1.1) Per ciò che hai più a cuore...

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2032 - Russia, Siberia, Base HYDRA

«Dimitri, andiamo?» È la mia mamma, anzi, la mia bellissima mamma che mi chiama. Lei è molto severa, ma mi vuole bene ed è per questo che si preoccupa tantissimo per me, soprattutto quando dobbiamo uscire da quest'enorme casa per andare dagli amici di papà che per me sono zii acquisti. Non capisco per quale motivo, ma ogni volta che li andiamo a trovare, lei mi sembra molto preoccupata e tesa, mentre, mio papà, è piuttosto contento. Ogni volta che andiamo in quell'enorme complesso ai confini di New York, mamma si mette a guardare fuori dalla finestra in attesa di tornare a casa oppure sta con papà a chiacchierare in disparte.
«Sì arrivo mamma!» Esclamo contento, è dal mio compleanno che non vediamo gli amici dei miei genitori e, visto che è Natale, ci ritroveremo tutti quanti - come tutti gli anni - al grande complesso. Non vedo l'ora di rivedere zio Sam, lui mi fa ridere moltissimo e mi regala sempre qualcosa di stupendo!
Prendo velocemente il mio zaino e corro verso la mia mamma, ma, prima che la possa raggiungere, papà esce dalla stanza e mi prende in braccio, poi va verso mamma e le stringe la mano. Al fianco di mamma usciamo e ci dirigiamo verso il quinjet, pronti per una rimpatriata.
In poche ore, ma che a me sono sembrate interminabili - anche se con mamma e papà il tempo passa veloce - arriviamo davanti al grande palazzo dalle enormi vetrate e dalla grossa "A" maiuscola sulla facciata. Appena si apre la rampa del jet corro verso lo zio Sam che è venuto a salutarci per primo. Mi abbraccia forte e come al suo solito mi fa una battuta.
«Hey, piccoletto! Se continui a crescere così, mi superi!» Rido mentre mi prende in braccio e mi saluta. Da dietro di lui vedo spuntare lo zio Clint con i suoi tre figli e sua moglie. Con me sono tutti gentili ed io mi diverto molto a giocare con loro anche se sono tutti un po' più grandi di me. Mentre io sto salutando calorosamente tutti quanti, mi raggiungono anche mamma e papà che stavano salutando Sam. Prendo per mano i miei genitori e li tiro fino a dentro il grande palazzo per rivedere tutti, ché mi sono mancati moltissimo; mamma dice che ci vediamo poco a causa della distanza e dei molti impegni che ognuno ha.
In un clima di festa e allegria ci sediamo tutti a tavola per pranzare, mi siedo vicino al dottor Banner, ma che tutti chiamiamo affettuosamente "Hulk" lui è simpatico e gioca sempre con noi bambini nel parco davanti al grande palazzo. Hulk è grande e verde e credo che se si dovesse arrabbiare farebbe più paura della mia mamma... No, ho sbagliato, nessuno fa più paura di mamma quando si arrabbia.
Dopo pranzo andiamo a disfare le valigie nella nostra temporanea stanza, staremo qui qualche giorno prima di ritornare a casa. Mentre andiamo in camera, noto una foto su un mobiletto, raffigura tutti gli amici dei miei genitori con addosso delle strane tute. Nella foto ci sono anche tre persone che non ho mai visto, la prima è una ragazza dai capelli rossi con una tuta simile a quella di mamma, la seconda è un giovane sorridente con ai suoi piedi un grande scudo dai colori americani e con una stella bianca nel mezzo; l'altra, invece, è un uomo con un'armatura rossa e oro. Prendo la foto e vado a chiedere a mamma chi sono i tre sconosciuti e perché non li ho mai visti. «Tesoro, non ti preoccupare, quando sarai più grande te lo dirò.» Mi dice con un sorriso finto. Lo so che dovrei farmi andar bene questa risposta, ma la mia curiosità non può aspettare; così, vado da papà che si trova in camera mia e gli rifaccio la stessa domanda.
«Domandalo a mamma.» Mi risponde diplomaticamente lui. Appena sto per ribattere un voluto schiarimento della gola mi fa girare di scatto e istintivamente nascondo la foto dietro la schiena. «L'ha già fatto e gli ho anche dato una risposta... Ma non gli è piaciuta e quindi è venuto da te.» Dice mamma seria, parlando a papà, ma mettendo me e la mia domanda come soggetto della conversazione. Ora sono nei guai.
«Non è ve->> provo a difendermi cercando di negare l'evidenza, ma mi muoiono le parole in bocca a vedere come si sta arrabbiando mamma. La sua espressione è mutata, e sono sicuro che se fosse possibile adesso le uscirebbe il fumo dalle orecchie. «Mi stai mentendo?!» Chiede avvicinandosi mentre io indietreggio. «No, no, no.» Rispondo velocissimo. L'ultima volta che ho provato a dirle una bugia è finita male. Lei dice che le bugie non si dicono e se provo a mentirle si arrabbia talmente tanto che neanche papà mi può salvare. Continuo ad indietreggiare fino a che non mi ritrovo tra le gambe di papà che è seduto sul bordo del letto.
«Viktoria, Bucky, vi va di fare un paio di round?» Per fortuna mi salva Sam. Sono sicuro che si faranno male soprattutto adesso che mamma è arrabbiata; a volte, quando siamo a casa, mi piace vedere i miei genitori allenarsi, mamma riesce a battere sempre papà, lei è più brava... Anche se una volta lui è riuscito a metterla al tappeto. Diciamo che senza saperlo sono stato suo complice perché proprio nel momento più importante ho distratto mamma dicendo che andavo in camera a vedere la televisione, lei ha messo un piede nel punto sbagliato e papà ne ha approfittato per batterla. Anche da sdraiata a terra e con le mani bloccate sopra alla testa non ho visto scomparire dai suoi occhi quella luce con cui guarda solo il mio papà. Si vogliono molto bene, anche se non lo danno a vedere; non gli piacciono le manifestazioni d'affetto in pubblico.
«Arriviamo.» Liquida velocemente Sam.
«Ne riparliamo dopo.» Borbotta a denti stretti mentre esce dalla stanza. Aspetto di vedere che scompaia dietro la porta per rilasciare un grosso sospiro di sollievo.
«Dimitri.» Mi richiama papà facendomi girare di scatto e balzare all'indietro come una molla, solo adesso mi sono ricordato che anche lui ha assistito alla sgridata e sicuramente mi dirà qualcosa. «Perché sei venuto da me dopo che mamma ti ha detto che te lo avrebbe spiegato quando saresti stato più grande?»
«Perché io lo voglio sapere adesso!» Ribatto sbattendo un piede a terra e serrando i pugni.
«Ogni cosa a suo tempo.» Mi dice mantenendo la tranquillità, non ho voglia di andare a litigare anche con lui perché dopo mi servirà un alleato, poiché sicuramente, mamma non si farà interrompere una seconda volta, quindi mi faccio andar bene la risposta. Si alza e mi prende per mano mentre ci affrettiamo a raggiungere tutti in palestra.
Devo aggiungere questi tre sconosciuti della foto, nella lista delle cose da non chiedere, noi non parliamo quasi mai di come si sono conosciuti mamma e papà, o che lavoro facevano e soprattutto non parliamo mai del braccio meccanico di papà; ogni volta che tocchiamo quest'ultimo argomento mi rispondono "è stato un incidente" e poi si affrettano a cambiare discorso e se invece dovessi chiedergli come si sono conosciuti loro risponderebbero: "per caso, come fanno tutti" sviano il discorso anche ogni volta che provo a chiedere che lavoro fanno "una cosa monotona, niente di interessante" mi rispondono sempre.
Entriamo in palestra proprio nel momento in cui inizia lo scontro tra lo zio Clint e mamma. Con i loro precisi, veloci e aggraziati movimenti mi affascinano, tanto che resto imbambolato a guardarli.
Appena Clint si arrende mia mamma torna verso di me ed io mi affretto ad abbracciarla e a chiederle scusa, lei si abbassa alla mia altezza, mi carezza una guancia e mi sorride. «Io mi arrabbio perché ogni volta che dici una bugia significa che nascondi qualcosa di cui non vai fiero oppure distorci la realtà e ciò vuol dire che c'è qualcosa che non ti sta bene e che vorresti cambiare, ma devi sapere che una cosa non cambia solamente dicendo una bugia, per cambiare qualcosa devi farlo tu stesso.» Annuisco tornando ad abbracciarla mentre penso a come ottenere ciò che voglio sapere. Ho detto che non lo devo chiedere non che non devo continuare a cercare risposte.
Mamma si stacca dall'abbraccio appena sente entrare nella palestra altre persone, mi stacco anche io e mi giro, dalla porta entra Shuri con sua madre.
Corro a salutarli, Shuri mi batte il cinque e la regina mi scompiglia i capelli, subito dopo mettiamo le braccia sul petto a forma di "x" e abbassiamo il capo facendo così il saluto del loro popolo, la stessa cosa la fanno papà e mamma. «James, Viktoria, quanto tempo è passato...» Comincia la regina «Eh già, è un anno che non ci vediamo» continua mio papà passando un braccio attorno alla vita di mamma. I quattro, vanno in un posto più tranquillo per parlare, ed io rimango con Nathaniel, Lila e Thomas a giocare a nascondino per la base. Mentre mi nascondo noto che oggi pomeriggio è arrivato anche Thor, lui è alto, biondo e porta sempre un'armatura strana. Visto che è appena arrivato e lui non parla molto con i miei genitori, decido di prendere la foto e chiedergli chi sono i tre sconosciuti facendo molta attenzione a non essere trovato dai miei amici e soprattutto dai miei genitori.
«Thor...» Attiro la sua attenzione tirando il mantello rosso e chiamandolo. «Ehi piccolo umano, dimmi!» Mi dice usando un'espressione al quanto buffa.
«Chi sono questi?» Gli chiedo facendo gli occhi dolci nella speranza che mi dica qualcosa. Sul suo volto cala un ombra di tristezza
«Degli amici, adesso si trovano in un posto migliore.» Abbozza un finto sorriso carico di tristezza e... rimorso? Non sono del tutto soddisfatto della risposta, ma almeno so qualcosa in più. Sentendo arrivare Nate rimetto la foto al suo posto e mi nascondo dietro ad una poltrona, nella speranza che non venga a cercarmi qui dietro. Purtroppo per me mi trova e assieme ritorniamo dagli altri.
Quando siamo tutti riuniti un'altra volta ci mettiamo a chiacchierare allegramente, mi raccontano molte cose che prima non sapevo, addirittura dicono che la notte tra la vigilia e il giorno di Natale, nelle case dei bambini buoni passa un vecchio signore vestito di rosso a portare i regali... Domani è Natale! Questo vuol dire che stanotte passerà Babbo Natale, Lila dice che nessuno è mai riuscito a vederlo perché ogni volta che viene, la sua magia natalizia ti fa addormentare, ma io voglio essere il primo a vederlo! Corro da mamma e papà che stavano nel grande salotto, seduti sul divano - stretti l'uno all'altra - a parlare con gli altri.
Salgo sulle gambe di papà e contento, inizio a chiedergli se potessi restare sveglio per vedere Babbo Natale.
«Adesso si insegna ai bambini che violare le proprietà private a Natale è consentito e ci può essere pure un pubblico...» Borbotta tra sé e sé mamma mentre papà ride.
«Posso? Per favore?» Chiedo facendo gli occhi dolci a papà perché farli a mamma non servirebbe.
«D'accordo.» Cede papà sotto lo sguardo meravigliato, arrabbiato e sorpreso di mamma. Lui le sorride e le accarezza la coscia, lei ricambia il sorriso sfiorando il dorso della sua mano. «Il prossimo anno, sei ancora piccolino, ok?»
«Nooo, per favore mamma io sono grande! Ho otto anni!» Cerco di convincerla, sotto il suo sorriso comprensivo.
«Va bene... puoi restare sveglio a patto che non fai alcun tipo di rumore, d'accordo?» Cede anche lei.
«Si! Grazie mamma.» Le butto le braccia al collo e mi lascio cullare dalle sue dolci carezze. Pian piano ci stacchiamo ed io mi metto tra lei e papà che stava già riprendendo la conversazione che ho interrotto. Non ascolto ciò di cui stanno parlando perché sono troppo occupato ad ammirare i loro profili e gli sguardi che veloci si scambiano, sembra che riescono a fare un intero discorso solamente guardandosi. Ogni volta che gli occhi color ghiaccio di mio papà si sciolgono in quelli color nocciola di mamma, mi sento quasi a disagio perché in quel momento così apparentemente banale, si intravedono tutti i forti sentimenti che provano reciprocamente l'uno per l'altra ed è come se si sprigionasse una magia, anzi, è così, si sprigiona la magia dell'amore! Credo che neanche loro riescano ad esprimere a fondo ciò che provano ed è per questo che i loro sguardi sono così carichi di emozioni che ogni giorno non diminuiscono: aumentano.
Il tempo passa veloce e nel migliore dei modi stando tutti riuniti in salotto a chiacchierare, ma soprattutto tra mamma e papà a coccolarci, solitamente abbiamo poco tempo per stare assieme e non far nulla.
Quando tramonta il sole, decidiamo di ordinare delle pizze da mangiare in serata mentre vediamo un film. Alle sette arrivano le pizze e, riunendoci tutti in salotto, iniziamo a vedere una vecchia trilogia chiamata: lo Hobbit. Anche se sono al sicuro tra mamma e papà mi spavento molto quando Bilbo Beggins entra nella grotta di Gollum, quello strano essere ossessionato dai tesori. Nascondo il viso nel fianco di papà che mi abbraccia e mi rassicura, mentre mamma si avvicina di più e dolcemente passa una mano sulla schiena e mi sussurra all'orecchio di stare tranquillo perché è tutto finto. Pian piano ricomincio a guardare il televisore, ma non presto molta attenzione poiché inizio a sentire le palpebre pesanti e cerco di non addormentarmi.
Apro gli occhi trovandomi in una stanza che non conosco, mi metto a sedere e rammento che mi trovo nel grande complesso, guardo l'ora e noto che sono le sei di mattina. Silenziosamente esco dalla mia camera e entro in quella dei miei genitori che si trova proprio in fondo al corridoio. Li trovo dormienti, abbracciati: mia mamma sta su un fianco con la testa poggiata sul braccio meccanico di papà e lui è sdraiato sulla schiena con la faccia rivolta al soffitto. Decido di mettermi sdraiato tra loro visto che c'è dello spazio libero e mi accoccolo tra i loro corpi caldi che mi infondono sicurezza. Sono sicuro che quando si sveglieranno avranno da ridirmi qualcosa, ma a me non importa adesso voglio solamente godermi questo momento prima che inizi un'altra giornata intensa. Lentamente mamma si muove nel sonno e mi appoggia il braccio sulla pancia, questo dolce gesto involontario mi fa ricadere in un sonno profondo.
Sento delle dolci carezze sui miei capelli, mi sembra quasi di vedere la scena con altri occhi che pian piano diventano i miei; li apro lentamente facendo filtrare la luce del sole attraverso le mie palpebre e sopra di me noto due figure che lentamente metto a fuoco: dapprima i caldi sorrisi e poi altri dettagli che conosco molto bene... Sono i miei genitori. Entrambi sono appoggiati su un fianco a guardarmi, papà ha un braccio sul fianco di mamma e lei ha la mano poggiata su di esso per trattenerlo, come se avesse paura che lui si potesse allontanare. Anche io faccio un sorriso ai due, mi stropiccio gli occhi con il dorso delle mani mentre sbadiglio e poi mi siedo dandogli le spalle, vedo i loro busti muoversi così mi giro leggermente e li sorprendo a darsi un bacio e a bisbigliarsi sulle labbra un "buongiorno" dal tono assonnato e con la voce ancora roca e impastata. Mi giro del tutto sedendomi a gambe incrociate verso di loro e sorrido birichinamente, vedo comparire sul loro volto un accenno di preoccupazione perché ogni volta che faccio questo sorriso ho in mente qualche marachella, ma stavolta non ho intenzione di fare niente... almeno per il momento. Mi sono solamente emozionato, succede ogni volta che si scambiano qualche effusione e sono sicuro che se ci fossero state altre persone di sarebbero emozionate come me, conoscendo i miei genitori.
Con ancora il sorriso stampato sul volto mi metto sotto alle coperte assieme a loro ignorando i dolci inviti ad alzarci, di mamma. «Sei come tuo padre! La mattina vi piace restare a poltrire anzi che fare qualcosa!» Si lascia cadere con la schiena sul materasso.
«Mmm, non sono d'accordo... poltrire è comunque fare qualcosa.» Ribatte papà mentre mi scavalca e si mette sopra di lei reggendosi con le braccia. «E poi ammettilo che quando poltriamo assieme ti piace.» Lei, in tutta risposta, sbuffa divertita e gli mette le mani attorno al collo attraendolo a sé per dargli un altro bacio.
«Bleah!» Esclamo mentre faccio riapparire il birichino sorriso, adesso ne combino una delle mie; di prima mattina tutto questo dolce amore mi fa venire le carie. Alla velocità della luce esco da sotto le coperte e mi sdraio sulla schiena di papà assicurandomi di tenermi forte con le gambe attorno al suo bacino e con le mai alle sue spalle. Sul viso di mamma vedo comparire un sorriso complice che sicuramente ha scambiato a papà, credo che adesso si vendicheranno, non avrei dovuto interrompere il loro bacio. Ad un segno di consenso di mamma, papà si alza velocissimamente, mi ritrovo a tenermi aggrappato con tutte le forze alla schiena di mio padre per evitare di cadere, ma soprattutto di poggiare i piedi scalzi sul pavimento gelato. papà mi tiene le braccia per non farmi scendere e istintivamente inizio a ridere e cerco di farmi mettere giù; con calma si alza mamma dal letto e viene verso di me.
«Tesoro, ti insegno un trucco. Per farti mettere giù è sufficiente dare un bel calcio dietro al ginocchio in modo che lo costringi a piegare la gamba e, a quel punto, sei abbastanza in basso da toccare terra e quindi ti è sufficiente fare dei passi in dietro e lui ti lascerà anche le braccia perché gli stai facendo fare una leva sfavorevole. Provaci.» Dice sorridente con tono dolce. Timorosamente lascio penzolare le gambe tenendomi forte con le braccia e poi faccio come mi ha detto mamma. In un attimo sono libero lasciando papà in ginocchio davanti a me, contento batto il cinque a mamma, mi rigiro verso papà e lo vedo ancora inginocchiato, sofferente, che si tiene la spalla meccanica. Mi avvicino lentamente cercando di capire se gli ho fatto male mentre mamma incrocia le braccia al petto e assiste alla scena con indifferenza.
«Papà...?» Lo chiamo dolcemente, in quel momento alza la testa facendo un sorriso perfido, all'istante capisco perché mamma non si è scomposta e realizzo di non aver scampo, infatti non faccio in tempo a muovere un muscolo che mi trovo un'altra volta "imprigionato" tra le sue forti braccia sicure. Mi tiene le braccia strette lungo il corpo mentre struscia la barba sul mio collo facendomi ridere a crepapelle. Mamma ci supera per andarsi a cambiare e passando da un leggero colpo sulla nuca a papà per rimproverarlo di avermi fatto preoccupare. Quando papà mi lascia andare ho le guance rosse e faccio fatica a riprender fiato a causa delle troppe risate, mi risdraio sul bordo del letto mentre anche papà si cambia. Vedo tutti i suoi muscoli muoversi nel mentre si toglie la maglietta e resto incantato dallo scintillare del braccio sinistro che tiene per la maggior parte del tempo coperto; ciò che attira maggiormente la mia attenzione è la stella rossa sulla spalla, di un rosso sangue ammaliante e dai contorni perfetti.
«Papà...» Lo chiamo facendolo voltare. «Mmh?» Mi incita a parlare. «Perché hai disegnata sul braccio una stella?» Gli chiedo diretto.
«Non lo so tesoro, non l'ho progettato io.» mi dice con tono vago... Mi sta nascondendo qualcosa, ne sono sicuro! «Chi l'ha progettato?» Continuo a domandare.
«Io» Dice mamma uscendo dal bagno, entrambi la guardiamo sorpresi e colgo l'attimo per rifarle la stessa domanda a cui stranamente da una risposta abbastanza chiara.
«Chiamiamola... marchio di fabbrica!» Dal tono con cui l'ha detto sembra stia cercando le parole per occultarmi qualcosa, ma non gli do molto peso perché sembra convinta di quello che sta dicendo. Si dirige verso papà, passa le mani sulle sue spalle tracciando il contorno della stella rossa e poi fa combaciare le loro labbra, lui le mette le mani sui fianchi e scende dietro la schiena, vedo che infila una mano nel bordo dei pantaloni neri della tuta attillata e si stacca dal bacio contrariato, sfila la mano e noto che ha uno strano coltello in mano.
«Ne avevamo parlato, vero?» La rimprovera a fior di labbra tenendola con il braccio metallico attaccata al suo corpo. Lei alza gli occhi al cielo e girandosi verso di me si stacca dalla sua presa, mi prende per mano e mi accompagna fuori dalla loro stanza.
«Andiamoci a vestire. Mettiti una maglietta anche tu.» Dice lei, mentre usciamo, prima a me e poi rivolta a papà. Con una mano poggiata sulla mia spalla mi conduce in camera mia, prende dall'armadio una maglietta rossa bordeaux e un paio di jeans.
Mi cambio velocemente e poi assieme a lei vado nel grande salone per far colazione. Entrando con un grande sorriso in salone, do un caloroso buongiorno a tutti quanti che ricambiano allegri. Aspetto che mamma e papà si siedano e poi mi metto in braccio a papà nel momento in cui mamma è distratta, in modo che non può impedirmi di stare su papà. Quando mamma si gira verso di noi le faccio un sorriso innocente e papà le appoggia una mano sulla spalla, lei ricambia il sorriso e torna a parlare con zio Sam che ci sorride complice, nel frattempo, la nostra colazione procede velocemente e in allegria.
Appena gli adulti finiscono di sparecchiare ci mettiamo sul divano e ci scambiamo dei regali, quando abbiamo finito mia mamma si alza e, rivolta a tutti noi dice:
«Quest'anno ho una cosa che vi piacerà più dei maglioni fatti a mano, ma dovete uscire.» Senza aggiungere nient'altro mamma si avvia fuori seguita da tutti noi che abbiamo una curiosità enorme.
Quando siamo tutti radunati fuori, da poche scintille si apre un varco circolare facendomi restare a bocca aperta, ma cosa più sorprendente, dal varco escono le tre persone della foto accompagnate da un altro uomo con una strana barba e un mantello rosso. Pepper e Morgan si portano le mani alla bocca sconvolte non sapendo che dire, tutti quanti sono in quello stato di sconvolgimento totale tranne io che non capisco cosa sia appena successo e mamma che ovviamente lo sapeva.
Papà corre ad abbracciare il ragazzo biondo e zio Clint corre ad abbracciare la rossa mentre Pepper e Morgan corrono contro il moro. Papà e il suo amico si avvicinano a me mentre io indietreggio diffidente, il biondo si abbassa alla mia altezza e si presenta.
«Io sono Steve, conosco tuo papà da tantissimo tempo. Tu come ti chiami?» Chiede gentile. «Dimitri.» Rispondo semplicemente; lui mi sorride e si alza, tende la mano a mia mamma con riconoscenza. «Grazie Viktoria.» La stringe mentre risponde ironicamente.
«Questo vuol dire che ti avrò tra i piedi ancora per molto, Capitano. Fa in modo che non debba accorciare questo tempo...» Entrambi fanno un sorriso stirato e tutti assieme rientriamo. Nella voce di mamma c'era della minaccia, questo conferma la mia diffidenza, anche se papà sembra esserci molto amico.
Nel grande salone per un momento cala il silenzio ed è Shuri a romperlo: «Vorrei fare la domanda che tutti abbiamo in testa: come hai fatto a riportarli in vita?»
Mia mamma prende un grosso respiro e comincia a spiegare. «Per prima cosa: nessuno di loro era morto, io non faccio miracoli. E secondo: ho fatto in modo che l'unica possibilità di un lieto fine si avverasse. Il lavoro con il Capitano è stato semplice, mi è bastato solamente rispolverare qualche vecchia ricerca di Whitehall, lui era riuscito a creare un siero che permettesse la rigenerazione delle cellule in modo da consentire un ringiovanimento, con alcune modifiche l'ho adattato al DNA del Capitano. Per Natasha invece ho dovuto chiedere un favore ad un vecchio ami-»
«Tu conoscevi quel coso?» La interrompe la rossa.
«Oh sì, anche James e il capitano lo conoscevano. Lui era Teschio Rosso eravamo molto uniti, ma nello scontro con Steve, lui, toccando il tesseract, è stato esiliato e costretto a proteggere la Gemma dell'anima. Mi ci è voluto un po' per convincerlo a rifare lo scambio, ma come potete vedere, ci sono riuscita. Tony è stato il più difficile, con lui ho dovuto iniziare a salvargli la vita da subito dopo che aveva schioccato le dita, il reattore Arc è riuscito a tenerlo in vita il tempo necessario per permettermi di riparare i danni maggiori.»
«L'abbiamo visto morire tutti quanti!» La interrompe zio Peter triste.
«Avete visto ciò che vi aspettavate.» Risponde lei tranquilla per poi proseguire.
«Come tutti voi sapete il cervello comunica con impulsi nervosi, ma se io fossi in grado di alterare quegli impulsi?» Dicendo così mette le mani davanti a sé e da una all'altra fa passare dell'energia elettrica. Facendoci restare tutti a bocca aperta tranne papà che probabilmente sapeva di questo suo potere.
«Ed è così che vi ho ingannati a tutti. Ovviamente il dottor Strange sapeva tutto quanto, è stato lui a suggerirmi come salvare Tony, gli altri sono venuti da sé.»
«Perché non dircelo? Perché ce lo hai nascosto tutto questo tempo?» Dice zio Clint arrabbiato.
«Dicendovelo avrebbe messo a rischio la linea temporale.» Si intromette l'uomo dal mantello rosso che ho associato al nome di dottor Strange. Dopo quest'affermazione nessuno osa più far domande.

Angolo Scrittrice
Innanzitutto Buon Natale a tutti.
Ho pensato molto se pubblicare questo sequel, ma alla fine, le mie lettrici beta mi hanno convinta, e così eccomi qui con voi pronta ad intraprendere una nuova avventura al fianco di Viktoria, del Soldato d'inverno e stavolta anche di Dimitri. Allora, che ne pensate di questi colpi di scena?

PS: mi scuso enormemente per la morte di Black Panther, ma sarebbe stato troppo difficile da tenere in vita, anche moralmente, non mi sembrava giusto, quindi ho appoggiato la decisione del MCU, spero di aver fatto la cosa giusta.

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