Capitolo 3.

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Strinse con forza il sacchetto di carta che portava nella mano sinistra. Al suo interno erano stati riposti con cura i vestiti con cui era stata ritrovata ormai una settimana prima; un pile azzurro, una maglia termica bianca, dei pantaloni da trekking grigi, due calze bianche di lana, una giacca antivento azzurra e un solo scarpone da trekking nero e bianco. Di questi la giacca e i pantaloni erano strappati in diversi punti. Nonostante ciò non aveva voluto che fossero buttati via; li voleva con se come ricordo di quello che aveva perso.
Era tutto ciò che possedeva della sua vecchia vita, perché nemmeno il ricordo era rimasto.

Guardava rapita ogni dettaglio di quella stanza nuova stringendo forte il sacchetto contenente quello che era stata.

Un passo, un semplice passo, e sarebbe entrata nella sua nuova camera.
Un passo e sarebbe entrata nella sua nuova vita, definitivamente.
Era tutto così bello, perfetto.

Un semplice sguardo l'aveva portata a notare il letto matrimoniale in legno, situato contro la parete sinistra, rivestito da una coperta rosa confetto, lo stesso colore usato per imbiancare i muri destro e sinistro della stanza. Il muro di fronte a lei e quello di ingresso erano invece ricoperti di assi di legno color noce.

Sulla parete destra invece una scrivania color nocciola e sopra essa due mensole.
Sulla mensola più bassa si notava subito un grande stereo nero con due casse. La seconda invece era piena di cd musicali.

Invece, sulla parete opposta all'ingresso era posizionato un armadio nell'angolo e al centro catturava l'attenzione una grande finestra che dava sul retro della casa. Un prato si estendeva per un centinaio di metri dove l'erba verde brillava intensa.
Sulla destra era parcheggiato un pick-up rosso mattone.
In fondo, fino a dove l'occhio poteva appoggiarsi col suo sguardo, alberi.

Alberi a dismisura, infiniti, illimitati. Una foresta di pini ed abeti di un verde scuro intenso e purificatore. Chissà quante notti avrebbe guardato fuori da quella finestra, seduta sulla cassapanca in legno di noce posizionata sotto quest'ultima.
Quante notti avrebbe letto un libro sotto quella finestra, al chiaro di luna?
Il solo pensiero le invase il cuore di pace e si calmò un po'. I battiti diminuirono, si ristabilizzarono.

Uno sguardo più attento le fece notare un comodino alla destra del letto e una sedia in legno alla sinistra. Strinse forte il sacchetto di carta, prese un profondo respiro e fissò la foresta fuori dalla finestra.

Un passo.
Uno solo.

Mise il piede destro davanti al sinistro ed entrò.

Respirò.

Lasciò cadere il sacchetto ai suoi piedi, così come la sua vecchia vita.

Ce l'aveva fatta.

Sì girò con un sorriso a vedere le persone che l'aspettavano sulla porta e mentre lo fece notò un particolare della stanza che non aveva visto. Sulla parete della porta, laterale rispetto al suo letto, c'era una libreria di quattro ripiani, piena di libri.

Cesare.

Era stato sicuramente lui ad aver insistito per metterla lì e per riempirla di tutti i libri possibili.

In quel mese si erano conosciuti di più e soprattutto avevano parlato di libri. A quanto pareva entrambi avevano quella passione; la lettura.

Lei scoprí, con sorpresa, di ricordare tutti i libri che aveva letto.
Ne fu felice.
Benché non ci fosse alcun ricordo concreto almeno il caso o la sorte qual si voglia le aveva lasciato i suoi libri: una delle cose che, ne era certa, aveva amato di più nella sua vita.

Lei e Cesare avevano passato un sacco di tempo a discutere delle poesie di Prévert o di Pascoli, a confrontarsi sui libri di filosofia e suoi romanzi.
Aveva scoperto che il ragazzo si era laureato ormai da tre anni in lettere e la cosa la affascinava. Amava parlare con lui di letteratura, porgli delle domande filosofiche o chiedergli qualche poesia o passo.
Eppure non capiva per quale motivo lui non insegnasse ma si dedicasse all'attività di famiglia.

La senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora