Mi misi il manico di legno della torcia in mezzo ai denti e cercai con lo sguardo dove potermi arrampicare, grazie alla luce emanata dalla torcia potei vedere che il muro più alto dell'esagono era cosparso di scanalature, in cima si poteva vedere la luce fioca che inseguivo poco prima. Quindi saltai, allungando la mano destra in una delle fessure e iniziando la mia scalata verso la cima del muro. Durante una svista però allentai la presa sulla torcia, lasciandola scivolare al punto di partenza, quindi mi lasciai cadere al suolo per raccoglierla e rimetterla nella posizione precedente, riscalando successivamente la parete in pietra.
Arrivata in cima mi ostacolava un vetro spesso, sotto di esso bruciava una fiaccola rossa. Ormai avevo gli occhi talmente secchi da essere costretta a disfarmi delle lenti a contatto che mascheravano il colore vermiglio dei miei occhi e senza di esse riuscii ad osservare delle crepe che convenivano al centro della lastra di vetro e la mia mente trovò subito la soluzione.
Mi misi in piedi sul cristallo ed iniziai a saltare per riuscire a frantumarlo, cosa che impiegò parecchio tempo e parecchio sforzo, però ottenni ciò che volevo!
Caddi accanto alla rubia luce, rivelatasi una porta illuminata con un incantesimo. Buttai la torcia a terra lasciandola spegnere e mi fiondai a capofitto attraverso la soglia trovandomi Lillith davanti, con le braccia incrociate, lo sguardo annoiato che mi guardava mentre ero accovacciata sul pavimento gelido di quella casa.
«Quindi anche la più grande combattente dell'esercito ha delle debolezze... seguimi, Rogue.»
Lei mi guidò attraverso i labirinti di quella fottuta casa, fino ad una porta diversa. Attraversata vidi una donna che sembrava una rosa in primavera coperta da rovi, a giudicarla dai suoi capelli, gli occhi gialli come i girasoli d'estate, la pelle scura come il buio di quella stanza.
Selene era seduta ad un tavolo, versava in alcune tazze quello che sembrava essere tè. La donna alzò lo sguardo, scrutandomi da cima a fondo.
«Lillith, vedo che hai portato un'altra anima perduta qui da me. Cosa ti porta qui, Rogue?»
Mi irrigidii cercando di osservare il resto della stanza, quando Selene ripetè la domanda facendo prendere aria ai suoi riccioli biondi e lasciando penetrare nei suoi occhi una luce dorata. Ripresi a muovermi, avvicinandomi alla maga.
«Mi porta qui da te il mio dubbio, o Selene - le mie gambe cedettero facendomi cadere in ginocchio - indaga in ciò che non posso ricordare.»
Sgranai gli occhi appena smisi di parlare, controllata da qualcosa che non era nel mio arbitrio. La donna si alzò dalla sedia, avvicinandosi a me silenziosamente, giunta dinnanzi me si fermò, e con lei sembrò fermarsi il tempo, posò una mano sul mio capo.
Vidi mio padre abbracciarmi, in quell'illusione sembravo più grande, più nobile ed importante rispetto a ciò che ero in quel momento. Io e papà iniziammo a cantare a bassa voce, senza urlare e senza dare fastidio. Era una canzone sulla leggenda degli eroi ignoti, che prima di morire anni dopo le loro imprese liberarono le cinque magiche rune.
Finita la canzone mio padre mi parlò a cuore aperto.
«Rogue, figlia mia, ultima dragonide delle terre di Mindirra, scatena il fuoco che arde dentro di te. È un arma che ti aiuterà solo se lasci che si esprima, se lo imprigioni ti distruggerà. Libera il tuo cuore dall'odio e vinci.»
Tutto sembrò finire, svanire come riflessi sull'acqua increspata. Appena ripresa mi allontanai di scatto da Selene, che però prese a fare domande a raffica senza darmi tregua. Cosa che mi fece scappare a gambe levate da quell'edificio, seguita da Lillith, più scioccata che altro. Mi veniva da piangere, il ricordo di mio padre, la canzone ed il fuoco. Tutto insieme era fin troppo da sopportare. Vade mi abbracciò, stringendomi mentre cominciavo a singhiozzare. Persi ore e ore davanti ad una casa maledetta, il mio viso arrossato e gli occhi ormai privi di lacrime parlavano per me mentre i due principi pagavano l'alloggio per una notte in una locanda.
Io chiesi una stanza in solitudine, avevo bisogno di sistemarmi con calma; nella stanza vi era una vasca che potevo riempire di acqua riscaldata e fare un bagno rilassante, cosa di cui approfittai. Guardai i miei lunghi capelli neri galleggiare nell'acqua e in mente mi balenò l'idea di accorciarli, allontanai immediatamente quella stupida idea nonostante non sapevo ancora quanto mi avrebbero infastidito, ma è ancora presto per raccontarlo.
Quando uscii dalla vasca non ci misi molto ad asciugarmi e a sciacquare i miei vestiti, ero davvero sfinita quindi, appena messi ad asciugare mi fiondai nel letto, addormentandomi quasi istantaneamente. Quella notte fu un toccasana: nessun incubo, temperatura perfetta, sonno continuo; insomma mi svegliai rinata! Non persi però tempo a distrarmi, presi i miei vestiti ancora umidi sparsi per la camera, sarei stata un po' scomoda però sempre meglio che andare in giro nuda per Garland. Vestita ed avvolta dal gelo dei miei abiti uscii dalla stanza. Nè Vade nè Lillith avevano già lasciato i rispettivi alloggi ed i dubbi iniziarono ad assalirmi. Mi sentivo una stupida ad aver rivelato così facilmente le mie debolezze, dovevo ricordarmi che solo io avrei aiutato me stessa, ero sola nonostante le altre persone con me. Tormentata da pensieri di varia natura iniziai a cercare uno specchio, girando per la locanda, questa era gestita da una mielosa famigliola di dame semi nobili che non sapevano neanche indicarmi ciò che alla fine trovai da sola e mi ci specchiai. I miei occhi rossi erano ormai totalmente esposti e quasi mi spaventarono, dopotutto ero solo un soldato che si faceva pagare per salvare dei ragazzini viziati, non ero un eroe come mio padre. Non li avrei presi a cuore, dovevo cercare di essere come lei.
Mentre pensavo distolsi l'attenzione dai miei occhi iniziando a legare in una comoda coda bassa i miei capelli disordinati, per poi essere stupidamente spaventata da una principessina più solare e allegra di quella conosciuta il giorno prima. Si scusò con un sorriso gentile e sincero che ricambiai più impacciata, tutto il mio ragionamento era già andato a farsi fottere da alcune cortigiane. Sono già stata sola a lungo, pensai, e mi merito almeno un'amica nella mia vita.
Mi lasciai seguire dalla ragazzina nella mia camera, dove raccattai il mio zaino e le mie armi, comprese di cintura porta pugnali. Lillith intanto aveva iniziato a raccontarmi di come fin da piccola fosse stata addestrata ad essere una sacerdotessa e dei numerosi dubbi sul suo valore come tale che la tormentavano, dati i suoi deboli poteri limitati alla protezione di base, tanto che pensai di addestrarla al combattimento corpo a corpo e glielo proposi senza esitare. Stranamente la principessa accettò la mia offerta, nonostante era cristallino ne fosse terrorizzata. Aprii le finestre della stanza per far circolare l'aria, in pochi secondi un gattino dal manto marroncino e gli occhi dorati si appollaiò sul mio letto, sembró già essersi messo comodo in mezzo alla coperte disfatte di quella notte e il suo comportamento non mi era affatto estraneo, questo micio sa seguirmi ovunque da anni.
«Cashy! Mi chiedevo quando saresti tornata a rompermi i coglioni!»
Esclamai sollevando con una mano il felino, che nel giro di pochi secondi saltò a terra tramutandosi in una ragazza poco più bassa di me, i capelli molto corti castani, la pelle ambrata e un sorriso contagioso stampato in volto, coperto però in parte da una maschera in legno.
«Sai bene che non passa mai troppo tempo, miss soldato serio! E poi ho sentito in giro che fai casino senza di me, guarda che mi offendo!»
Mi tirò un pugno leggero sul braccio, già non ero più sola in questa folle missione da paura.
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THE FIRE EMBLEM
FantasyRogue, una donna dai forti ideali, affronta ciò che più la terrorizza, un viaggio con più persone. Dove la porterà questo? Riuscirà a fare i conti con la sua vita e i suoi problemi? Stiamo a vedere.