1.4) La tua più grande forza è...

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Dopo tanto, forse troppo tempo, stiamo passando la mattinata a giocare e scherzare tutti assieme sul letto, questi momenti sono così belli! Purtroppo nella vita frenetica di tutti i giorni non c'è tempo per fermarsi e passare assieme dei momenti senza pensare a niente. Ovviamente, come tutte le cose belle, viene interrotta; un bussare alla porta ci riporta alla realtà interrompendo il nostro momento felice. Papà si stacca da mamma e va ad aprire la porta, davanti a lui compare imponente la figura di zio Steve che sorride. Il biondo ha in mano dei fogli, papà lo fa entrare e lui viene verso di noi, mamma si mette a sedere facendo rotolare il cagnolino verso il posto di papà lasciato vuoto, lui si rialza subito e va verso il bordo del letto per conoscere zio Steve, lui lo accarezza dolcemente. Poi mi abbraccia per darmi il buongiorno, di solito mi piacciono gli abbracci, ma stavolta sento in me crescere l'odio e la voglia di staccarmi e stargli più lontano possibile.
«Che ci fai a quest'ora qui e con quei fogli in mano?» Arriva dritta al punto mamma.
«Gli ho dato un'occhiata e ne ho parlato con gli altri.» Non sto capendo molto, ma sono sicuro che questa conversazione contribuisca al basso umore di mamma.
«Che rapidità.» Commenta papà.
«Hanno paura che cambi idea.» Gli risponde lei appoggiando la testa contro al muro e sogghignando. «Ne possiamo parlare?» dice lui gentile.
«Dimitri porta il coso peloso a giocare per favore.» Mi sorride mamma, dietro al suo sorriso non c'è gioia, ma molta tristezza, riesco quasi a percepirla, ad immedesimarmici è come se anche io provassi la stessa cosa. «Va bene, vado in cortile.» Velocemente prendo in braccio Sacha e scendo dal letto. «Non ci stare troppo.» Si raccomanda papà mentre esco correndo. Vado in camera mia e mi cambio. Mentre sto per uscire starnutisco e un animaletto di fuoco compare accanto a me.
«Oh no, non di nuovo!» Mormoro mentre mi avvicino lentamente a lui per prenderlo e spegnerlo prima che possa fare danni, a casa degli zii ha quasi dato fuoco a tutta la camera; per fortuna nessuno ha sentito niente. Il birbante inizia a correre inseguito da Sacha, appena i due mi passano vicino afferro il mostriciattolo di fuoco e velocemente corro fuori. Lo appoggio sulla neve sperando che si possa spegnere. Inizia ad evaporare la neve, ma lui non si dissolve, nel punto in cui la sua pelle è a contatto con la neve smette di bruciare, inizio a ricoprirlo, ma non scompare. Lui si accuccia nella neve quasi gioendo di stare al fresco, mi sembra proprio un draghetto! Lentamente lo accarezzo, è piacevolmente caldo, Sacha gli si avvicina e lo annusa, lui si alza, si scuote la neve da dosso e i due iniziano a giocare, stranamente il drago non riprende a bruciare.
Mentre sto giocando allegramente con i due cuccioli, improvvisamente in me sento crescere rabbia e dolore, non ne capisco il motivo, mi fermo e cerco di calmarmi. Resto a guardare i due rotolarsi nella neve allegramente.
«Non sapevo che erano due i cani.» La voce di zio Steve mi fa quasi urlare dalla sorpresa... Adesso che mi invento? Non gli posso mica dire che quando starnutisco compare un drago!
«In realtà... Ecco sai... No... loro... Io... Beh, Vedi...» Farfuglio cercando di trovare una scusa credibile. «Che hai fatto piccola peste?» Mi chiede scompigliandomi i capelli.
«Non è colpa mia, io ho starnutito e... e... ed è apparso un drago!» Dico tutto d'un fiato gesticolando quasi ridicolmente.
«Cosa?!» Esclama incredulo. Metto le mani nei miei capelli rossicci, sto entrando nel panico, se mamma viene a sapere questa cosa non so che potrebbe succedere! Ma soprattutto, perché gliel'ho detto?! Ho combinato un disastro!
«Ti prego zio Steve, non lo dire a mamma e papà.» Se solo qualcuno mi potesse salvare da questa situazione...
«Va bene, ma non dare fuoco a casa. Comunque io e tua mamma abbiamo finito di parlare.» Mi rassicura rientrando, non capisco le sue parole fino a che non mi giro e vedo Sacha impaurito davanti al draghetto che saltella contento avendo ricominciato a bruciare. Preso dal panico mi metto le mani sugli occhi pervaso da una scarica di adrenalina e mi lascio scappare un urletto di un misto tra sconforto, panico e disperazione. Corro dal drago e cerco di spegnerlo.
«Mi devi aiutare, non puoi prendere fuoco quando ti pare! Per favore.» Quasi lo imploro. Lui si ferma, mi guarda negli occhi inclinando la testa verso sinistra e si siede spegnendosi. «Bravo, iniziamo a capirci.» Non faccio in tempo a dirlo che riprende a bruciare. «No, no, no! Ti prego spegniti! Per favore fai il bravo.» Dico quasi strillando, non so che fare, mi sta esasperando! Lui si ferma un'altra volta e mi studia, lo accarezzo mormorandogli un "grazie" alle mie parole fa una fiammata e scompare... Che fine avrà fatto? Mi giro in torno cercandolo, spero solamente che non sia andato da qualche parte a far guai. Noto che sulla neve ha lasciato le lettere "V.SZ." mi inginocchio per guardarle meglio, sono sicuro che da qualche parte ho già visto quella sigla.
«Dimitri.» Alla chiamata di mio papà salto in aria spaventato, mi affretto a ricoprire la scritta e vado da lui seguito da Sacha. «Che c'è?» Gli chiedo facendo la faccia da angelo nella speranza che non sospetti niente di quello che è successo stamattina.
«Mamma oggi non sta molto bene, non la far arrabbiare, lasciamola riposare.» In questo momento è talmente preoccupato per lei che non si accorgerebbe neanche del drago se riapparisse. «Che cos'ha?» Chiedo spaventato. «In questo periodo sta prendendo delle scelte difficili ed ha bisogno che le stiamo accanto.» Risponde vagamente, annuisco e assieme a lui rientriamo. Prima che la porta si chiuda do un ultimo sguardo fuori nella speranza che non sia riapparso il drago.
Il resto della giornata la passo con papà in camera mia a fare i compiti delle vacanze. Mamma è rimasta chiusa in camera sua senza mai uscire. Zio Steve, invece, si è altalenato tra la palestra e la camera.
«Basta!» Sbatto la penna sul tavolo, incrocio le braccia e mi giro verso papà. Lui alza gli occhi dal suo libro e mi guarda inespressivo. «Sono stufo di fare le divisioni!» Continuo a protestare. «Va bene.» Sospira. Chiude il libro inserendo sull'angolo della pagina il segnalibro che ha fatto mamma, piegando un foglio mentre facevamo i compiti assieme. Appoggia ai piedi del mio letto il libro, viene verso di me. Delicatamente mi scompiglia i capelli sorridendo con falsità. Sta cercando di non farmi capire quanto entrambi siano tristi, ma non ci riuscirebbe neanche se portasse una maschera.
«Posso andare da mamma?» Domando ingenuamente. Lui mi fa un altro sorriso stirato e annuisce mettendosi le mani in tasca e stringendosi nelle spalle. Veloce come un fulmine esco dalla stanza e cautamente entro in quella di mamma.
Lei è sdraiata a letto - questo è strano, non l'avevo mai vista di giorno sul letto - guarda il soffitto con le mani sotto alla testa e lo sguardo perso, la coperta le arriva fin sotto il mento - ancora più strano, lei ha sempre caldo - sembra rilassata. Gira la testa verso di me e mi sorride, ricambio. Lentamente mi avvicino, non mi sembra che stia male, almeno non fisicamente, ma nel fondo dei suoi occhi vedo la tristezza, la rabbia repressa, la stanchezza, il dolore... Il suo sguardo è vuoto, sofferente, stanco, sembra quasi che abbia perso la voglia di vivere; ma con tutto ciò, una parte di sé continua a combattere, lo posso vedere nelle pagliuzze dorate che brillano sul bel marrone cioccolata dei suoi occhi. Lei non si è mai scoraggiata e sono sicuro che non lo farà adesso. Mi rivolge un sorriso sicero e poi mi fa segno di venirmi a sdraiare accanto a lei. Senza pensarci due volte mi infilo sotto alle coperte e trovo rifugio tra le sue braccia e nel suo calore. Anche papà ci raggiunge accostando la porta della stanza. Lui si mette dietro di noi e ci stringe forte.
«Mi sembra ieri che ti tenevo in braccio e ti portavo in giro per la stanza per farti dormire.» Sussurra mamma, facendomi girare verso di lei. Mi sorride sognante.
«Eh già, come passa il tempo...» Le fa eco papà. «Però non mi potrò mai dimenticare di quando, con il pancione, te ne stavi sul divano, tutte le sere, a leggere un libro, vedere la televisione oppure aspettavi che finissi di fare la doccia dopo l'allenamento, per poter avere un momento per noi.» Sorride anche lui. Io ridacchio al pensiero di mamma con la pancia, non me la riesco ad immaginare, goffa e con il bisogno di coccole. Mi arriva un colpetto sulla nuca da parte di papà.
«Che c'è?» Protesto alzando la testa per guardarlo. Stavolta è mamma che ridacchia.
«Lui non legge nel pensiero, ma ha capito a cosa stessi pensansando... ti dirò che per quanto la pancia potesse essere ingombrante, è la cosa più bella del mondo. Poter sentire il proprio bambino crescere, sentire i suoi movimenti, le emozioni che ti trasmette...» Mi accarezza la testa sospirando contenta.
Alle sue parole mi balena un ricordo, non è mio, ne sono sicuro.

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