Ciao! Questo è un racconto breve che arriva dritto al punto, che almeno ci spera.
Breve, conciso, diretto.
Ho ideato tutto in modo da lasciar da parte ogni cosa a favore del messaggio che il racconto mira a lanciare.
Spero vi piaccia, è stato un po' un gioco per me ma sono soddisfatta del risultato e mi piacerebbe condividerlo con voi!❤
Buona lettura!Cammino senza sosta. Cerco di sfuggire al presente, al passato, al futuro. Eppure non riesco a non guardarmi indietro, lo sto facendo continuamente. Avrà smesso di seguirmi?
Non ne potevo veramente più, non mi ha mollata da quando ho messo piede in ospedale questa mattina. Ora sembrerebbe finita; è sera e sto tornando a casa con una stupida piantina morta in mano, me l'ha mollata lui dicendo che mia nonna volesse così.
Un leggero vento smuove i miei capelli scuri e il sole mi acceca leggermente mentre cammino a passo svelto.
Mi ricorda le fresche giornate estive di quando ero piccola, serena e spensierata, adesso invece sono paragonabile a una gelida giornata invernale, peggio dei giorni della Merla.
Il mio cuore inizia a battere forte a causa del passo sostenuto, ma prima posso rinchiudermi in casa meglio è: la sensazione che provo quando sono lontana da questo mondo orrendo e dalle persone che lo abitano mi fa stare meno peggio di come sto.«Elena, sei tu? Fermati!»
Beh, almeno non è lui.
La sua voce quasi rimbomba in questa strada completamente vuota, in un attimo rivivo tutti i nostri momenti, chiamiamoli anche felici, ma non provo nulla.
Totale indifferenza per quella che credevo fosse una delle tante persone importanti della mia vita e che, dopo averle donato tutta me stessa, ha trovato un giochino più divertente e mi ha messa da parte.
«Cosa vuoi?»
Mi volto e guardo la mia amica d'infanzia come se fosse una qualsiasi donna che cammina per la mia strada.
Tentenna, abbassa la testa sconvolta dall'apatia del mio sguardo, tanto forte da essere impossibile sostenerla.
«Ho saputo di tua nonna, mi spiace», rivolge uno sguardo alla piantina, lei sa cosa rappresentava per mia nonna e cosa aveva iniziato a significare per me.
Prima che possa pronunciare qualsiasi altra frase patetica di convenienza, la stronco con un: «Che gentile».
Giro gli occhi verso l'alto e ricomincio a camminare, fiera del sarcasmo che sono riuscita a racchiudere in sole due parole.
«Se hai bisogno di una spalla...» la sua voce si sente a stento, questa insicurezza quasi mi provoca fastidio.
«No, sto bene sola», la interrompo subito, girandomi di poco. Avrei voluto ignorarla di sana pianta e continuare a camminare, ma la pena è troppa.
«Ma stai piangendo...»
Cazzo, è vero. Me ne rendo conto solo adesso. Un rivolo mi solca lo zigomo, il fresco che lascia a contatto con questo venticello fastidio sa di rabbia, schifo e ribrezzo.
«Non mi interessa di mia nonna», mi asciugo velocemente e mi giro dall'altra parte.
«E allora perché piangi?»
Ma perché insiste così tanto? Mi ricordo a malapena come si chiama. Mi rigiro di poco, il mio sguardo è vuoto e i passi tornano veloci, voglio staccare la spina e allontanarmi da questa situazione di merda.
«Non mi ha lasciato niente», dico tagliente. Un sorrisetto la zittisce, finalmente posso levarmela di dosso.
Il suo viso piccolo e minuto si abbassa, si fa ancora più insignificante di quanto già non sia.
«Come hai fatto a diventare così insensibile?»
«Chiunque può», rispondo, ormai distante metri da lei.
La strada che sto percorrendo è vuota e pare infinita, ma per fortuna adesso sono da sola.Il sole inizia a calare.
Mi piace il buio, tutti dormono e nessuno dà fastidio. Non mi preoccupo di vedere lo stato della mia ex amica, sarà tornata a casa sua a piangere probabilmente.
Bionda e stupida.
Cammino per un po'; la macchina che avevo ora non c'è più, ho fatto un incidente poco tempo fa.«Scusami, potresti aiutarmi con la spesa?»
La voce irritante di una trentenne, tre bambini che urlano e quattro buste di plastica colme; mi supplica con lo sguardo. Avrà fatto compere al minimarket qua vicino.
Il vento non sta aiutando neanche lei, che continua a cercare di spostare le ciocche di capelli sfregando il viso contro le spalle e urla ai bambini di stare lontani dalla strada, visto che non può strattonarli vicino a sé.
«No.»
«Come?»
«Ho detto di no. Si arrangi».
Non sento la sua risposta che già sono lontana.
Se una persona non è capace di tenere dei bambini, semplicemente non ne fa.
Quanto vorrei che anche mia madre e mio padre l'avessero pensata così, mi avrebbe risparmiato questa vita, questa voglia di essere altrove, qualcun'altra, diversa.
Poteva anche darmi a una famiglia migliore, poteva abortire, poteva fare così tante cose per darmi la possibilità di avere qualcosa di meglio di... questo.Un'anziana che abita in una villetta a schiera, dall'altra parte della mia via, mi saluta quando ormai sono sulla soglia della porta di casa. Faccio finta di niente e mi dirigo verso il mio portico spoglio; ma perché proprio oggi devo entrare in contatto con così tanti inutili?
Mi ricorda molto mia nonna, era una sua amica; proprio su questo portico si sedevano sfruttando l'ombra fornita dalla quercia che abbiamo in giardino e, mentre si dondolavano sul dondolo, sorseggiavano un tè caldo e sparlavano degli abitanti di questo inutile paesino.
La sento cadere mentre prova a raggiungermi, probabilmente per fare delle pietose condoglianze. Grida di dolore mentre prova a rialzarsi, ma non la guardo nemmeno e oltrepasso la porta di casa.
Mille messaggi da parte della famiglia, non mi interessa. Fa anche strano pensare a questa gente come famiglia, non ci sono mai stati per me e hanno sempre preferito fare altro, trascurarmi sembrava la loro priorità.
Non mi sono mai sentita a casa con loro, non mi sono mai sentita accettata o a mio agio... dovrei quindi pensare a loro come "famiglia"?Attraverso il salotto e passo davanti la camera ormai vuota della nonna per poi chiudermi in bagno, come se ci fosse qualcuno che potesse disturbare.
Sono sola in questa casa come nel mondo.
Il telefono squilla dal momento in cui entro in doccia fino al momento in cui esco, incessantemente.
"Mamma", "Papà", "Chiara", "Sorella", quasi alternati.
Mia madre però è quella più insistente; rispondo a lei dopo aver fissato scocciata il telefono per un bel po'.《Cosa vuoi?》
《Mia madre si è spenta in ospedale ed è tutto quello che sai dire?》 Singhiozza.
《Era vecchia》
《Era anche l'unica che ha avuto la forza di prenderti con sé nel tuo periodo adolescenziale》
In un attimo rivivo la mia adolescenza vuota, senza una famiglia, degli amici o qualcosa che mi desse un motivo di non credere di non meritare di esistere.
La rabbia monta in me, come si permette di dire queste parole?
《Brava, ricorda a te stessa lo schifo che fai》
《Mi merito questo solo perché ho iniziato a fare più turni in ufficio?》
Non rispondo neanche.《Elena, ti prego》
《Cosa》
《Torna a casa》 dice piano.
《Non ho bisogno di voi》
《Elena non è questione, è che ci manchi, rivogliamo qua la nostra bambina, recuperiamo i rapporti, tua sorella soffre senza di te》
《La bambina è cresciuta, ormai》
《Forse troppo in fretta, torna a casa... recuperiamo i rapporti》
Inizio a fare avanti e indietro per tutto il salotto, quasi a creare un solco.
《Scordatelo》
《È quello che nonna avrebbe sempre voluto, almeno fallo per lei》 mi implora.
La lascio parlare senza quasi ascoltare, mentre mi dirigo nella mia camera.
《Forse tra un annetto sarà successo il miracolo e non ti odierò più, chi lo sa?》
《Per favore...》
Non tollero più la sua voce, attacco il telefono e lo spengo.Davanti a me una foto di famiglia, sorridiamo tutti.
La fisso, la contemplo, la odio, la ribalto in modo da non vederla più.
I lunghi capelli biondi di mia madre, il suo sorriso perfettamente dritto e bianco, il suo stile sempre elegante e impeccabile; il suo carattere sempre così solare che man mano ho dimenticato, vedendola sempre meno tra le mura domestiche, perché ha rovinato tutto?Decido di tornare la me di sempre, quella che ormai poco importa dei suoi sentimenti e di quelli degli altri; e vado in camera mia.
Finalmente letto. Buio. Pace.
Dormo come un sasso, anche se dopo diversi minuti ferma a fissare il soffitto in cerca di qualcosa che possa riempire la mia anima.
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𝑪𝒉𝒊𝒖𝒏𝒒𝒖𝒆 𝑷𝒖𝒐̀ [𝑪𝒐𝒎𝒑𝒍𝒆𝒕𝒂]
Short StoryQuanto può cambiare la vita di una ragazza, quando un giorno si sveglia convinta che tutto il tempo che trascorre a portare avanti i valori in cui crede non ne valga più la pena? Perché combattere il mondo, quando farne parte è più facile? Diventa c...