Tonno

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La prima volta che vidi Francesco fu in un bar del centro città. Ero lì con la mia migliore amica sin dai tempi delle elementari e, a parte lei, non conoscevo nessun altro. Recentemente avevamo deciso di cambiare gruppo di amici, staccandoci dalla nostra vecchia compagnia e aggregandoci a questi nuovi ragazzi da poco conosciuti.

Ero particolarmente in ansia, dato che, la mia amica, aveva già avuto modo di incontrarli altre volte, e, da quanto capii, di entrare in sintonia con loro. Mentre io, in quel frangente, mi sentivo totalmente fuori luogo. E incredibilmente silenziosa.

"Ti adoreranno tesoro, basta che tu non faccia scena muta! Fammi un sorrisone..."

Mi prese a forza gli angoli della bocca e lì mi scappò una risata. Sapeva sempre come prendermi, lei.

Finalmente arrivarono anche gli altri: tre ragazzi e due ragazze. Si presentarono e mi misero subito a mio agio.

"Tonno arriva tra poco."

"Tonno..?" sussurrai.

"Sì, è un nostro amico. Ha scritto che stava avendo problemi a trovare parcheggio."

Ordinammo dei caffè e iniziammo a parlare, scherzare e devo dire che, l'imbarazzo si dileguò immediatamente. Furono davvero carini nei miei confronti, non potrei dimenticarmelo.

Uno dei ragazzi della compagnia, nel mezzo della conversazione, si girò e fischiò verso quello che, credevo, essere il vuoto.

"Giornata di merda."

Si sedette in maniera scomposta sull'unica poltroncina rimasta libera.

"Oh che fai, non ti presenti nemmeno?" Mi indicarono e io, lì, abbozzai un sorriso.

"Ah, ciao. Chi cazzo me ne gira una al volo?"

Fui completamente ignorata. E continuò ad ignorarmi per tutto il pomeriggio, a differenza degli altri ragazzi. Non mi fece una buona impressione e, a giudicare dalla loro reazione, anche gli altri non si aspettavano un comportamento del genere da lui.

Cercando un vago tentativo per scusare il suo comportamento, una delle ragazze lì presenti, alla fine del nostro incontro, esortò:" Tonno, visto che sei stato così scontroso con lei oggi, offrile un passaggio fino a casa col tuo bolide."

Lui la fissò e rise. "Col cazzo!"

Lo sguardo fulminante della ragazza gli fece, però, cambiare idea.

"Dai, vieni con me."

Iniziò ad incamminarsi molto velocemente verso un motorino azzurro. Non uno sguardo, non una parola.

"Dove abiti?"

"Via Solferino."

"Cazzo, ma è dall'altra parte della città".  Pareva parecchio irritato.

"Almeno ce l'hai un casco? No? Vabbè, tieni il mio guarda."

Montai in sella e per metà del tragitto entrambi non proferimmo parola.

"Ma perché ti fai chiamare Tonno?"

Girò leggermente il viso. I biondi capelli gli caddero sulle guance.

"E' un'abbreviazione del mio cognome, Toneatti."

Mi portò fin sotto casa e lì, lo salutai.

"Grazie mille per il casco, è stato davvero gentile da parte tua..."
"Figurati, non avrei mai potuto portarti senza."
Fece partire nuovamente il motore.

"Comunque, piacere: Francesco."

Mi sorrise e sgasò rumorosamente.

Ammetto che lo pensai per tutta la serata. Era così diverso dai ragazzi che, di solito, mi colpivano. Eppure aveva un fascino tale da farmi dimenticare persino le mie remore.

Da lì in poi cominciai a frequentare abitualmente la nuova compagnia e, di conseguenza, Tonno.

Piano piano si sciolse nei miei confronti, tanto che, avevamo preso un'abitudine: dopo ogni uscita, lui mi riportava a casa con la moto.

Il 31 Ottobre decidemmo di passare Halloween tutti insieme: ci trovammo nella casa di una delle ragazze e portammo un sacco di alcool per passare la serata.

Iniziammo a bere, e bere, e bere ancora. Vodka, Rum, Gin scorrevano nelle nostre gole e nemmeno una goccia rimaneva nei bicchieri di plastica rovinati.

Io ero particolarmente fuori di me, ma Tonno ancor di più. A metà serata si sedette vicino a me e, tra una risata e l'altra non perdeva l'occasione di abbracciarmi. Iniziò poi a darmi alcuni baci sul collo e, quando gli altri stapparono l'ennesima bottiglia di prosecco, mi portò lontano da loro, e iniziò a baciarmi.

A quel bacio ne susseguirono molti altri e, poco prima di Natale, iniziammo a portare avanti una relazione. Se avessi mai dovuto confrontare il Tonno che mi parlò per la prima volta, scontroso e irritato, con quello che, in quel momento, avevo al mio fianco, non avrei mai potuto crederci.

Avevo con me il ragazzo più premuroso e dolce del mondo. E ogni giorno, con lui, sembrava una favola.

Comprai anche un casco per me, per ogni volta che lui mi portava in giro in moto. Mi stringevo alla sua schiena e, in quei momenti, sembrava che il tempo si fermasse, che le mie mani si fondessero con il suo petto, che i suoi occhi fossero ancora più blu e profondi di quanto già non lo fossero, facendomi precipitare nel vuoto dei lampioni che, la sera, ci indicavano la strada di casa.

Continuò così per tanto tempo, o almeno per quanto bastava a farmi credere di essere completamente innamorata di lui.

Poi, però, qualcosa cambiò. I pomeriggi passati insieme erano sempre più rari, la strada verso casa sempre più corta. Le battute a cui ridevo non venivano più pronunciate e il suo sorriso si perse sempre più nello schermo di un telefono, piuttosto che sulle mie labbra.

Cercai di capire quale fosse la mia colpa. E mi ribellai, provai ad essere più presente, più attraente, più aperta, più simpatica... Più.

Ma continuai ad essere meno.

E fui così meno, che, come in una banalissima operazione matematica, decise di sostituirmi con un'altra variabile conosciuta tramite social.

E io diventai un'incognita.

Mi lasciò l'otto aprile, dicendomi che non provava più nulla per me.

Non ebbi nemmeno la forza di piangere, o di tirargli un pugno sul petto, di abbracciarlo o di urlargli in faccia il perché mi facesse ciò.

Fui lì, immobile. Speravo fosse un momento passeggero, speravo che mi prendesse per mano chiedendomi dove avessi lasciato il casco, speravo che mi abbracciasse, baciasse per un'ultima volta, una sola, mentre mi passava una mano tra i capelli e l'altra che sfiorava delicamente la guancia come fece la prima volta che mi portò a vedere l'alba.

Si incamminò dal lato opposto della strada, mise in moto e partì.

Ed è vero che eravamo piccoli, ingenui, che il primo amore non si scorda mai ma col tempo passa tutto, che l'innamoramento vero lo capisci solo come diventi adulto, che l'adolescenza è il periodo più bello della vita ma anche i venti non sono male, che come si chiude una porta si apre un portone.

O forse si rimane in un corridoio buio, cercando disperatamente le chiavi, bussando fino a farsi sanguinare le nocche e provando a sfondare la porta.

Magari, dopo che ci si arrende a cercare Francescodietro la porta chiusa, gli occhi si abituano al buio corridoio, si iniziano avedere le ombre, ci si riesce ad orientare e si intravede uno spiraglio di lucetrapelare dal fondo

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 05, 2020 ⏰

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