buffona. L'atmosfera era calorosa e si stava benissimo tutti in compagnia. La casa era piccola ma accogliente. C'erano due stanze da letto, la cucina, il bagno e il giardino. Eravamo quasi tutti concentrati in cucina, ci raccontammo barzellette e facemmo diversi giochi di memoria per sciogliere il ghiaccio. Poi ci sedemmo tutti a terra e cominciò il gioco della bottiglia, giusto per proseguire con una serata "sobria", pensai. Non mancava nulla quella sera. C'era alcool in abbondanza e i ragazzi erano simpaticissimi. «Tesoro, cosa beviamo?» Peppe era divertitissimo e in preda agli ormoni. Prese bottiglie come vodka liscia, sambuca e tequila e fece tre bicchieri per me e per lui. Ero felicissima, volevo soltanto pensare a divertirmi, a sfogarmi, e stare con Peppe. Serate come quelle richiedevano obbligatoriamente un po' d'inibizione, quindi vaffanculo! Pensai. Pensai a Claire, il primo sorso, a James, secondo sorso, a Patty, terzo sorso, a Jake, quarto sorso; pensai al New Jersey, alla mia vecchia scuola, ai miei vecchi amici. Tutto via, tutto lontano da qui, da me, dalla mia nuova vita. Sentivo soltanto le note di "Mama Said Knock You Out" di LL Cool J, e mi feci trasportare dalla canzone. Cominciai ad ancheggiare a occhi socchiusi e in maniera sensuale con Peppe, lui beveva ancora e mi contagiava. Poi Sam cambiò canzone e tra la confusione capii che aveva messo "Feel so close" di Calvin Harris e lì impazzii. Mi scatenai come non avevo mai fatto, non avevo mai ballato cosi. Peppe mi strinse e mi guardava lupeggiante muovendo il bacino col mio stesso verso. Strinsi le mie braccia a lui e continuammo a ballare sorridendo e bevendo come degli alcolizzati. La musica rallentava e anche noi rallentavamo... stanco e affaticato, Peppe si avvicinò ancora di più a me, il suo naso era sul mio e il suo respiro era sul mio viso. Gli permisi di avvicinarsi ancora di più, vidi il suo modo di approccio decisamente goffo ma carino, fino a che le nostre labbra non si fusero in una sola e le nostre mani se ne andarono dappertutto. Quando la musica cessò, le nostre inibizioni cessarono con lei. Vidi Sam avviarsi in una delle camere della casa; Peppe staccò furiosamente le braccia dalla mia schiena, mi guardò imbarazzato e si precipitò nella stessa camera. «Wow, devi proprio baciare male per averlo fatto scappare così.» la buffona della classe aveva visto tutto e si mise a ghignare. La musica era iniziata di nuovo ed io avevo bisogno di un po' d'aria, soprattutto dopo il commento della buffona. Prima serata, piena sera o notte fonda? Non lo capivo, non avevo più la cognizione del tempo, ma la cosa non mi dispiaceva. Il cielo di Settembre era stellatissimo e la temperatura era gradevole. Chiusi gli occhi e sospirai dell'aria pulita appoggiandomi alla balconata che affacciava su un'aiuola un po' trascurata. «Ti chiedo scusa per poco fa» una ragazza molto in carne si appoggiò al balcone e mi offrì uno spinello, era la buffona della classe, pronta per togliersi la maschoera forse? «Tranquilla, in fondo mi sono posta lo stesso dubbio tuo» dissi prendendo la canna con due dita e tentando di fare due tiri senza affogare. «Non abbiamo mai visto Peppe fare effusioni in pubblico con una ragazza, tu sei la prima.» si riprese la canna dalle mie mani e facendo delle tirate impressionanti. Rimasi basita davanti alla resistenza all'alcool e alle droghe da parte dei miei coetanei. Ma tornando a Peppe, ero davvero la prima ragazza che baciava? Oppure era soltanto un tipo timido che odiava i baci in pubblico? «Beh, non era nulla. Eravamo solo in preda all'alcool.» ridacchiai nervosamente sperando che la buffona non mi prendesse per zoccola. «scusa ma non ricordo il tuo nome.» dissi infine. «Sono Amanda, ecco tieni.» lo spinello era quasi finito e mi lasciò gli ultimi due tiri per poi sparire anche lei. La stanchezza cominciava a farsi sentire, tornai dentro e vidi alcuni giocare ancora al gioco della bottiglia e alcuni che si raccontavano storielle seduti a cerchio. Mi unii a loro riposando gambe, mente e fiato. Cercai di rilassarmi aspettando che Peppe si fosse calmato e sarebbe tornato da me. «Sì, erano due fratelli, scemo!» «No, erano solo amici, te lo dico io!» sentivo due miei compagni bisticciare e curiosa aprii gli occhi e ascoltai i loro discorsi. «Uno era un bravissimo ragazzo, esageratamente ben educato, sempre sorridente, e il fratello era completamente l'opposto. Era un delinquente dello Zen di Palermo e ogni sera ne combinava una più grossa dell'altra, sempre con la faccia da prendere a schiaffi. Una notte si è trascinato il fratellino da qualche parte, non mi ricordo... Amanda ti ricordi?» «Una notte, il più grande doveva andare a giocare a poker con gli amici ed è rimasto coinvolto in una rissa spiacevole. Sono morte tre persone, picciotti! Non scherziamo con le cose serie» Ancora più incuriosita, cercai di capire il senso del discorso e m'intrufolai. «ma si può sapere di chi state parlando?» chiesi confusa. «Haley, oh, piccola, dolce, straniera, Haley. Sei in Sicilia, adesso, precisamente a Palermo, è diverso dal New Jersey. Palermo è la città più spettacolare che possa esistere al mondo, ma ci sono persone che la rendono uno schifo.» il playboy della classe mi cinse un braccio nella spalla e annuì come se io avessi capito. «Quindi niente... » il playboy prese una torcia e se la puntò accesa verso il viso, «questi due fratelli, si dice, vagano ancora per le strade dello Zen in cerca di anime con cui sfogarsi. Fluttuano nel quartiere in cui sono morti, prosciugando tutto ciò che li circonda» poi abbozzò una risatina malefica e si alzò. «Coraggio, ragazzi, diamo una pulita e addormentiamoci, domani c'è scuola». Lui e il resto dei ragazzi si alzarono e cominciarono a rassettare. Io non riuscivo a fare a meno di pensare a questi due delinquenti che avrebbero potuto spuntarmi davanti da un momento all'altro, ma sicuramente, la storia raccontata dal mio compagno era al 90% una bufala, una di quelle storie che si raccontano in momenti così, quindi mi consolai. Mi alzai da terra e andai a cercare Peppe, che stranamente non era ancora uscito da quella stanza, e nemmeno Sam l'aveva fatto. Bussai alla porta. «Pè, tutto ok? Torniamo a casa, dai.» dissi aspettando che mi aprisse. Peppe si era ripreso. Finalmente di nuovo in tiro, con i suoi capelli perfetti e la sua pelle pulita e fine. «Sam si è addormentato, lo rivedremo domani» mi sorrise, mi prese per mano, salutammo tutti e corremmo verso la macchina. Dopo qualche minuto di silenzio ed imbarazzo, appoggiai la mia mano sulla mano di Peppe, che a sua volta era appoggiata sul freno a mano. Lo guardai intensamente, cercando di non sembrare troppo invadente o fastidiosamente intrigante. «Posso sapere cosa ti è successo stasera?» chiesi al rossino. In fondo c’eravamo conosciuti soltanto oggi. Sì, c'era stata intesa dall'inizio fino a che non ci ritrovammo avvinghiati in qualcosa che non doveva succedere, non stasera almeno. Ma non c'era motivo di scappare e non farsi vedere per tutti quei minuti. C'era qualcosa sotto. Peppe non mi rispondeva, non mi guardava, continuava a guidare e a guardare la strada concentrato. «Amanda mi ha detto che sono la prima ragazza con cui sei stato visto in pubblico.» dissi sperando di aver fatto scattare qualcosa. «Haley, non parliamone più, è stata una cazzata» Peppe aveva ricominciato a parlarmi? Dev'essere davvero scattato qualcosa con la mia ultima frase. «Voglio soltanto capire se è colpa mia, puoi dirmelo, non mi offendo, siamo amici no? Sei adorabile, il primo che si è degnato di parlarmi a scuola, e non ho intenzione di lasciarti scappare» sorrisi sincera e afferrai di nuovo la sua mano. Peppe frenò e si accostò in una stradina di Palermo. Sbuffò esasperato, come se qualcosa stesse per uscirgli dalla bocca e con la consapevolezza, forse, che l'istante dopo se ne sarebbe pentito. «Se ti dico una cosa, prometti di non dirlo a nessuno? A nessuno, Haley. Prometti!» i suoi occhi verdi cercarono speranza nel mio viso, e a quanto pare la trovarono. «Io... sono gay.» Perché non ero sorpresa? Aveva dei lineamenti splendidamente androgeni, una voce vellutata, corpo, viso e capelli perfettamente curati, e atteggiamenti leggermente effemminati. Potevo averlo notato subito, ma pensavo fossero solo caratteristiche estetiche. Ok, Peppe era gay. «E perché me lo dici con quest'aria afflitta? Il tuo segreto resta con me. Sinceramente mi avevi fatto venire dubbi su come bacio, non si scappa così da una signora!» gli detti un leggero spintone sul braccio ridacchiando. «Non sono per niente afflitto. Sono gay e ne vado fiero e sono stupidamente innamorato. Semplicemente non voglio che la cosa esca adesso. Fra nove mesi sarò diplomato e potrò farmi una vita fuori da questa città. C'è tempo per fare coming out» I suoi occhi s’illuminarono, il suo viso si rilassò e passammo gli ultimi quindici minuti a chiarirci. Adesso era tutto perfetto, Peppe mi accompagnò a casa e ci saremmo visti domani a scuola. Ah, casa dolce casa, pensai. Mi mancavano già le mie comodità e la mia famiglia, che oggi avevo visto di rado. Emy era a letto più bella che mai, e mia mamma e Paolo erano chiusi in camera, non ci pensai nemmeno due volte a non bussare, cosi mi diressi nella mia stanza e mi spogliai. Il letto mi chiamava. Mia mamma mi aveva cambiato le lenzuola e trovai un meraviglioso piumoncino fuxia sul materasso. Dopo aver tolto il trucco e fatto una doccia tonificante mi gettai sul letto in cerca di comodità. Finalmente dopo una serata di alcool e ballo, cercavo soltanto quiete e relax. Chiusi gli occhi. «Haleyyy» Si riaprirono di scatto. Non avevo nemmeno preso la giusta posizione. Sentivo freddo e mi coprii fino alla testa. Chi poteva avermi chiamato in piena notte? «Haleyyy». Era un sussurro pesante. Alzai la testa cercando di capire chi mi avesse chiamato. Sentivo questo sospiro, questa leggera voce, questa sensazione di disagio. Mi guardai intorno impaurita, incapace di accendere la luce. Pietra. Decisi di stare sotto le coperte sperando di addormentarmi e svegliarmi di giorno. «Haley... » Questa volta la voce era più riconoscibile. Era una voce umana, non un mostro. Poteva anche essere quel bastardello di Pietro. Strizzai gli occhi e accesi la luce. Decisi di farmi più coraggio e mi alzai. La sensazione si faceva sempre più intensa. Disagio, brividi, ma allo stesso tempo, inspiegabilmente, mi sentivo eccitata, euforica. Dovevo capire chi fosse, e se avessi scoperto che era Pietro, sarebbe stato un modo per rinfacciarglielo ogni volta che ne avrei avuto l'occasione. Sempre più sveglia, adesso mi ritrovavo vicino la porta della stanza. «Haley!» La porta si aprì e si chiuse, e improvvisamente non ero più in piedi, non ero più vicino la porta, non ero più coraggiosa come qualche istante prima, ma soprattutto, quello davanti a me non era Pietro.

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