Capitolo 2 - Albus Silente

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Bran

20/06/1962 Hogsmeade

Il rumore della chiave che si muoveva nella toppa segnò la fine della ramanzina di Aberforth. Hagrid, così aveva detto di chiamarsi il gigante dalla barba scura, dopo averli trovati nella locanda li aveva di nuovo accompagnato alla Testa di Porco, dove l'aspettava Aberforth con gli occhi celesti che sembravano voler incenerire i due ragazzi. Questo si era messo a sproloquiare sull'avventatezza e la stupidità dei giovani, dopo di che li aveva trascinati su per la scala sotto gli occhi curiosi dei suoi clienti e li aveva chiusi a chiave nella camera di Ann. Questa aveva provato di nuovo con il trucchetto della finestra ma si lasciò cadere nello sconforto, quando vide il lenzuolo a terra e la finestra sbarrata e chiusa ermeticamente.

-Uff...- Bran si lasciò cadere sul letto con uno sbuffo divertito, mentre osservava Ann passare da una parte all'altra della stanza borbottando parole ricche di fastidio.

-Non ridere!- ringhiò, lanciandogli un'occhiata carica di rabbia. -Non possono trattarci come dei ragazzini.-

-C'è un piccolo particolare che sembra sfuggirti... noi siamo dei ragazzini e ...- l'occhiata raggelante che le rivolse la sorella lo zittì del tutto.

Camminò ancora per un buon quarto d'ora, prima che si stancasse e si sdraiasse sul letto accanto a Bran. Quest'ultimo si spostò, facendole spazio. La osservò chiudere gli occhi come se stesse riflettendo su un quesito fondamentale. Ammirò la linea affilata degli zigomi, il mento leggermente tagliente, le ciglia lunghe che disegnavano ombre sulle guance bianche come madreperla. Per una ragazzina della sua età, i suoi lineamenti erano più marcati del normale, come se fosse stata scolpita nel marmo. I capelli scuri risaltavano il pallore della pelle e per coronare il tutto c'erano i suoi occhi blu scuro che avrebbero messo in soggezione qualsiasi persona che li avesse fissati troppo a lungo.

Distolse gli occhi dalla sorella. Dalla finestra proveniva un tiepido venticello d'estate, il sole era ancora alto in cielo. Secondo la sua inclinazione doveva essere circa mezzogiorno.

Non credeva di riuscire a sopportare a lungo la sorella, rinchiusi entrambi dalle stesse quattro pareti. Ann non era mai stata il tipo di ragazza che si lasciava manovrare da altra gente, anche se per altra gente intendeva un adulto, più responsabile e maturo di lei. Odiava essere controllata come un burattino e quando succedeva si comportava come una tigre in trappola.

-Dobbiamo trovare un modo per farci valere.- borbottò lei, sedendosi di scatto. Appoggiò la schiena al muro e chinò la testa per paura di sbattere la testa contro la solita mensola.

-Giusto per essere più chiari, che intendi per... farci valere?-gli occhi celesti scattarono sul suo viso e proprio come temeva aveva quell'espressione che non prometteva mai niente di buono. Lui la chiamava espressione da donnola, non perché lei somigliasse a quell'animaletto a quattro zampe ma solo perché l'espressione gli ricordava quel visetto scaltro e squadrato e quegli occhietti piccoli, furbi.

-Vedrai...- Ann strizzò l'occhio nella sua direzione e scattò in piedi, sbattendo la testa per l'ennesima volta alla mensola. Corse in bagno, alzando le braccia al cielo e promettendo di scardinare una volta per tutte quell'inutile pezzo di legno in cima al letto.

Non seppe quanto rimase nel bagno, ma quando ne uscì aveva una nuova espressione risoluta negli occhi e un nuovo piano in mente.

* * * *

-Sarebbe questo il super piano?- la voce di Bran gli uscì più indecisa del solito. Ann alzò la testa dal cuscino, osservandolo. Lui aveva gli occhi fissi sulla porta, come quelli di un bambino che si aspetta che esca un mostro dall'armadio. Era seduto pensieroso di fronte a lei, ai piedi del letto.

L'erede - Il corvoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora