Harry non sapeva cosa fare, ed era strano. Lui, Harry Osborn, il proprietario della Oscorp, la più potente industria di ricerca di biologia, chimica, biochimica, biotecnica e cazzate varie.
Con un ringhio, Harry afferrò il bicchiere di cristallo dal tavolo di vetro e lo scagliò contro la parete. Si ruppe in mille schegge appuntite, una delle quali andò a tracciare un lieve solco rosso sulla guancia del ragazzo. Il Poitìn rimasto nel bicchiere poco prima che lo scagliasse contro il muro schizzò a terra.
Aveva vent'anni, solo vent'anni, e si era ritrovato con in mano un'azienda di cui non sapeva che farsene, venti avvocati pronti a divorarlo e fregargli la Oscorp al minimo passo falso, il nome -e la fama- di quell'egoista ed egocentrico di suo padre a precederlo e seguirlo ovunque andasse. E, per finire, stava morendo.
Sì, suo padre glielo aveva detto appena prima di morire.
Come se fosse un'aggiunta alla lista della spesa.
Oh, Harry, prendi anche del pane.
Oh, Harry, stai morendo.
Sì, be', non aveva usato quelle esatte parole, ma il concetto era quello.
Harry si prese il viso tra le mani, strofinandosi le tempie e sospirando profondamente.
Dietro di lui sentì i passi leggeri e ritmici di Felicia.
Felicia.
Il suo nome scorreva sulle labbra come una melodia.
E subito la sua voce tranquilla e dolce arrivò alle orecchie del ragazzo.
-Signor Osborn, tutto...
La sua voce rimase sospesa nella stanza, quando probabilmente vide che no, non era tutto a posto.
Harry respirò ancora più a fondo, riempiendosi i polmoni di aria.
Chiuse gli occhi, con un groppo in gola. Harry avrebbe tanto voluto che fosse rabbia, ma in realtà era solo tristezza. Un'immensa tristezza che gli stava prendendo il petto e stringendo lo stomaco.
Perché era toccato a lui tutto quello?
Perché non ad un altro?
Perché non poteva essere un qualunque ragazzo con la mania di farsi la piega ogni mattina?
Semplice, pensò amaramente, perché nessun ragazzo ha la mania di farsi la piega ogni mattina.
-Signore- Harry sussultò ritrovandosi la sua segretaria seduta sul divanetto, di fianco a lui.
Volse i luminosi e alquanto confusi occhi azzurri sulla ragazza, che lo fissava.
Harry fissò il proprio sguardo da lupo in quello altrettato chiaro e intenso della donna.
-Felicia- ripeté lentamente, scandendo ogni lettera e gustando il loro suono. Un piccolo sorriso famelico increspò le sue labbra. -Felicia.
La segretaria abbassò lo sguardo, e Harry sentì il sapore dolciastro della soddisfazione riempirgli la bocca. Si passò la lingua sulle labbra, catturando lo sguardo di lei, ma si alzò in piedi, dandole le spalle e avvicinandosi al tavolo addossato alla parete, dove c'erano ancora una bottiglia di vodka e un bicchiere, incredibilmente sopravvissuti alla sua rabbia e alla sua sete di alcol.
Si versò un generoso sorso della bevanda, che non gli fece un gran effetto.
Ormai era abituato al Poitìn, la vodka non era niente al confronto.
La bevve lo stesso, poi abbassò il bicchiere, facendo dondolare la mano e guardando il liquido agitarsi nel bicchiere.
-C'è qualcosa che la turba?
La voce delicata e ferma della segretaria lo raggiunse, ed Harry sentì un moto di rabbia incendiargli la gola.
-Direi di sì- sibilò velenoso, voltandosi verso di lei.
I suoi occhi sembravano una violenta tempesta che minacciava di scatenarsi da lì a poco.
-Direi di sì- ripeté, facendo un lento passo verso di lei. -Felicia- aggiunse con un sorriso da predatore.
A giudicare dalla faccia della ragazza in quel momento non aveva un aspetto così rassicurante. I capelli, a cui solitamente si dedicava con cura maniacale, erano spettinati, e varie ciocche gli cadevano sulla fronte e sugli occhi dandogli un aspetto trasandato. La maglia nera, che aderiva al suo fisico accentuandone i muscoli di solito nascosti dalle giacche eleganti e dai completi, che indossava più spesso delle magliette, era stropicciata, così come i jeans. I lacci degli scarponcini erano ormai così ingarbugliati e stretti che scioglierli sarebbe stato un'impresa impossibile.
Felicia si alzò, incerta se togliere il disturbo o rimanere lì.
Ci pensò lui a risolvere il problema.
-Resta qui- le ordinò con voce fredda.
Lei deglutì, mentre un brivido le percorreva la schiena. Harry la fissava mescolando nel proprio sguardo tutta la rabbia che provava e una melliflua affabilità.
In sintesi quello era lo sguardo di un lupo pronto a scattare per azzannare la sua preda.
-Qualche novità dagli avvocati?
-Nessuna, signore- disse Felicia, osservando il ragazzo finire l'ultimo sorso di vodka rimasto nel bicchiere.
-Certo che no- disse rabbiosamente lui, stringendo la presa così forte sul bicchiere che le sue nocche diventarono bianche.
-A quelli non gliene frega niente del ragazzino di Osborn. Sono buoni solo a tirarmi addosso valanghe di guai.
Felicia non rispose. Non sapeva cosa rispondere, e non avrebbe nemmeno saputo esprimersi, dato che non riusciva a formulare un solo pensiero coerente con il suo sguardo di ghiaccio puntato addosso.
-Ma a te non importa, giusto? Tu vuoi solo restare tranquilla, fare il tuo lavoro ed essere pagata. Non è vero... Felicia?
Harry si era avvicinato anche troppo a lei. Anche se non era di un'altezza eccessiva, come Parker, il suo amico, era comunque più alto della sua dipendente, che in quel momento aveva gli occhi puntati sul suo torace.
-Non è vero- ribatté con voce sicura, alzando gli occhi e incrociando per un attimo quelli vuoti di lui.
-No? Sarebbe strano- mormorò Harry, alzando la mano libera e accarezzandole la guancia.
Guardò con piacere la ragazza tremare al suo tocco, e sorrise.
Non era debole, ma non era riuscita a resistere al suo fascino.
Harry chinò la testa verso di lei, fissando le sue labbra, senza nemmeno provare a nasconderlo. Felicia socchiuse gli occhi, mentre il fiato caldo del ragazzo le accarezzava le guance.
Sapeva di alchool in una maniera impressionante.
Come aveva fatto Osborn a non sbronzarsi dopo così tanti bicchieri?
Spinto da un improvviso desiderio di sentire che sapore avevano le labbra della ragazza, Harry le accarezzò dolcemente con le proprie.
Felicia tremava, mentre lui le posava una mano sulla schiena e la tirava a sé.
Dopo qualche secondo, in cui lei era rimasta pietrificata dalla sorpresa, Harry si scostò, guardandola con i suoi occhi di ghiaccio bollente.
-Chiamami gli avvocati- ringhiò -e portami dell'altro Poitìn.
La lasciò andare e si allontanò di scatto da lei.
Quando Felicia fu nel corridoio sentì il rumore del bicchiere di cristallo che andava in pezzi.
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Harry
FanfictionVERSIONE ORIGINALE DELLA FANFICTION "Toxic" COPIATA DA EFP DA UN'ALTRA UTENTE DI WATTPAD Raccolte di OS su Harry Osborn de "The Amazing Spider-man." Dal II capitolo: ... -Harry- il ragazzo serrò le labbra, mentre i lineamenti pallidi del suo viso...