Capitolo 2: Legami indissolubili.

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La Guardiana era stata portata in un'altra ala della casa. Le sue ferite erano molto gravi e mio fratello Samil aveva scoperto di doverla operare al meglio su due piedi perché aveva un'emorragia in corso dovuta ad una lama rimasta per metà all'interno della carne all'altezza del fianco destro. Io ero rimasta nel salone d'ingresso con i due sconosciuti. I miei fratelli non mi avevano chiesto di seguirli, né io l'avrei fatto se fosse stato così. Sapevano che non volevo avere niente a che fare con quella razza discendente dagli angeli. Era da circa due ore che tutti erano spariti e nessuno era venuto a dire niente. Regnava il silenzio più assoluto e io quasi provavo pace in una situazione d'emergenza tale. Ero seduta su una sedia con le gambe incrociate e poggiate sul tavolo, incurante dell'immagine che davo di me ai Guardiani e che poco si addiceva ad una donna. Io non ero solo una donna in quel momento, ero la guardia di due prede che se ne stavano sedute sul divano di pelle nera di fronte. Non avevano detto una parola da quando gli altri avevano lasciato la stanza. Dovevo riconoscere che, per quanto li considerassi poco più in alto nella scala della feccia rispetto ai Mordor, quei due avevano un modo molto elegante di reagire al dolore evidente che avevano dentro. L'anziano tra i due aveva le mani poggiate sulle ginocchia che gli reggevano la testa, non l'aveva rialzata mai. Il giovane mi guardava impassibile, come io lui. Ero la padrona di casa lì, era il mio territorio quello, dovevano capire chi comandava. Mio padre mi aveva sempre detto che per testare il dolore degli esseri li si doveva portare al limite e vedere quanto resistevano. Era una lezione che avevo ben imparato a mie spese nella vita. Mi stavo preparando a fargli assaggiare un'altra mia capacità psichica quando la porta che dava sul lungo corridoio che collegava l'intera casa si aprì. Apparvero Azar e Percival, con i vestiti coperti di sangue e scuri in volto. Mi fecero un cenno ed io mi alzai velocemente.

-Andiamo di là.- Disse risoluto Percy. Io gli lanciai uno sguardo contrariato e lui capì al volo. –Non c'è motivo di preoccuparsi, la zona sarà sigillata non appena saremo dietro la porta da Azar.- Annuii, così i due Guardiani ci avrebbero pensato due volte se avessero avuto l'intenzione di scappare.

-Keiden, controllali e non esitare ad attaccarli se ce ne dovesse essere l'occasione.- Dissi al lupo che si era seduto con uno sguardo attento in un angolo. Lui si mise subito sull'attenti. Ci incamminammo facendo la loro strada al contrario. Solo quando fummo all'altezza della porta una voce parlò alle nostre spalle.

-Mia sorella è viva?- I miei fratelli si scambiarono uno sguardo significativo ma prima che uno dei due potesse dire qualcosa li anticipai.

-Vi conviene non fare scherzi se volete scoprirlo.- Il ragazzo che aveva parlato indurì l'espressione e mi lanciò uno sguardo di puro odio. Io gli sorrisi sarcastica e seguii gli altri due nel corridoio. Una volta che Azar ebbe sigillato l'ambiente che avevamo lasciato tramite allarmi, telecamere e roba simile raggiungemmo gli altri in infermeria dove avevamo ricreato quasi un piccolo ospedale in miniatura. La ragazza giaceva ancora sul tavolo operatorio che avevamo nella zona sterile, adesso coperta da un lenzuolo bianco e fasciata in parte sulle braccia e sul collo. Non poteva averla ridotta così mio fratello, non potevo crederci, per quanto odiassi io stessa i Guardiani, ridurla in quel modo dimostrava una forza spietata e brutale. A Taygher di certo la potenza non mancava ma non potevo credere che mio fratello, forse il più dolce, se così potevo azzardarmi a chiamarlo, tra noi avesse attaccato quella ragazza.  Guardandola ora, incosciente e ignara di tutto ciò che le era attorno, sembrava quasi serena e così minuta, fragile. Noi ci fermammo nell'anticamera per continuare ad osservarla dal vetro e chiarire la situazione.  Samil aveva un'aria tirata e stravolta sul volto.

-Quale è la sentenza?- Chiesi secca, per interrompere quel silenzio così pesante. Taygher fissava un punto indefinito dell'armadietto dietro Percy, senza guardare verso la parete trasparente. Samil sospirò e mi aggiornò.

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