casa - stazione

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"è che io proprio non capisco" sospirò lei, una mano ad allontanare i lunghi capelli scuri dalla fronte.

"non capisci? Cosa c'è da capire" ringhiai con le lacrime che cercavano di affiorare dai miei occhi "non c'è niente da capire, mi piacciono anche gli uomini, punto" esclamai.

"ma Harry, figliolo, è sbagliato, non lo vedi?" mamma disse forse la frase peggiore che potesse pronunciare in quel momento e io scoppiai in lacrime.

Abbandonai la sala, salii le scale ed entrai in camera. E adesso cosa faccio, cosa faccio? Un'idea. Forse folle. Anzi. Sicuramente folle.

Spalancai l'armadio, presi un borsone, qualche maglietta, una felpa, un paio di jeans, il mio telefono con gli amati auricolari e tutti i soldi che avevo accumulato con gli anni di lavoro in forneria.

Ridiscesi i gradini di marmo, attraversai il corridoio, aprii la porta e uscii dalla casa.

Cazzo. imprecai prendendo a calci i sassi sparsi per terra. Percorsi il breve vialetto del mio giardino e iniziai a vagare senza una meta precisa.

L'acqua picchiettava dolcemente sul mio viso rigato dalle lacrime mentre una nuvola oscurava la luna di quella fredda notte di settembre.

Camminai e camminai ancora, i vestiti zuppi. La pioggia non aveva proprio intenzione di interrompere il suo scroscio.

Vagai per le strade di Holmes Chapel fino a raggiungere quella che aveva tutta l'aria di essere una stazione.

Fanculo, facciamolo.

Mi avvicinai al bigliettaio che mi guardò quasi con pena, asciugai gli occhi ancora rossi e lucidi di lacrime e tirai fuori il portafogli dallo zaino.

"quanti biglietti?" chiese l'anziano uomo con voce monotona. "uno, sola andata, il più lontano possibile" risposi secco.

Il vecchio mi porse lo scontrino, pagai, ricevetti il mio biglietto e mi avviai verso il binario.

Mentre salivo le scale che portavano al treno udii un fischio. Mi affrettai a correre in cima alle gradinate e saltai sul mezzo di trasporto.

Tirai un sospirò di sollievo, aprii la porta dello scompartimento. Vuoto. Mi accasciai sul primo sedile libero, indossai le mie amate cuffie e feci partire la più triste delle playlist tristi che spotify mi offriva.

"cosa ascolti?" sussultai. Sfilai in un movimento secco entrambi gli auricolari, mugolando poi per il dolore della mossa improvvisa. Mi voltai e notai due occhi blu osservarmi da sopra un sedile.

Rivolsi al ragazzo un sorriso tirato, mi girai di nuovo dall'altra parte e ricominciai ad ascoltare la melodia proveniente dal cellulare.

Sentii qualche movimento dietro di me -magari si era seduto meglio sul sedile- pensai e quindi non ci prestai molta attenzione.

the travel ; larry stylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora