Capitolo 1.

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L'estate stava finendo.
Il vento pungente di fine Agosto iniziava a portare poco alla volta gli odori dell'autunno: odore di foglie secche, di pioggia e di tempeste. Anche i colori sarebbero cambiati da lì a qualche settimana. Il verde degli alberi sarebbe sparito, lasciando spazio al rosso, al giallo, all'arancione e al marrone. Colori caldi portati dalla natura, forse nella speranza di riparare ogni specie, uomini ed animali, dal freddo, come una madre protettrice. In quel giorno di fine estate, più precisamente il 29 Agosto, l'unica cosa rossa lungo la via principale che collegava Tremonto al faro di Porto Arancio, piccola località dispersa e dimenticata nel mondo, era il pick-up rosso mattone del 2005 di Cesare Cantelli. Il ragazzo tamburellava con le dita sul volante, a ritmo della canzone dei Rolling Stones che la radio proponeva, passandosi ogni tanto la mano sinistra, piena di anelli, tra i capelli.

Era solo lungo la strada, spensierato, dopo una giornata perfetta. Non gli importa che fosse ormai Domenica sera e che di lì a poche ore si sarebbe dovuto alzare per andare al lavoro. Non era importante in quel momento perché, dopotutto, era ancora il tramonto e aveva la prospettiva di una bellissima serata giù alla baita di Nic con il resto del gruppo.

Prima però doveva fermarsi al faro per fare un piacere a suo zio.
Quel faro che ormai da due anni odiava.
Quel faro che rappresentava tutto quello che aveva perso, tutto quello che non era riuscito a proteggere, tutto il suo fallimento.

Il faro di Porto Arancio era di proprietà comunale, ma fin dalla sua costruzione, nel 1893, fu la sua famiglia a custodirlo. Incarico per niente semplice o irrilevante in quanto il custode non poteva mai davvero lasciare la sua postazione, soprattutto di notte; grazie al cielo quell'onere toccava a suo zio.
Non lo invidiava minimamente, lui probabilmente non sarebbe sopravvissuto nemmeno una settimana al faro, sopratutto dopo quell'evento che cambiò completamene la sua vita e se stesso; perciò fu estremamente grato di lavorare nella seconda attività di famiglia.
I Cantelli si occupavano anche della produzione di barche.

Si diceva che fossero le migliori di tutto lo stato nel corso degli anni ebbero l'opportunità di produrne diverse commissionate da personaggi davvero importanti nel mondo dello spettacolo. Ma questo a Cesare non importava: ciò che davvero contava era poter restare immerso nella natura pura del suo piccolo angolo di mondo, lontano da quel faro che gli mozzava il respiro ogni volta che ci posava lo sguardo.

Il pick-up iniziò a rallentare proprio mentre la canzone finiva.

Il ragazzo accostò nello spiazzo vicino al faro e prima di spegnere il motore guardò all'orizzonte.
Il sole era ormai basso, quasi inghiottito completamente dal mare, di un arancione acceso. Nel cielo, di un'infinità di sfumature che andavano dall'arancio tenue nell'alone intorno al sole e sfumavano delicatamente arrivando al rosa e al lilla per passare, più in alto, a una sfumatura tenue di blu, neanche una nuvola. Un paesaggio così differente da quello dei giorni precedenti quando l'uragano Sandy aveva travolto con la sua forza tutta la costa orientale dell'isola in cui si trovavano.
Lì, a Tremonto, la forza dell'uragano era arrivata sfumata, proprio come i colori del tramonto che aveva Cesare sotto agli occhi.
Una tempesta, molto forte, ma solo una tempesta. Niente che i cittadini non potessero affrontare.
L'indomani avrebbe dovuto lavorare molto al porto, insieme alla sua squadra e ai volontari per liberare il porto da tutti i detriti che Sandy aveva trascinato attraverso il mare, ma dopotutto non erano problemi seri.
Era grato che non avesse causato molti danni, almeno, non nel suo piccolo paesino.

Adorava vivere in quella piccola bolla d'orata che era Tremonto. Una realtà semplice, genuina, fuori dal mondo. Benché molte volte gli stesse stretta, a causa dei pettegolezzi di paese e dei pregiudizi, le tradizioni, il ritmo della vita e la natura che lo circondava, non gli facevano desiderare di meglio.
Cesare sospirò, poi spense il motore, mentre dalla tasca della sua camicia di flanella scozzese rossa e verde, tirò fuori un pacchetto di sigarette. Ne prese una e, sempre guardando il tramonto davanti a lui, tirò fuori l'accendino giallo acceso dalla tasca posteriore dei jeans, sollevando il bacino per facilitare il movimento.
Ispirò distratto mentre accendeva la sigaretta, poi lasciò sul sedile del passeggero sia il pacchetto che l'accendino, prendendo invece il sacchetto bianco che aveva posizionato lì prima di partire.

La senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora