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E capii di essere nel mio letto.

Al sicuro?

O stavo  sognando?

O stavo vivendo?

Cercai di aprire gli occhi ma qualcosa mi teneva legata al materasso, costretta in quella posizione .

Forse era la paura.

O forse la malinconia, si stava bene dopotutto in quel posto.

E se provassi a riaddormentarmi, tornerei lì?

No,no...

Perderei altro tempo.

Altre ore.

Dovevo alzarmi.

Non ci riuscivo però.

Basta con la paura.

Basta con le emozioni.

Non potevo gettarle al nulla come se fossero nulla.

Allora mi presi quello che il nulla mai mi regalò : il coraggio.

Glielo strappai di mano, con la forza, lo voleva tutto per sé.

Ma non poteva vincere lui.

Dopo un paio di minuti che mi parvero, ci parvero, infiniti, vinsi io.

Il coraggio era tra le mie braccia.

Ma era un estraneo.

Non eravamo mai stati insieme, da soli.

Strano.

Imbarazzate per certi versi.

Ci guardammo negli occhi e seppur avessimo entrambi vergogna, ci aiutammo.

Mi aprí gli occhi.

Solo quelli.

Sensazione paralizzante.

Dico davvero.

Solo le mie orbite oculari si muovevano, irrefrenabili.

Il resto del mio corpo era immobile.

Ma ci provavo.

Non sudavo.

Nemmeno una goccia.

Nulla.

La stanza era illuminata dalla fioca luce del sole appena sveglio.

Ma tutto mi sembrava di un'altra dimensione.

Surreale.

Penso sia stata quella compagna sconosciuta a parlarmi.

La sentii vicina vicina.

Come se avesse bisogno di calore.

Non mi disse una parola.

Ma udii un suono come se fosse un miagolio.

Dopo mi lasciò.

Ne sono certa.

Perché mi pervase la paura, mi salii addosso come mille formiche.

Piccole, tante e incontrollabili.

Ne ero piena.

Sudavo.

Dovevo prendere un po' d'aria .

Alzai il piumone dal mio corpo bagnato.

Il freddo di Ottobre mi rallegrò.

Lo sentivo vivo.

Mi accarezzò la pelle.

I piedi toccarono il legno freddo e i brividi mi provocarono un piacevole tremore.

Dovetti correre vicino al secrétaire che comprai da una vecchia megera.

Mi ricordai di quella stramba.

A caso.

Completamente.

Sentivo ancora il bisogno dell'aria fredda, che mi congelasse tutta, anche il cervello.

Anche i pensieri.

Strattonai velocemente la tenda e aprii la porta che dava sul piccolo terrazzo.

Solo con una vestaglia, che mi arrivava poco più sopra a ginocchio.

Per il resto ero nuda.

A pensarci fu davvero eccitante.

Provavo quel senso di libertà, che non pensiamoci cosa fosse davvero, fino a poco tempo prima.

La vista fu piacevole.

Capii che quel frammento di universo era il mio, lo avevo guadagnato da sola, per la prima volta.

Era il mio limite .

Forse.

Lo avevo scelto io il limite, almeno.

Me lo ero imposta da sola.

Dopo un po' di osservazione notai qualcosa di strano.

Era diverso.

Dovevo capire.

Vedere da vicino.

Analizzare quella diversità.

Quando siamo piccoli abbiamo paura del mostro, ci nascondiamo sotto le coperte.

Io ho sempre voluto spiarlo.

Dovevo ucciderlo, prima che lui uccidesse me.

Scoprire le sue paure, prima che lui scoprisse le mie.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 16, 2020 ⏰

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