Poi mi avviai verso casa, stavolta con più sicurezza, avevo memorizzato la strada. Mi piaceva camminare, perché i pensieri entravano senza bussare e cominciavamo ad avere delle conversazioni amichevoli, certi pensieri quando si presentano, non puoi evitarli, devi affrontarli e accettare le conseguenze, nel mio caso non facevo più attenzione a dove stavo andando e la maggior parte delle volte mi perdevo. Non era questo il caso per fortuna, perché mi resi conto di essere arriva sotto casa. Le infinite scale erano lì ad attendermi con aria di sfida, mentre l'ascensore rotto si preparava a ridere vedendomi soffrire a ogni piano. Finalmente giunta in cima al settimo piano entrai in casa e sprofondai sul divano, mangiai qualcosa e dopo di che mi rinchiusi nella mia stanza insonorizzata per fare box, era immensa e vuota con solo il sacco a farmi compagnia. Mi rinchiudevo lì per scaricare la tensione. A volte passavano ore senza che me ne accorgersi, era come stare all’interno di una sfera di vetro, solo che nessuno poteva scuoterla e me ne stavo chiusa lì con la testa sotto vuoto.
<<Per questo sai dare i pugni così bene>> mi voltai di scatto e vidi Fiore sulla soglia della porta che mi fissava sbalordito, poi entrò chiuse la porta e si sedette a terra. Io continuai a fare box ma alla fine mi stesi a terra stremata.
<<Perché fai pugilato?>>
<<Perché mi piace>>
<<Perché ti piace?>>
<<Ma non hai proprio voglia di lasciarmi in pace?>> alcune gocce di sudore m’incorniciavano la fronte e lui attendeva impaziente una risposta.
<<Mi hanno sempre giudicato come la bambolina di turno, piccina e carina, così decisi di fare qualcosa che mi rendesse meno femminile e più ribelle>>
<<Chi avrebbe mai potuto chiamarti bambolina, un cieco forse?>>
<<Senti un po' papavero rosso, sarebbe divertente appenderti al posto del sacco, saresti proprio adatto perché la tua faccia mi sprona a picchiare più forte>>
<<Sei proprio divertente sai>>
<<Vieni idiota, aspettami in cucina, vado a lavarmi>> corsi a lavarmi. Quando tornai, vidi che Matilde mostrava le mie foto da bambina a Fiore.
<<Qui eri proprio una “bambolina”>> gli strappai l'album dalle mani e lo nascosi, Matilde ridacchiava <<Matilde non ti alleare col nemico!>> poi entrambi scoppiarono a ridere <<Muoviti girasole, andiamo a fare la relazione>>
<<Sì signora, agli ordini>>
<<Sapevi che Cerbero nella mitologia è un simbolo di ingordigia e discordia a causa della continua lotta tra le sue tre teste?>>
<<Certo, non a caso il sesto canto tratta i conflitti fiorentini>>
<<Mi sorprendi fiorellino, bravo>> mi meravigliò davvero, passammo tutto il pomeriggio a studiare, eravamo davvero in sintonia. Poi si fece tardi e ci salutammo <<Bene allora a domani>>
<<Ciao fiore di loto>>
<<E comunque i fiori sono belli>>
<<Lo direbbe qualunque ragazza fiorellino>> allora lui fece una smorfia e se ne andò.
I giorni a seguire continuammo a studiare insieme, era sempre divertente con lui, in più era anche costruttivo, avevo imparato tanti di quei nomi di fiori solo per poterlo prendere in giro.
<<E anche la relazione sul De vulgari eloquentia è conclusa>>
<<Mi chiedo perché tanti affanni per nulla>>
<<Che vuoi dire orchidea?>>
<<Gli uomini si sono sempre dati un gran da fare per riuscire a comunicare tra di loro, per trovare la lingua perfetta e guardaci ora, quasi più nessuno parla o cerca di avere uno scambio di opinioni, l’uomo troppo spesso ha, ma non apprezza>> non riuscivo a far altro che ascoltare, sembrava una persona diversa <<crogiola nella pigrizia e nelle troppe comodità, ti accetta se l’opinione è la stessa e ti emargina se pensa che tu dica fandonie>>
<<E l’unica cosa che resta da fare è conversare con se stessi fino al punto di raggiungere un esaurimento, perché anche se tu provassi a parlare, non ti prenderebbero in considerazione>>
<<Ti lasciano in un angolino e ti reputano asociale e timido>> tra di noi calò un silenzio apatico, come se quella discussione fosse rimasta impressa nell’aria e succhiasse qualsiasi nostra emozione. Ci abbandonammo a quel silenzio e restammo così per un po’, poi a un tratto lui sembrò voler dire qualcosa, ma esitava <<Cos’hai fiorellino?>>
<<A proposito di due persone che parlano, devo confessarti una cosa, avrei voluto dirtelo prima ma non avevo il coraggio>> lo guardai un po’ perplessa non sapendo cosa intendesse <<Ecco, è un po’ difficile da spiegare, non so da dove partire, per me è importante che tu lo sappia>> temporeggiava cercando di trovare le parole giuste <<l’anno scorso ho avuto una grave anemia e alla fine mi dissero chiaro e tondo che avevo la leucemia, ma non ti preoccupare adesso sto benissimo>> lui continuò a parlare ma non riuscivo ad ascoltarlo, nella mia mente risuonava solo quello straziante termine <<Spero di non averti sconvolta>>
<<No tranquillo sono solo un po’ stanca, forse è meglio se ci vediamo un altro giorno>> lo feci accompagnare da Matilde alla porta e mi rinchiusi nella mia stanza. Non avevo voglia di dormire e neanche di star sveglia, me ne stavo lì a osservare la pallina di vetro, col cervello impantanato, speravo che prendesse vita, che gli abitanti del villaggio inscenassero un teatrino comico per tirarmi su di morale, ma dopo mezz’ora la pallina era inerte sul comodino. Tra me e me continuavo a ripetere quella parola “leucemia” e continuavo a chiedermi perché? Per la prima volta dopo tanto tempo ero riuscita a far amicizia con qualcuno e lui mi dice di avere la leucemia. Le lacrime invasero il mio viso fino a farmi venire gli occhi rossi e gonfi, delle lacrime represse per troppo tempo. Mia madre morì di cancro quando io avevo undici anni, quando mi dissero che aveva il tumore al seno mi crollò il mondo addosso, il cuore mi si sgretolò in petto e la speranza che albergava in me svanì. Da quando la mamma ci ha lasciato, papà non fa altro che trasferirsi e ubriacarsi. Non vive più, lascia scorrere il tempo in attesa della sua ora, tormentandosi l'anima e affogando nei ricordi...