Capitolo 2

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We understand death only after it has placed its hands on someone we love.
- Anne l. de Stael

Una lacrima scende lungo la mia guancia indisturbata, mista ai ricordi sepolti e al desiderio di ritornare a vivere.
Ritrovare quel grammo di felicità che da tanto sto cercando di far ricrescere in me, inutilmente.
Cercare di dimenticare lei, che da anni ormai sta mettendo a dura prova il mio istinto suicida, non permettendomi di chiudere occhio nemmeno per un secondo.
Ma soprattutto, dimenticare lui.

"Allison, svegliati. Dobbiamo andare" qualcuno mi scuote per una spalla, facendomi svegliare da quei brutti ricordi.
"Che c'è?" Bofonchio stropicciandomi un occhio.
"Dobbiamo prepararci, stiamo per uscire" mi fa un sorriso compassionevole, come se sapesse già che cosa stavo sognando, o meglio, che incubo stavo facendo. Faccio una smorfia e mi alzo completamente dal "letto", stiracchiandomi per bene.

Mi dirigo al piccolo lavandino arrugginito posto in un angolo della nostra cella, sciacquandomi poi il viso. In tutto questo, Madison mi segue con lo sguardo assumendo un'espressione rammaricata.
"Oggi è il gran giorno eh?" Nel mio tono di voce non vi si nota nessun entusiasmo o felicità, ma bensì un pizzico di irritazione.
"Già" risponde, abbassando il capo. Come mi aspettavo, la sua reazione di ieri ad oggi è cambiata radicalmente, così come la mia. Il perché? Beh, il motivo è che dovremo affrontare tutto da sole, ricominciare la nostra vita da capo, ma soprattutto, incontrare i fantasmi del passato.

"Non ne sei felice?" Le chiedo, mettendo la mia poca roba in un borsone rovinato. È stato difficile passare dal lusso della mia vita precedente alla povertà di questo posto, però mi ci sono abituata, anche perché una volta fuori di qui ad aspettarmi sarà lo stesso trattamento.
"Non è questo..."
"Allora cos'è?" Le chiedo, riordinando il mio letto.

Lei fa un sospiro pesante, guardando in basso.
"Che cosa ne sarà di noi una volta uscite di qui? Ci divideremo? Prendendo ognuna la propria strada? Io non sono pronta a ricominciare..." a quelle parole mi fermo di colpo, avvicinandomi a lei e mettendole un braccio sopra le spalle.

"Credi davvero che scapperai così facilmente da me?" Ridacchio, intravedendo un piccolo sorriso anche da parte sua "una volta uscite da qui, se vorrai, potrai venire con me a Garas. Non ho intenzione di ritornare a casa, non quando i miei genitori non si sono fatti più vivi. Ormai siamo adulte, ce la dobbiamo cavare anche da sole, non credi?"

"Beh, devi sapere che io... io, sono orfana" strabuzzo gli occhi, colta alla sorpresa. Me lo sono sempre chiesta perché non riceveva nessuna visita.
"I miei genitori sono morti prima del mio quindicesimo compleanno, in un incidente d'aereo. Stavano ritornando da un viaggio di lavoro per me, ma sono precipitanti in mare quando il pilota ha avuto un attacco di cuore improvviso. Non so dove altro andare..." ci sono alcuni minuti di silenzio, ma poi finalmente riesco ad aprire bocca.
"E dove hai vissuto prima?"
"In un appartamento, però era in affitto e visto che sono stata qui per ben cinque anni, il contratto è ovviamente saltato. Potrei prenderne un altro, ma al momento non ho abbastanza soldi per permettermelo" i suoi occhi pian piano diventano lucidi.

In questi anni è diventata molto sensibile, oppure lo era già da prima, ma non ho potuto saperlo dato che non ho mai avuto modo di conoscerla affondo, in passato. Vedevo solo la parte peggiore di lei, ma mai questa.

"E come hai fatto a pagarti la retta scolastica? In fondo, è una scuola privata" le chiedo guardandola curiosa.
"I miei nonni. Hanno una catena di ristoranti, hanno fatto fortuna e mi hanno trattenuta pagandomi tutto" si mette le mani in faccia "mi vergogno così tanto" scuote la testa, singhiozzando.
"Hei, non devi avere vergogna con me. Puoi dirmi tutto, io non ti giudicherò, lo sai" cerco di confortarla, ma credo che quello di cui lei abbia bisogno è solo di sfogarsi. Prima che possa dire altro, qualcuno ci interrompe.

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