- La bambina -

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"Come hai potuto..."
"Come hai potuto?"
"Perché?! "
Queste domande ronzavano continuamente nella mente di Aurora Flankem mentre dormiva.
Si placarono lievemente dopo che lei voltò la testa a destra, ma tornarono più feroci quando la riportò sul lato sinistro del cuscino.
Aprì gli occhi castani di scatto, con il respiro irregolare e il cuore che le batteva velocemente nel petto.
Un sottile raggio di luna si insinuava nei spiragli della persiana della finestra alla sua sinistra, e illuminava fiocamente la camera da letto.
- D-di nuovo...- balbettò sconvolta fissando lo sguardo sul soffitto, ma senza vederlo veramente.
Quello di cui lei stava parlando, ormai ne era certa, si trattava di un vero e proprio incubo. Un incubo che però non mostrava nulla, se non quella voce...
Appoggiò un braccio sulla fronte, come per calmarsi, e provò a pensare ad altro con lo scopo di riaddormentarsi.
Infatti, se la sua vista funzionava a dovere nonostante fosse buio pesto, l'orologio digitale sul comodino affianco lampeggiava le quattro e mezza.
Fortunatamente era una ragazza con il sonno facile, bastarono cinque minuti affinché si assopì.

Alcune ore più tardi, quando la luce nella stanza divenne intensa, Aurora si alzò serena dal letto: non aveva riavuto quel terribile e indesiderato risveglio da parte del incubo.
Si infilò le morbide pantofole a forma di cane e si avvicinò allo specchio, appeso sopra il comò.
Il suo viso tondo e piccolo, la sua carnagione semi scura e i capelli (in quel momento scompigliati) castani, risposero alla sua espressione normale.
- Aurora, sei sveglia? - gridò una voce femminile dietro la porta chiusa.
Aurora si girò e, camminando a grandi passi per arrivare all'armadio, disse: - Sì mà, tra un poco scendo! -
Il tono severo della madre entrò nelle orecchie di Aurora mentre sceglieva dei vestiti da indossare per andare a scuola.
- Bene, il latte è già caldo. Ti conviene sbrigarti prima che perdi il pullman -
Si preparò in fretta e scese a fare colazione dopo aver riempito lo zaino con tutto il necessario.
La sua famiglia, composta da madre e padre, era riunita al tavolo e alla sua venuta le diedero il consueto "buon giorno". Aurora aveva dei buoni legami con essi, loro le volevano bene e sin da piccola le avevano sempre insegnato che il mondo era pieno di pericoli e che quindi doveva stare attenta quando girava per le strade.
Forse era per questo motivo che lei a volte li reputava un po' troppo protettivi e appiccicosi.
Tese la mano sul vassoio al centro e afferrò qualche biscotto semplice, i suoi preferiti, e lentamente li inzuppò nella sua tazza di latte.
- Di questo passo perderai il pullman! - esclamò la madre squadrandola.
Il padre, che stava sorseggiando il caffè, annuì guardandola anche lui.
Aurora sbuffò, convinta che volessero farla strozzare, e mangiò il biscotto.
Non aveva mai detto loro del incubo perché non voleva farli preoccupare.
Finita la colazione si precipitò alla porta principale ed uscì di casa.
L'aria mattutina della lontana Copenaghen si immerse nei suoi polmoni, facendole provare un brivido freddo su tutto il corpo. Il cielo era azzurro e lo splendido panorama che intravedeva attorno la lasciava costantemente di stucco. La loro abitazione era esattamente fuori dalla città, verso le campagne sovrastate da alcune collinette.
Perdendosi un attimo per rimirare le nuvole bianche, Aurora non sentì le ruote di un mezzo fermarsi sulla strada.
- Signorina -
L'autista del pullman giallo scuro, dal quale tubo emanava del fumo, attirò la sua attenzione sporgendosi dallo sportello automatico. Aurora, presa dall'imbarazzo, non riuscì a chiedere scusa per cui salì e sedette al primo posto libero, lo sguardo puntato sulle scarpe.
Man mano che il pullman avanzava, la città si avvicinava alla sua vista.
Il tragitto che eseguiva comprendeva varie viuzze e strade dalle quali avrebbe caricato altri studenti che, come lei, non avevano il passaggio.
Reggendo lo zaino a terra dalla cinta, Aurora guardava fuori dal finestrino rimuginando sulla prima lezione del giorno che all'Istituto Alberghiero avrebbe ascoltato.
Aveva da poco iniziato il suo secondo anno che già non vedeva l'ora venissero le vacanze di Natale.
Studiava normalmente, senza appesantirsi dai compiti, però desiderava che i professori la smettessero di interrogarla tanto solo perché era la seconda della classe.
Qualche minuto dopo, il rumore del pullman che si svuotava la scosse dai pensieri.
Aurora, spintonata dai ragazzi dietro, cercò di uscire issandosi la cartella in spalla.
Come ogni giornata di scuola, il brusio di alunni chiacchieroni era inevitabile nell'ingresso; e Aurora in tutto quell'ammasso se ne stava in disparte, aspettando il suono della campanella elettrica.

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