Capitolo 1

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Where there is anger, there is always pain underneath.
- Eckhart Tolle

Allison pov's

"Sorridi splendore"
"Ti farei vedere le stelle se non ci fosse questo maledetto vetro a dividerci" ringhio, entrando dentro quella piccola 'stanza'.
"Alza il cartello e guarda verso la fotocamera, non voglio tirarla per le lunghe" sì, come se a me facesse piacere essere qui, schifosa pervertita. Però, nonostante quello che penso, non posso far altro che obbedire. Alzo il cartello con su scritto dei numeri, per poi essere accecata da un flash.
"Bene, ora girati di lato" sospirando, faccio quello che mi dice "ora dall'altro" obbedisco ancora, mordendomi la lingua.

'Calmati Allison, non peggiorare la situazione'
Mi dice la mia coscienza, ma tanto non ho più nulla da perdere.

"Da quello che leggo qui, sei una vera e propria squilibrata. Far addormentare più di cento persone per poi ammazzarne tre, non è una cosa da persone normali, lo sai questo dolcezza?" alza gli occhi dal foglio, per poi puntarli nei miei.
"Sì beh, tutti abbiamo un lato oscuro, lo ammetto" non so dove trovi la forza di essere spiritosa dopo essere stata accusata di aver ucciso persino mio fratello, ma non posso più sopportare tutto questo "scommetto che il tuo invece è la dipendenza da cibo, dal sesso spudorato con la tua collega e dalla pedofilia verso i minori, non è forse vero, splendore?" Ghigno, alzando la testa in segno di sfida.

A quelle parole, sbatte il suo quaderno sulla mensola, provocando un rumore sordo.
"Basta, abbiamo finito! Esci immediatamente da qui bastarda" mi squadra da capo a piedi, facendo una smorfia disgustata "una guardia ti scorterà alla tua prossima destinazione" e dette quelle parole, ghigna vittoriosa, mentre io le alzo il terzo dito accompagnato da un sorriso raggiante. Poco dopo però un uomo mi viene in contro, mettendomi di nuovo le manette ai polsi e spingendomi fuori dalla stanza, dirigendomi verso l'inferno che mi merito.

                        Cinque anni dopo

"Su cara, fatti sotto" sorrido maliziosamente, godendomi gli acclami delle mie compagne.
Emily Rose, accusata per aver ucciso il suo patrigno. A detta sua la molestava ogni notte, fino a quando una sera prese un coltello e lo infilzò nel collo dell'uomo, facendolo giacere in una pozza di sangue fino all'arrivo della polizia. Si dichiarò colpevole.
"Che cosa aspetti? Sei stata tu a sfidarmi" Esclamo con voce spaventosamente entusiasta. Non vedo l'ora di vedere il suo sangue sulle mie mani...

Da un po' di tempo questa cosa è diventata la mia valvola di sfogo. La lotta. Non che sia una novità, ma questa volta non ho più nulla da perdere, nulla di cui rimpiangermi, nulla che mi possa importare. Nulla.
Da quando i miei hanno smesso di venirmi a trovare mi sono ritrovata sola, mi sono sentita per la prima volta sola, e giuro che è la cosa più angosciante che si possa provare.

"S-si ma... non voglio più combattere con te, Esme"
"Ma guarda un po', non hai neanche il coraggio di chiamarmi con il mio vero nome. Te lo congedo, però non accetto il fatto di essere sfidata e successivamente essere piantata in asso, mi capisci, non è vero?" Mi avvicino a lei, ma prima che possa fare qualsiasi altra cosa, qualcuno mi trattiene per una spalla tirandomi all'indietro. Mi giro, e come mi aspettavo è lei.

"Che cosa vuoi? Ero nel bel mezzo di un appuntamento" a quelle mie parole le ragazze iniziano a ridacchiare, mentre Emily se ne scappa a gambe levate, facendo levare dietro di sé un boato di disapprovazione.
"Ha chiamato" mi sussurra Mad, facendomi rabbuiare e ritornare in me. Annuisco, avviandomi con lei dentro.

Camminiamo ormai per i lunghi corridoi grigi da minuti, ma nessuna di noi osa proferire parola.

È raro che lei chiami, ma quando lo fa sono sempre buone notizie.
"Secondo te che cosa vorrà dirci?" Mi chiede Madison, mandando un'occhiata torva ad una guardia.
Con mia ancora sorpresa, in questo posto ci è finita anche Parker, ma da anni mi chiedo se sia una buona cosa o meno. Non doveva esserci, però si è dichiarata colpevole di avermi aiutata quella notte, dichiarandosi un complice così che gli altri siano liberi.

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