Come poteva esser mai giunto a quel cruciale punto? Ancora come poteva osare di credere e spergiurare, Spandam, di non trovarsi niente di meno che in un sollazzo a riprova di sogno?
Difficile afferrar risposta. Tutto, alla fine, dai suoi stessi occhi grigio ciano ai medesimi suoi sensi adesso in fermento e tremuli al disotto delle labbra e delle mani così esperte dell'altra, pur con ogni raziocinio ancor lavorante e sicuro d'esser colto in frode, pareva non far che urlare al miraggio, alla più completa impossibilità dell'esser rocambolato nel Vero e nell'indiscusso.
Eppure così era, ed egli lì allettato stava, comodo e disteso al proprio letto, il gilet e la camicia a sufficienza privati dei bottoni, gli occhi rilassati e appena schiusi, restii a permettere alla figura d'angelo e passione di quella donna di cedersi al nullo delle palpebre serrate, il corpo vergine in balia di quei sorrisi zuccherosi e potenti, capaci come pochi di sciogliere le sue membra e consentir al piacer puro e unico della diafana pelle delle sue braccia di tremar di vita e goduria verso ogni bacio sul collo, sulla guancia ancora in vista e chissà ancor dove; Kalifa sopra, presente; vera e palese, così vera da non poter esser un sogno, proprio no.
Così vera da non poterne godere soltanto a metà, con gli occhi chiusi, in esilio dal Paradiso ora presente e sensazionale.
Così vera e bella e squisita da dover essere guardata in tutto il suo splendore orfano, pena altrimenti di non goderne affatto.
Un bacio rapido, umido, goffo, impaziente, e Spandam la cinse a sé, ormai vinto. «Kalifa...» sussurrò con voce incrinata, incredulo d'aver profferito proprio lui quel nome.
Era stato proprio lui, poi? Era stato proprio Spandam, quello disteso, con le mani in esplorazione sulla via degli snelli fianchi di lei, ad aver recato in verbo quel nome di donna inarrivabile? Erano proprio sue, quelle guance che ora scottavano? Era suo, quel ritmo forsennato al posto del petto, lancinante e afrodisiaca melodia? Tremò e la baciò ancora, maldestro; disperato.
«L'aspettavo... da tempo...»
Kalifa s'interruppe di colpo, ignorando quelle parole. «Ha troppa fretta, Direttore. Non si fa così» disse invece. «Lasci fare a me, sì? La guido io. Ecco... così... va molto meglio... No; di nuovo no, Direttore... Insieme... un po' alla volta...»
Kalifa Recitava, era chiaro. Chiunque se ne sarebbe reso conto; ma Spandam era tutt'occhi per lei, ancora tremante, le mani finalmente private dei guanti in ruota libera a carezzarle le spalle, i capelli, ignaro di tutto lo scherno e i reali disprezzi celati oltre le quinte della farsa inscenata.
Quei capelli, quegli occhi così sospesi fra il blu e il violetto... Il cuore in bilico, pompò d'un sentimento contrastante, mai prima provato ma bello, terribilmente bello. Sussurrò il suo nome, rubandole un altro bacio.
Ignaro d'esser per davvero vittima di una scommessa da quattro soldi.
Ignaro del vero disgusto di Kalifa nei suoi riguardi.
Ignaro di tutte le risate che i suoi agenti avrebbero sputato in seguito, prendendosi beffa di quell'uomo vile, sfortunato.
Ma pur sempre uomo.
«Direttore... così no, le ho detto...»
«Solo... solo Spandam, per te...»
«Direttore...»
«Siamo qualcosa in più adesso.. non credi?»
«...Sul serio?»
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||Spandam entra in un Caffè. Splash.
Fanfic. . . . . . .Raccolta di monologhi su Spandam... uno dei miei personaggi preferiti di One Piece per molte ragioni.