Capitolo II - Nika

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Dopo essere uscita dalla stanza, Jennifer era rimasta dietro l'uscio socchiuso a origliare. Sentì l'urletto dell'uomo e capì che era arrivato il suo momento. Senza bussare, aprì la porta ed entrò nella camera. Hangy e Krault, di scatto, si voltarono verso la cameriera e la guardarono con curiosità.

Jennifer osservò l'uomo, sul torace aveva degli strani tatuaggi dorati che sembravano quasi risplendere di luce propria. Erano davvero molto particolari.

«Spero non ti dispiaccia Hangy, l'avevo invitata per una cosetta a tre» confessò l'uomo, sorridendo.

«Potevi dirmelo prima» sussurrò la ragazza. Scese dal letto e si avvicinò alla cameriera per studiarla più da vicino.

«Ti chiedo scusa, Hangy» disse Jennifer, guardandola negli occhi.

«Scusa? Per cosa?» chiese perplessa.

«Per questo».

Con l'indice e il pollice della mano sinistra, Jennifer strinse un bottone situato sul bracciale che indossava al polso della mano destra. Improvvisamente, il braccio della cameriera scomparve nel nulla per poi ricomparire subito dopo. Nella mano destra, ora, impugnava una pistola, che puntò subito contro Hangy.

«Cosa vuoi fare?» chiese, irato, Krault. «Non immagini in quale guaio ti stai cacciando» aggiunse, quasi urlando.

«State calmi e nessuno si farà male» spiegò Jennifer, con voce ferma e pacata.

«Hangy, spaccale la faccia!» ordinò l'uomo.

La ragazza sorrise: non era soltanto bella e sensuale, era anche campionessa di una delle arti marziali più letali del quarto quadrante. Approfittando di un attimo di distrazione di Jennifer, le afferrò la mano che impugnava la pistola e la disarmò. L'arma cadde a terra e Hangy si sbrigò a calciarla lontano.

«Non vorrei essere in te» sibilò la ragazza, torcendo il braccio alla cameriera.

Con un colpo di reni, la sollevò da terra e la lanciò contro la parete opposta della camera. Jennifer urtò con la schiena contro il mobile che ricopriva la parete, poi ricadde con la testa sopra a un tavolino di cristallo che le lacerò leggermente la testa e il viso, facendo così fuoriuscire del sangue.

«Brava la mia Hangy, continua così tesoro!». Krault era eccitato.

La ragazza si avvicinò a Jennifer, che nel frattempo si era rimessa in piedi, fece una torsione con il busto che divenne un calcio volante e colpì la cameriera in pieno volto. La potenza fu tale da scaraventarla contro l'armadio situato nella parte opposta della camera. Una delle ante di legno venne mandata in frantumi dalla testa di Jennifer.

«Credo che possa bastare» piagnucolò la cameriera, dall'interno dell'armadio. Subito dopo scoppiò in una macabra risata.

Hangy e Krault si guardarono basiti.

«Forse l'hai colpita troppo forte alla testa. Deve essere impazzita» borbottò l'uomo.

Hangy fece spallucce e si avvicinò all'armadio: Jennifer era riversa a faccia in giù ed era ricoperta dai vestiti e dalle mensole di legno. La ragazza afferrò la cameriera per un piede e la trascinò fuori.

«Ne hai avuto abbastanza?» chiese, spazientita, Hangy.

«Stavo solo scaldando i muscoli» rispose, con un filo di voce.

Jennifer, con un rapido colpo di reni, si rimise in piedi, a pochi centimetri da Hangy, le strizzò l'occhio e scomparve.

«Dove diavolo è finita?» urlò la ragazza.

«Attenta, è dietro di te!» sbraitò Krault.

Jennifer, con un balzo, strinse le proprie gambe intorno al collo di Hangy e tese il corpo in avanti, portando la testa verso il pavimento. La ragazza venne proiettata verso il soffitto, sbattendo la testa con inaudita violenza, dopodiché perse i sensi.

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