Ti aspetterò per sempre nell'Elisio

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Era successo tutto più velocemente di quanto Percy avesse mai immaginato: il cielo di Atene era un unico, livido cumulo di nubi, nubi temporalesche identiche a quelle che continuavano a muoversi negli occhi stanchi di Annabeth.

La figlia di Atena inspirava ed espirava profondamente, prendendo quanta più aria possibile, mentre sembrava che un masso enorme le stesse schiacciando il petto, impedendole di respirare: i suoi capelli biondi erano riversi sul marmo bianco del Partenone, intaccato in più punti per la strenua battaglia che i due avevano intrapreso contro i giganti e che avevano perso, dove Gea era risorta, plasmata dal sangue e dalla vendetta che aveva covato per migliaia di anni nel suo sonno, ormai finito.

Erano soli.

Annabeth si reggeva a fatica l'addome dove la profonda ferita inferta dai giganti continuava a bruciare e a prolungare il tuo tormento, mentre stringeva i denti, annaspando tra polvere e sangue, trovando la mano pronta di Percy che cercava la sua.

La figlia di Atena ansimò mentre la ferita tirava e bruciava di dolore, voltandosi per incontrare ancora una volta il suo volto, il volto di Percy, striato dal sangue impastato assieme alla polvere, i capelli ebano che avevano perso la loro sfumatura caratteristica, sepolta sotto strati di fumo e sudore.

La disperazione invase il cuore di Annabeth, mentre voci maligne, che sembravano appollaiate sulle sue spalle, sussurravano alle sue orecchie ciò che più temeva, che più la spaventava.

Annabeth non voleva dare loro ascolto, voleva urlare al mondo che si stava sbagliando, che fossero il dolore e il tempo a giocargli quegli scherzi, ma una parte di lei non poteva non calcolare le probabilità che fosse tutto vero, come se una parte della sua testa fosse rimasta lucida in balia della follia che la stava attaccando.

Strinse più forte la sua mano.

Lui capì e rinsaldò la stretta sulla sua, mentre i loro occhi si incontravano ancora: Percy era l'unica cosa sicura che le rimaneva, adesso, e non poteva permettersi il lusso di perderlo.

No, si corresse, lei non l'avrebbe perduto.

I suoi occhi verde mare sembravano aver perso il loro colore brillante, mentre cercavano disperatamente quelli di Annabeth, come un naufrago cerca disperatamente la zattera di fortuna per mettersi in salvo: lì, nella solitudine del Partenone, sotto lo sguardo solenne della gigantesca statua di Athena Parthenòs, Percy non poté non provare un impulso istintivo, qualcosa che Percy non seppe mai se fosse stata la sua ragione a suggeriglielo o il suo cuore.

"Annabeth." tossicchiò, il volto sporco di fuliggine che cercava quello della sua ragazza, "Annabeth."

La figlia di Atena non aveva più forze e non disse nulla, caricando il suo sguardo con tutta la dolcezza che riuscì a metterci.

"Mi ami?" le chiese.

Annabeth sembrò essere colta alla sprovvista, mentre i suoi occhi sfumavano da sorpresi a confusi, non avendo, per una volta, la risposta pronta a ciò che le veniva chiesto.

Che ilarità!

Una figlia di Atena che non sa cosa rispondere ad una delle domande più facili che le si possano chiedere!

"Percy, ma perc ..."

"Mi ami, Annabeth?" ripeté lui con la stessa testardaggine che aveva sempre affascinato la ragazza che adesso gli stava stringendo la mano, una sensazione fredda sulla spalla.

Si voltò, per quello che le era possibile, ma non vide nulla dietro di sè, tornando a guardare il viso speranzoso di Percy che continuava ad aspettare una risposta.

Ti aspetterò per sempre nell'ElisioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora