Parte 4

22 3 0
                                    

Non so dire per quanto tempo rimasi a fissare la pallina, ma quando le prime luci dell’alba mi svegliarono, ero esausta. Restai stesa sul letto, incurante di ciò che avrei dovuto fare e di nuovo fissavo la pallina come in una sorta di trance. Poi Matilde entrò dolcemente nella mia stanza interrompendo per un attimo la mia apatia <<Signorina Chiara, mi scusi se l’ho svegliata, ma suo padre è appena tornato dalla Svizzera e vorrebbe salutarla>> feci finta di dormire, non avevo voglia di alzarmi, tanto il mio saluto gli sarebbe stato indifferente. Avrei voluto trascorrere tutto il giorno su quel letto, ma la porta si spalancò ed entrò mio padre <<Ti pare questo il modo di accogliere tuo padre? Alzati Chiara>> feci finta di non sentirlo, non riuscivo, né mentalmente né fisicamente ad alzarmi. Mi scostò le coperte di dosso <<Dai alzati, così ti accompagno a scuola>>

<<Non ti sei mai preoccupato di accompagnarmi, perché scomodarti adesso>> mi afferrò bruscamente per le spalle e mi mise a sedere.

<<Signorina ascoltami bene, se io non ci sono mai, è perché lavoro! Non vado a divertirmi, lavoro affinché tu cresca bene!>>

<<Se tu volessi davvero il mio bene, faresti padre>> lui divenne rosso in viso e cominciò a urlare <<Io faccio continui sacrifici e tu come mi ripaghi? Sei una figlia ingrata! Non fai altro che fantasticare e giocherellare con quella stupida pallina di vetro! Chiara devi accettare la realtà, la mamma non c’è più>>

<<Non sono io quella che si ubriaca costantemente>> non ebbi neanche il tempo di terminare la frase che mi ritrovai cinque dita stampate sul viso.

<<Preparati per la scuola>> e andò via sbattendo la porta. Mi guardai allo specchio, vidi la mia guancia rossa e pensai che non mi importava, magari ero ancora un po’ apatica, ma non mi importava più niente di lui e non avevo voglia di sprecare pensieri che lo riguardassero. Continuai a fissarmi allo specchio, poi guardandomi con più minuzia, è stato come vedermi per la prima volta, di solito mi preparo in modo distratto e non mi osservo con attenzione, notai le occhiaie per il cattivo sonno, delle piccole lentiggini che invadevano le guancie e il naso, i capelli sfatti e amorfi che cadevano sulle spalle e inoltre ero talmente bassa che di un letto normale occupavo a stento più della metà. Poi smisi di torturare la mia autostima e infilai una felpa e un paio di jeans, presi la pallina e la misi nella cartella.

<<Chiara, c’è Gregorio giù, non farlo attendere>>

<<Ma hai detto che mi avresti accompagnato tu!>>

<<Devo compilare dei contratti di lavoro>>

<<Il lavoro, certo sempre il lavoro! Accompagnato da una bella bottiglia di gin!>> Corsi via senza neanche voler vedere la sua reazione, feci una corsa fino a scuola dicendo a Gregorio che non importava, correvo senza avere il tempo di pensare, correvo nella speranza che i pensieri restassero indietro e perdessero la strada...

            Giunta a scuola mi mischiai tra la folla, la campanella stava per suonare, ma non avevo voglia di entrare in classe, così mi rinchiusi in bagno e mi rannicchiai a terra, scuotendo la mia pallina. Poi mi sa che i pensieri riuscirono a trovare la strada, perché invasero tutti insieme la mia mente, era come se facessero a gara per essere presi in considerazione, ognuno spingeva l’altro e si mischiavano insieme creando un unico grande pensiero che gravava nella mia testa, per la disperazione cominciai a piangere. Trascorsi in bagno tutta la prima ora, poi entrarono delle ragazzine pettegole fiere di fumare le “ammazza polmoni”, giustificandosi di essere stressate a quattordici anni e che con le sigarette si calmavano. Invece l’unica cosa che placano è la loro dipendenza in quanto la nicotina è uno stimolante e più che calmare ti rende ancora più suscettibile ai problemi che si presenteranno. Uscii in fretta dal bagno e gironzolavo per i corridoi cercando di non farmi notare, camminavo tranquilla poi vidi che il vicepreside stava salendo al secondo piano, così feci di corsa le scale e sgattaiolai al terzo piano, corsi verso i bagni guardandomi dietro per assicurarmi di averla fatta franca e finii addosso a qualcuno.

<<E’ destino dobbiamo incontrarci sempre così>> alzai lo sguardo e vidi fiorellino che sorrideva, poi notò i miei occhi gonfi e cambiò espressione.

<<Che.. Che ci fai qui?>>

<<Beh di solito i bagni al terzo piano non includono una splendida sauna alla nicotina>>

<<Non.. non so perché, ho voglia di piangere, di aggrapparmi a qualcuno. Mi sento sola e fragile, mi aggrappo ai ramoscelli finendo col distruggere l'intero albero. Tu sei il mio primo amico dopo tanto tempo e non voglio ridurti a un mucchietto di cenere, non voglio che tu sparisca>> cominciai a piangere e lui mi abbracciò <<Sono solo una stupida che teme e gioisce della sua solitudine...>>

<<Parlami di tua madre>> lo fissai meravigliata con le lacrime agli occhi <<Me ne ha parlato Matilde mentre mi mostrava le tue foto da bambina, era così contenta che tu avessi portato un amico a casa che mi ha raccontato un po’ di te, non avercela con lei>> posai lo sguardo sulle bianche mattonelle e cominciai a scavare nei ricordi.

<<Ricordo ancora il suo profumo, odorava di buono, di preparato per biscotti e cannella, ogni domenica preparava un dolce e mi divertivo a scoprire quel’era l’ingrediente segreto insieme a papà. Mi rimboccava le coperte e restava con me fino a quando non mi addormentavo. E poi la sua risata era bellissima e contagiosa, era l’incarnazione della gioia di vivere, ma giorno, la mamma si sentii male e al tramonto calò insieme al sole e di lei non rimase che un corpo freddo e un mare di ricordi invaso da lacrime>> e nuovamente piansi, Fiore mi teneva stretta fra le sue braccia.

<<Chiara, non puoi piangere in eterno, devi avere un bel ricordo di tua madre, non puoi continuare a vivere nel dolore, devi andare avanti con i suoi insegnamenti, devi vivere. E prometto di starti vicino, ogni volta che mi vorrai al tuo fianco, sarò con te>> mi asciugai le lacrime e mi feci travolgere dal suo abbraccio. Poi decisi di affidarmi ai suoi consigli così dopo scuola ci fermammo alla pasticceria di fronte casa mia e comprammo una torta, volevo scusarmi con mio padre per il mio comportamento e proporgli di essere felici insieme anche senza la mamma, di prenderci cura uno dell’altro, di essere padre e figlia. Saliti sopra, allestimmo il tavolo mettendo la torta in un bel vassoio <<Matilde, papà dov’è?>>

<<Mi dispiace signorina Chiara è dovuto andare via, per il lavoro>> gli occhi mi si riempirono di lacrime, per quanto volessi sistemare le cose, il destino sembrava essermi avverso, però Fiore mi abbracciò e disse <<Andrà bene>> e il cuore mi si riempì di gioia.

<<Sai sei proprio una primula, un bel fiorellino sensibile>> e continuammo a ridere tra una lacrima e un pezzo di torta, insieme.

Petali di neveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora