Guardavo tremante il mio ragazzo steso a terra, il colore defluiva con rapidità allarmante dal suo viso, non potevo muovermi ero paralizzata dalla paura.
"Sara" aveva una voce fredda, graffiata dal dolore così debole da farsi scambiare per il sussurro del vento. Eppure così dolce e familiare.
Caddi in ginocchio accanto a lui.
"Non te ne andare, non lasciarmi qui…" anche la mia voce era rotta dal terrore e così implorante come non l’avevo mai sentita.
"Sara… ascoltami, devo andare. Accetta la mia morte e vai avanti…"
"Non posso! Come pretendi che possa andare avanti? Come posso vivere senza di te al mio fianco? Al massimo potrei sopravvivere ma nulla avrà più senso. Preferisco mettere fine alla mia vita piuttosto che…".
"Non puoi farlo… ti prego… pensa a me come se fossi il tuo angelo custode, ti aiuterà a superare il dolore".
"…e se non riuscissi a sopportare…?" fui scossa da un violento brivido e le lacrime mi rigarono le guancie esangui.
"Io sarò sempre con te… Sempre…" la vita abbandonò i suoi occhi che persero il loro scintillio bronzeo.
Un urlo crebbe dal profondo del mio cuore e lo liberai sfogando le lacrime in un pianto disperato finché, dopo ore, un nuovo pensiero prese il sopravvento su quello della morte del mio ragazzo e, lentamente, i fiumi che si scatenavano dai miei occhi si ridussero fino quasi a scomparire. Mi alzai sulle gambe malferme e mi diressi verso la cucina. Ascoltai i miei passi ovattati sul vecchio tappeto persiano, il respiro incredibilmente calmo e regolare. Guardai il mio riflesso nello specchio, avevo i capelli neri appiccicati alle guancie bagnate, gli occhi rossi e un aspetto sconvolto. Nello sguardo una durezza assurda mi turbò l’anima.
Aprii un cassetto e trovai l’impugnatura di un coltello da cucina. La lama chiamava la mia pelle, la mia carne e in testa non pensavo a niente, una sola parola rimbombava minacciosa: Suicidio.
Appoggiarla punta del coltello sul polso spinsi un po’ la lama e un rivolo di liquido caldo sporcò il filo della lama e parte dell’elsa. Ebbi un attimo di esitazione ripensando alle parole del mio amore “va avanti”
Di nuovo le lacrime mi offuscarono la vista ed io cercai altro dolore strofinando l’acciaio freddo sul braccio.
Persi i sensi.
***
"Signor Smith… la cura non funziona… sta avendo una ricaduta".
Un ragazzo dal fisico slanciato con i capelli e le sopracciglia scuri, quasi neri, aveva preso la parola… Andrea. Armeggiava allarmato con un computer portatile che aveva sistemato all’entrata della cella. "Non vuole ammettere di aver ucciso lei quel ragazzo quella sera… con quel coltello".
Un leggero grugnito rivelò la presenza di un altro uomo. La sua figura tarchiata era avvolta in un camice bianco.
"Farebbe meglio a occuparsi di pazienti con più speranze, signore".
Erano i due dottori che mi erano stati assegnati anni fa. Da tempo infinito giravano nell’edificio accusandomi di assurdità. Non sarei mai riuscita a confonderli. O a dimenticarli.
Ora basta. Dovevo farli andare via. Parlai, di nuovo dopo tanto tempo. "Non l’ho ucciso io".
Il ragazzo si girò verso di me, forse sorpreso nel sentire la mia voce. "Cosa?"
Guardavo i suoi occhi increduli che m’imploravano silenziosamente si parlare ancora.
"Tentavo di suicidarmi quando siete entrati voi… il sangue sul coltello non era del mio ragazzo…" abbassai gli occhi perché dirlo ad alta voce mi ricordava la verità.
"Ammettere la verità sarà più facile, Sara…".
"Questa è la verità." parlai chiaramente e con asprezza.
"Reagisci Sara! Ammettilo. Sarà più facile… te lo prometto"
Non voleva credermi, pensava fossi pazza. "Ascoltami –lo guardai negli occhi- cosa ci guadagnerei a mentire? Che io sia in prigione o in questo manicomio non mi cambierà assolutamente niente".
Andrea si girò verso il Dottore dandomi le spalle. Scosse lentamente la testa e, a un suo segno, Smith fece una faccia seccata.
L’attenzione del ragazzo tornò su di me e mi parlò ancora, con la sua voce di miele "Se lo ammetti sarai fuori in un battito di ciglia"
Non era vero, lo sapevo bene. Sorrisi amaramente senza crederci affatto. "Mi credete pazza, vero? Non mi lascerete mai andare"
Si avvicinò incerto sul da farsi "Non è vero –mi passò una mano sulla guancia, un tocco caldo e leggero che ormai avevo dimenticato, lì dentro- vedrai, si sistemerà tutto, basta solo dire di si"
"Non toccarmi… -gli lanciai un’occhiata velenosa- non mentirò per compiacervi".
Lo vidi stringere i denti in un’espressione crucciata.
"Ti prego…" una lacrima solitaria gli brillò sul viso e una fitta di rimorso mi attanagliò lo stomaco. Lasciai che i capelli andassero davanti agli occhi proteggendo il mio sguardo da quello di entrambi gli intrusi "Andatevene. Subito".
Il ragazzo mi guardò fisso per qualche minuto, in un silenzio carico di rancore poi abbassò lo sguardo. " ’fanculo. Ci morirai qui dentro" uscì dalla stanza sbattendosi la porta alle spalle. Il Dottore mi rivolse un sorriso crudele e uscì con calma spietata. Da fuori sentii una voce "RADDOPPIATE LA DOSE, ci riproveremo domani".

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Behind the glass
RomansQuanto può resistere una ragazza dopo essere stata accusata di aver ucciso il suo amore segreto? Saprà mantenere la mente lucida in un manicomio malato? Capirà l'inganno nella quale è caduta o soccomberà sotto il peso di un'atroce verità?